quattro

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you were my first regret

but I escaped

«L’albero! Prepariamo l’albero!» strillai, entrando in salotto e saltando sul divano, mentre mio padre, poco dietro di me, mi seguiva con l’albero sulle spalle. Mio fratello alzò le sopracciglia, scoppiando poi a ridere davanti alla mia euforia. Mi era sempre piaciuto il Natale, era il mio periodo dell’anno preferito e sin da quando ero piccola mi era piaciuto preparare l’albero, poiché donava alla casa quel senso di calore e armonia che contraddistingueva il Natale da qualsiasi altra festa. Mio fratello, questo, non l’aveva mai capito, dato che aveva sempre rovinato ogni mio Natale. Ricordo ancora quando all’età di sei anni mi aveva raccontato che Babbo Natale non esisteva davvero e in realtà tutti i regali che ricevevo li compravano mamma e papà e per provarmelo mi aveva tenuta sveglia quasi tutta la notte della Vigilia di Natale di quell’anno. I miei istinti omicidi, a sei anni, non erano ancora stati sviluppati, se no l’avrei ucciso a colpi di pacchi regali.

«Sembri una bambina di cinque anni, Zoe.» mi disse Alan, ripiegando poi il giornale che stava leggendo e sistemandolo da parte sul tavolino. Mio padre sistemò l’albero, per poi portare anche gli scatoloni con le decorazioni, mentre mia madre entrava in salotto con il suo CD di Michael Bublé, accendendo lo stereo emozionata. Subito una delle tipiche canzoni natalizie invase la stanza, mentre mio fratello scuoteva la testa, tornando a leggere.

«Dai Alan, non fare il guastafeste e aiuta tua sorella.» disse mia madre, afferrando il giornale dalle mani di mio fratello, il quale sbuffò alzandosi, per poi aprire uno degli scatoloni e tirando fuori mille e più scatole piene di bocce. I miei occhi brillavano per la felicità, sì, ero esattamente come una bambina di cinque anni, ma non m’importava.

«Quest’anno verranno tutti i parenti da noi - cominciò mia madre, scuotendo la testa al ritmo lento della musica - Credo sarà un bel casino sistemare la casa…»

«Perché non andiamo dalla nonna?» chiese Alan, addobbando l’albero svogliatamente.

«Oh, non essere sciocco - continuò mia madre - La nonna è anziana, non può sempre preparare per così tante persone…»

«Certo, ma non potevamo andare da tua sorella?» domandò mio padre, seduto sulla sua poltrona e fumare la pipa. Se ci fosse stato uno spettatore esterno, a guardare fuori dalla finestra, avrebbe visto la nostra famiglia come quelle che si vedono nelle pubblicità, felici ed unite. E lo eravamo davvero, felici ed uniti, ma Natale era uno dei pochi periodi in cui stavamo tutti insieme per davvero, nella stessa stanza a fare cose tipiche di una famiglia. A causa del lavoro di mio padre, solitamente lui di giorno dormiva e lo vedevamo poco, mentre mia madre era sempre indaffarata nel suo studio. Per non parlare di Alan che se non era in camera sua, era all’Università o in giro ad ubriacarsi a qualche festa. Quindi, nonostante vivessimo sotto lo stesso tetto, alle volte non ci vedevamo per giorni. Ormai ci avevo fatto l’abitudine, ma quando ero piccola non vedevo l’ora che il Natale arrivasse.

«Rupert non essere sciocco! - disse mia madre, scuotendo una mano - Mia sorella non sa nemmeno come si accende un fornello, figuriamoci preparare da mangiare per tutta la famiglia!»

«Su questo hai ragione, Maggie - ammise mio padre - Solo che la tua famiglia è così chiassosa… e ospitarla a casa nostra…»

Mio padre era sempre stato un uomo di poche parole e a causa della sua timidezza diventava un po’ burbero. Era figlio unico e, dopo la morte di mio nonno, mia nonna era andata a finire in una casa di riposo, perciò il Natale solitamente lo passavamo con la famiglia di mia madre soltanto, che era composta da mia nonna, da sua sorella, il suo consorte e i suoi due figli; e da suo fratello, il quale era divorziato da tre anni e sua figlia. Non una valanga di persone, ma per mio padre bastavano ed avanzavano. E mio fratello pareva dello stesso avviso, tanto che ogni anno dopo aver compiuto sedici anni, verso le nove di sera se la svignava per andare a qualche festa e tornava la mattina del ventisei verso mezzogiorno. Solo una volta mi era venuta la grande idea di andare con lui, l’anno precedente, ma con mia cugina Evleen alle calcagna era stata una palla assurda.

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