Capitolo 14 - Il giocattolo rubato

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"Cosa ci fai qui, Francesco?" chiesi, sollevando le sopracciglia. "Non segui questo corso"

"Infatti sono qui per te, Cla" rispose lui, sfoggiando il suo solito sorriso contenuto ma che era in grado di catturare l'attenzione di tutti. Io ero stato una delle vittime.

"Per me?"

"Dobbiamo parlare"

Mi morsi nervosamente il labbro, tentando di nascondere la sorpresa che era possibile leggere sul mio viso. Francesco non era un tipo da chiacchiere, a meno che non riguardassero il luogo del prossimo incontro.
Lo seguii per tutto il corridoio, gli altri ci guardavano a bocca aperta, credendo forse in un ritorno di fiamma, finché non arrivammo in giardino dove ci sedemmo su una panchina.
Francesco tirò fuori dalla sua giacca di pelle un pacchetto di sigarette e ne estrasse una con le labbra.

"Come stai?" domandò.

"Bene" risposi, fissando con strano interesse l'erba alle nostre spalle.

"È da un po' che non ci si vede, vero?"

"Sono stato impegnato, sai... lo studio"

"Certo, lo studio"

Inspirò profondamente e i suoi occhi si fissarono su di me, glaciali e calcolatori.

"Mi manchi" disse. Fu come se avesse pronunciato una formula magica per bloccarmi, ero immobilizzato e con un'espressione incredula sul volto. Avevo sentito bene? Francesco Zecchini, Dio del Sesso, sentiva la mia mancanza?

"Davvero?" chiesi con voce incrinata.

"Davvero."

"Ma alla festa ti ho visto con quel ragazzino..."

"Neanche mi ricordo il nome, ed era una schiappa a letto. Ha piagnucolato tutto il tempo, a quanto pare era la sua prima volta"

"Ecco, ecco perché ti manco!" scattai in piedi, quasi rovesciando lo zaino sul terreno. Ora era tutto più chiaro, avevo capito cosa celava la falsa gentilezza di Francesco. "Non ti manco io, ti manca soltanto il sesso, ti manca il Claudio disposto ad inginocchiarsi con un solo schiocco delle dita!"

"Ma che stai dicendo, certo che mi manchi tu" esclamò, alzandosi. Mi prese il viso tra le mani e quasi mi baciò, fortunatamente fui abbastanza veloce da respingerlo. Non riuscivo neanche a sopportare il suo profumo.

"Cazzo, ti sto parlando Fra, riesci a ragionare con la tua testa o ti serve per forza il cazzo?!"

La sua espressione mutò lentamente, come un film a rallentatore. Il suo sorriso divenne una linea sottile e gelida, nei suoi occhi leggevo la rabbia.

"Hai fatto un errore, Cla, non sai contro chi ti sei messo"

"Oh, certo che lo so, ma non mi fai paura" ringhiai, avvicinandomi a lui. "Sei solo un patetico fallito che riesce a trovare soddisfazione nella propria vita soltanto mettendosi a quattro zampe. Non ti fai schifo?"

Quasi fui tentato di sputargli in faccia, però lui restava impassibile, le mie parole sembravano non averlo colpito.

"Ti preferivo quando avevi la bocca piena, sai? Sei molto più bravo a succhiare anziché parlare" mormorò, poi avvicinò le labbra al mio orecchio, il mio corpo rispose con una scarica lungo tutta la schiena. "E fino a prova contraria, anche tu sei stato a letto con me. Chi è davvero patetico qui?"

Mi lanciò un ultimo sguardo di sfida prima di allontanarsi. Afferrai lo zaino mentre la rabbia mi ribolliva dentro, presi un libro a caso e lo scaraventai via, avevo così tanta voglia di urlare. Non gli mancavo io, gli mancava il suo giocattolo preferito.

"Signor Sona, va tutto bene?" chiese Mario, osservando la scena dalle scale.

Il Colore MancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora