•Capitolo 9.0 ~ Panico ~

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Era tardo pomeriggio, imbrunito precocemente, come faceva da qualche settimana.

Il suono era quello di un pianoforte di buona fattura, ottimo legno, ottimo metallo, ottima mano. Suonava sgraziato una serie di note con la parvenza di una melodia, senza tempo né colore.

Oliver si trovava in una stanza, piuttosto spaziosa, arredata con mobili dai colori vivaci. A qualche centimetro dal soffitto pendevano tre modellini di aeroplano disposti in lontananza fra loro, mentre sul muro erano affissi alcuni quadri raffiguranti vari elementi naturali: alberi, una volpe, degli uccelli e due paesaggi di montagna. C'era anche una sorta di libreria di legno con pochi libri sottili e colorati.

Sentiva alcuni suoni lievi, non chiaramente, ma come se si fosse infilato dell'ovatta nelle orecchie.

Nel sogno la luce elettrica era costante, ma Oliver ricordava bene che, in realtà, tremolava di continuo. Abbassò lo sguardo, prima sugli aeroplanini, sul volto duro di un ragazzo davanti a lui. Due occhi neri lo osservavano mentre una voce, forse la sua, diceva qualcosa di indistinto.

Il viso mostrava i segni dello sviluppo e l'acerbezza tipica di un adolescente, e lo sguardo trasmetteva insicurezza, forse paura.

Un senso di scomodità e ansia disturbò l'immagine e il sogno cambiò.

Adesso si trovava nella medesima stanza e aveva davanti un uomo e una donna, entrambi di media altezza, lui in carne e lei magra, che lo guardavano. Sembravano in attesa di qualcosa, i loro visi non celavano un fremito lieve, ma costante. La stessa voce di prima mormorò alcune parole, ancora nebulose, e la signora cambiò espressione. Le si contrassero le labbra e i suoi occhi diventarono in qualche modo autoritari. La coppia spostò lo sguardo incagnito, da Oliver a qualcosa alla sua destra.

«Niente!» gridò l'uomo, senza schiudere le labbra;

«Nemmeno questo!» sussurrò la signora con un sibilo duro che colava disprezzo mentre si insinuava nell'udito di Oliver.

Erano entrambi immobili, non avevano aperto bocca, ma Oliver poteva sentirne i pensieri osservando i loro occhi neri, che si circondavano di occhiaie sempre più profonde e violacee. Sembrava che marito e moglie stessero appassendo come fiori la sera; era come se si stessero svuotando di ogni goccia di energia per riversarla su quella cosa accanto a Oliver, che, invece si gonfiava, emanando un odore, o forse un suono macabro, carico di tristezza.

I loro visi si fecero più cupi e scoloriti, entrambi presero a tremare, piano prima e quasi convulsamente poi. Sembrava dovessero crollare al suolo da un momento all'altro, ma i loro sguardi rimanevano fissi dov'erano e diventavano sempre più tetri. C'era qualcosa di surreale in quel momento, a partire dal l'incapacità di fuggirvi, per arrivare alla sempre più demoniaca luce sinistra che, dagli occhi dei due, inondava l'ambiente.

Lo stesso malessere di prima salì, stavolta come se avesse maturato lentamente, e scosse violentemente il sogno.

Tutto era tremendamente buio.

Lo era più di quanto Oliver ricordasse il buio più buio.

Era estremamente sveglio, vispo; il cuore batteva più di quanto ufficialmente concesso. Non sentiva nulla, il tatto gli pareva del tutto fuori uso, suoni non ne udiva. Per quanto ne sapeva poteva trovarsi sul suo letto, come in fondo al mare del Nord; poteva addirittura essere morto.

Fu solo quando sentì un dolore infiammargli il petto, che si rese conto di non respirare. Cercò di inalare qualche briciola di ossigeno, ma qualcosa, un masso forse, gli schiacciava l'addome, impedendogli qualunque cosa simile al respirare.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 25, 2019 ⏰

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