Capitolo 5 - Uno strano calore

895 105 8
                                    

Raggiunsi il professor Serpa a passo felpato, come se la mia presenza avesse potuto spaventarlo e farlo scappar via come un animale selvatico. Aveva smesso di prendere a pugni la Smart ma aveva la testa poggiata sulla portiera. Mi mordicchiai il labbro prima di parlare.

"Professor Serpa" lo chiamai col tono più calmo che riuscissi a tirar fuori. Lui restò nella stessa posizione, come se non mi avesse sentito, poi alzò lentamente la testa, guardandomi esasperato.

"Cosa vuole, signor Sona?" mi chiese, e la domanda mi sembrò più che lecita. Cosa volevo? Perché mi ero avvicinato? Mario era solo il mio professore, non contavo nulla nella sua vita, rappresentavo solo uno studente in più o in meno. Eppure qualcosa mi aveva spinto ad avvicinarmi.

"L'ho vista... si sente bene?" le parole sembravano sconnesse e prive di significato. Mario annuì dopo qualche secondo, ma non sembrava sincero. "Può parlarne con me se vuole"

"Credo che la su compagnia la stia cercando"

Avrei voluto prenderlo a schiaffi, perché rifiutava il mio aiuto?

"Possono attendere, non è la prima volta che sparisco così" mentii.

Mario restò qualche attimo in silenzio, probabilmente ponderando la mia offerta, poi sbloccò le portiere dell'auto.

"Ho fame, andiamo" disse. Con un sorriso, mi infilai nella sua auto. Venni accolto da un forte odore di pino silvestre, inoltre notai che la sua auto era un gran casino, ogni superficie era cosparsa di carte di caramelle e fastfood. Mise in moto e uscimmo dal parcheggio, intanto il mio cuore batteva forte, doloroso, rendendo ogni mio senso distorto.

"Cosa le piace mangiare, Sona?"

"Non ho preferenze, mangio un po' di tutto"

"Scelta sbagliata" mormorò, ricevendo come risposta da parte mia un'occhiata interrogativa.

Un'ora dopo, eravamo seduti sulla panchina di una collina che ci offriva una panoramica di Verona in tutta la sua bellezza, illuminata dalle luci delle stelle e delle strade; in mezzo giaceva un sacchetto scuro contenente patatine fritte impregnate di salse e delle lattine di Coca-Cola; intanto mangiavamo di gusto i nostri hamburger.

"Non avevo mai mangiato un panino cosi buono" dissi con la bocca piena di carne.

"Questo perché è abituato alla cucina raffinata" rispose. Non sapevo se prenderlo come un insulto o no, a sentirlo parlare sembrava quasi un ragazzo di strada abituato a questo tipo di cibo.

"Ne mangia in quantità industriale a giudicare dal disordine della sua auto"

"Non ho molta pazienza in cucina, rischio sempre di far bruciare qualcosa"

Immaginai Mario in grembiule e cappello da chef e dovetti trattenere una risata, era strano scoprire altri lati di quel professore così enigmatico.

"Ti sarò sembrato uno stupido, nel parcheggio" mormorò qualche minuto dopo.

"In realtà mi chiedevo cosa fosse successo"

"Ero lì con Max, il mio comp... ex compagno." mandò giù una manciata di patatine. "Le cose tra di noi non andavano molto bene e pensavo che questa sera saremmo riusciti a sistemare le cose, invece mi ha detto che è innamorato di un altro"

Ascoltando quelle parole, affrontai varie fasi che partivano dalla rabbia e dispiacere, fino ad uno strano e piacevole calore situato nello stomaco. Avrei dovuto essere triste per lui e consolarlo, ma non lo ero.

"Credo di aver mandato avanti una relazione senza sbocchi" concluse, bevendo poi.

"O forse l'ha portata avanti con la persona sbagliata" commentai, rendendomi conto solo dopo di quello che avevo detto. Mario sollevò le spalle e restò in silenzio, forse era meglio così, non c'era poi molto da dire. Continuammo a mangiare in silenzio e lentamente vidi Mario più sollevato, dovuto forse al magico effetto di Verona.

Spazio autore:
Ciao a tutti! Vi sta piacendo la storia? Come trascorrerete capodanno? Io intanto sto già scrivendo i nuovi capitoli. Alla prossima!

Il Colore MancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora