Capitolo 20 - Cambiamenti

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Passarono un paio di giorni prima che io e Mario riuscissimo a vederci nuovamente, anche se era tra le mura dell'Accademia. Non ci scrivevamo né parlavamo di quello che era successo, eppure non potevo non tornare a quel momento ogni volta che chiudevo gli occhi. Potevo sentire ancora la sensazione del suo corpo contro il mio, del suo membro stretto tra le mie dita.

"Signor Sona, è con noi?" fu questa domanda a riportarmi alla realtà. Sbattei più volte le palpebre prima di ritornare mentalmente nell'aula, Mario mi guardava con un sopracciglio sollevato mentre tutti gli altri ridacchiavano. "La mia lezione la sta annoiando?"

"No, professore" risposi. È che ho una gran voglia di farmi scopare da te su quella dannata scrivania. Era quello che in realtà avrei voluto rispondere.

Quando la lezione terminò, ci impiegai più del dovuto a sistemare tutto nello zaino, infilando lentamente ogni quaderno e aspettando che uscissero tutti. In quel momento ne approfittai per avvicinarmi alla cattedra e diminuire quella distanza così dolorosa.

"Ciao..." mormorai.

"Ciao" rispose lui, fissando dei documenti sulla scrivania.

"Spero che non ti penta di quello che è successo..."

"Credimi, non me ne pento affatto, ma non posso starti così vicino in pubblico."

"Ti va di venire al loft, stasera?"

"Cla..."

"Mario, nessuno ci vedrà e staremo da soli, promesso."

"Tu non ti arrendi mai, vero?" sorrise mentre me lo chiedeva, e mi chiesi come mai quel sorriso non riuscisse ad eliminare ogni male dal mondo.
Ero cotto.

"Direi di no. A stasera?"

"A stasera."

****

Stappai una bottiglia di vino rosso mentre Mario buttava giù quello che ne restava della birra in lattina. Il cielo era privo di nuvole e ci concesse le stelle, come se fossero state scoperte solo per noi. Mario indossava una felpa e dei jeans, io una camicia floreale e dei pantaloni di cotone. Totalmente opposti.

"Sei stato uno stronzo a lezione!" esclamai, accoccolandomi al suo fianco. Inspirai profondamente il suo profumo.

"Stavi sognando ad occhi aperti" rispose, sorseggiando il vino da un calice.

"Indovina cosa stavo sognando?" lo stuzzicai, lasciando salire la mano lungo la sua coscia, fino a stringergli il pacco con vigore. Lui sobbalzò e si macchiò col vino.

"Cristo..." sospirò, arrossendo. Era dannatamente adorabile.

"Perché non ci tuffiamo in piscina?" sussurrai, baciandogli poi il collo. "Ho una voglia matta di averti..."

"Sarebbe la nostra prima volta" constatò lui, mordendosi il labbro. "Non la vorresti più... romantica?"

"Petali, candele e altre stronzate? Dio, puoi prendermi anche in una caverna, purché ci sia tu."

"Ti odio, Sona" gemette.

"Ti odio anche io."

Per quanto tentasse ti allontanarsi, non ci riusciva, così come era impossibile per me resistergli. Finalmente ci baciammo e fu come la prima volta, un barile di piacere versato su tutto il corpo; le nostre lingue si accarezzavano e le nostre mani cercavano di toccare ogni centimetro di pelle. In qualche modo, Mario mi stava cambiando ed io ero disposto a farlo per lui.
Un minuto dopo mi ritrovai in ginocchio a fargli il miglior pompino della storia, e i suoi gemiti furono la mia conferma.

Il Colore MancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora