23.0

487 39 0
                                    

Aprii la porta della camera timidamente, spingendo con le unghie dei piedi laccate da uno smalto chiaro, tra l’azzurro e il bianco, uno dei colori preferiti oltre al porpora-tulipano, dal quale i miei capelli prendevano il colore; Ashton era steso sul letto, con un libro tra le mani e lo sguardo che vi passava sotto, incontrando la mia figura avvolta dalla semplice canotta e i pantaloncini di spugna.

Camminai a mo’ di pinguino verso il letto, ritirando le labbra in su, mostrando i denti superiori, e spalancando il più possibile gli occhi, ottenendo il risultato previsto, ovvero la sua risata fottutamente perfetta.

Tra tutte le sue cose che mi facevano impazzire, i suoi modi di ridere, completamente diversi l’uno dall’altro, e uno più  buffo dell’altro, mi provocavano dei brividi che sentivo scavarsi tra i lividi che portavano il suo nome, lasciati dai suoi baci.

Mi sentivo viva quando rideva, perché voleva dire che anche lui era vivo e stava bene, con quegli occhi curvi ma che lasciavano trapassare quella luce che mi illuminava il cuore e lo guidava sempre verso di lui.

Era la mia stella polare, il mio faro.

“Dio, fa così caldo!” esordii buttandomi a peso morto su lui, come se fosse stato parte integrante del materasso, ma non si lamentò, ridacchiò con tono soffocato e mi posò la mano sulla schiena, facendomi poggiare la guancia sul suo petto coperto dalla maglia dei Blink-182, molto probabilmente rubata a Luke.

“Ti direi ti farti una doccia fredda, ma,uno, so che non ti piace l’acqua fredda, e,due, non ti alzeresti da qui sopra per alcun motivo!” ridacchiò, facendo vibrare la mia testa.

“Perché non dovrei volermi alzare?” corrugai la fronte, non capendo dove volesse andare a parare.

“Sei troppo pigra!” rise apertamente, poggiando il libro sul comodino, passando il braccio sopra la mia testa, mentre mi accingevo a disegnare dei cerchi sullo scendiletto azzurro con le dita fine e anch’esse laccate dallo smalto chiaro.

“Ehy!- feci con tono incazzato, ridacchiando sotto i baffi- … cazzo, hai ragione!” dissi ributtando la testa sul suo petto come fosse la cosa più pesante dell’universo, dopo averla leggermente alzata per incontrare il suo sguardo divertito.

Ridacchiò e mi baciò la testa, mentre con le dita sfiorava la pelle della mia schiena, arrampicandosi sotto la maglia e facendomi piombare in una sorta di catalessi causata dal caldo e dal suo tocco che mi metteva costantemente KO.

Avremmo potuto passare così le ore e non ce ne saremmo neanche accorti; avremmo potuto passare i mesi a sentire i battiti dei nostri cuori ricoprire il vuoto asfissiante dei “ti amo” detti con gli occhi persi nei reciproci labirinti, e non ce ne saremmo neanche accorti.

Anche in quel momento, come il primo bacio al quale tutta la famiglia aveva assistito, avrebbe potuto fare il terremoto, si sarebbe potuto scatenare uno tsunami o il maremoto più devastante della terra, avrebbero anche potuto bombardare e noi non ce ne saremmo accorti, presi come eravamo dal nostro noi, che agli altri poteva sembrare asfissiante, ma per noi era sempre troppo poco.

“C’è una cosa che mi porterebbe a farmi la doccia,in questo momento..” pronunciai con un sorriso malizioso quanto quello di Michael quando parlava della Anderson, la sua professoressa di matematica piuttosto giovane e “ben fornita”, come la definiva lui.

Red ArtDove le storie prendono vita. Scoprilo ora