Capitolo X: Una serata scozzese

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Capitolo X: Una serata scozzese

 

Che stessero diventando veramente amici ne ebbe conferma qualche giorno dopo, quando Emily passò a trovarla.

“Ciao Aileen”, esordì, “sei libera martedì sera?”

“Beh, sì”, rispose lei un po’ sorpresa, “Perché?”

“Ogni tanto ci piace uscire tutti insieme a cena, e ci chiedevamo se volevi unirti a noi”, spiegò la bella federale bruna.

Nonostante il suo straordinario intelletto, per l’emozione Aileen ci mise qualche istante a realizzare l’implicazione che quell’invito aveva in sé: con esso, le si stava dicendo che era stata accettata in tutto e per tutto come una della squadra, pur non facendone tecnicamente parte.

Si sentì emozionata in modo inaspettatamente forte: il gruppo era molto unito, e non aveva mai pensato che sarebbe stato facile entrarvi; ma non aveva sperato di essere addirittura considerata una di loro, e tanto presto, poi!

Forse allora il sentimento di affezione che aveva cominciato a sviluppare fin quasi da subito per tutti loro non era univoco. Anzi, per alcuni – Emily, Penelope, Spencer – poteva sicuramente già togliere il forse. Per gli altri sarebbe occorso più tempo, ma a quanto pareva era sulla buona strada.

E dove metti Hotch, nella lista?, chiese una vocina impertinente nella sua testa.

La scacciò: Hotch era una faccenda a parte. Per lui non provava affetto, ma ben di più...

“Ne sarei felice”, riuscì infine a dire, consapevole che Emily aveva visto tutte le sue emozioni scorrerle sul viso; del resto, non aveva ritenuto necessario nasconderle. Oh beh, a parte quello che riguardava Hotch, naturalmente.

“Bene!”, disse l’agente, compiaciuta, “Di solito andiamo al cinese, ma è chiuso per ristrutturazione. Tu hai qualche alternativa da proporre?”

Aileen ebbe subito un’idea:

“Che ne dici di un pub scozzese?”

Emily aveva letto nel suo fascicolo che Aileen era di ascendenze scozzesi; in una delle loro chiacchierate post-caso – non ci riusciva proprio, a chiamarle sedute terapeutiche – la psicologa le aveva raccontato che i suoi nonni materni erano immigrati negli Stati Uniti negli Anni Trenta del secolo precedente. Tuttavia, conoscendo poco di quell’affascinante Paese se non i soliti cliché – il kilt, la cornamusa, qualche film tipo Braveheart – non nascose la propria perplessità:

“Che si mangia?”

Aileen sorrise: si era aspettata la domanda, la cucina scozzese non era certo famosa come quella cinese o quella italiana.

“Bistecche di angus alla brace, haggis bollito, salmone arrosto, polpa di granchio lessa, ostriche crude…”, elencò, parlando delle specialità che personalmente preferiva, “Il tutto accompagnato dalla migliore birra scozzese.”

Anche se non conosceva tutte le pietanze elencate, ad Emily venne l’acquolina in bocca.

“Non credo che nessuno di noi abbia mai assaggiato la cucina scozzese”, considerò, “Lo proporrò agli altri, ma credo che accetteranno tutti, se non altro per curiosità.”

“Ottimo. Dammi conferma di quanti saremo e penserò io a prenotare.”

“Di martedì?”, si sorprese Emily. L’altra annuì:

“È un locale molto piccolo, solo trenta posti a sedere, ed è sempre pieno.”

“Segno che fanno bene da mangiare”, considerò l’altra, “Dovremmo esserci tutti, compresa Garcia, quindi con te fanno otto persone; comunque te lo confermo prima di sera, il tempo di parlane con loro.”

Aileen, o lo splendore del soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora