Era

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Era, regina degli dei, figlia di Crono e Rhea, come tutti i suoi fratelli e sorelle, meno Zeus, era stata inghiottita dal titano suo padre. Dopo la vittoria di Zeus su quest'ultimo, l'infante dea tornò alla luce e fu allevata dalla fedele nutrice, la ninfa Macris, nell'isola Eubea, nella casa della nereide Teti.


Sia nella mitologia greca che in quella romana (in cui viene identificata con Giunone), Era viene rappresentata nel fiore della bellezza, con occhi larghi e lucenti ("occhi bovini" secondo Omero) e i suoi principali simboli: con la mano destra regge un melograno, simbolo del matrimonio e della fecondità, essendo la dea protettrice dei legami coniugali e dei parti; con la sinistra uno scettro sulla cui sommità è posato un cuculo, uccello di primavera, in ricordo della forma sotto la quale Zeus le si era mostrato per la prima volta e le aveva chiesto di diventare sua sposa. Oltre al cuculo, gli animali che le erano consacrati erano il pavone e la cornacchia. Il culto di Era veniva praticato in tutta la Grecia solennemente quanto quello dedicato a Zeus, con particolare venerazione ad Argo e a Samo.


La dea, come abbiamo già visto, è la sposa di suo marito e fratello Zeus, dando luogo a un matrimonio che si può dire felice, nonostante le liti furiose che, come sappiamo, scoppiavano tra le due divinità.


Uno dei litigi scoppiò poco dopo le nozze: la causa non è nota, se non per la forte gelosia di Era che, irritata, lasciò l'Olimpo e fuggì sull'isola Eubea, per dar sfogo al suo animo tra le braccia della sua cara nutrice Macris.

Zeus, come spesso accadeva, non riusciva a darsi pace per quella sfuriata e, non riuscendo a farla tornare a casa né a vivere senza di lei, escogitò uno stratagemma. Il dio pensò che, per scatenare la reazione desiderata, bisognasse esasperare il sentimento che animava la sua amata: la gelosia. Scese quindi anch'egli sui  monti dell'Eubea e fece spargere la voce di un suo prossimo fidanzamento, seguito dal matrimonio, con una giovane ninfa dell'isola. Fece inscenare il passaggio della "fidanzata" per le strade e le città: su di un carro trainato da quattro buoi bianchi (sottile richiamo alla sua dea) fu posta una statua di legno molto bella, vestita di abiti sontuosi, guidata da uno a cui il dio diede l'ordine di rispondere, a chiunque lo chiedesse, che stava portando a Zeus la sua futura sposa. Si sa, le notizie volano, soprattutto quelle pericolose come questa che, giunta ben presto alle orecchie di Era, produsse precisamente l'effetto desiderato. La dea, infuriata, si scatenò contro il carro, rovesciandolo, strappando la"rivale" dal suo posto, distruggendole le vesti...per accorgersi subito dopo che si trattava di una semplice statua. Schiarita la mente della dea dalla furia, ella si rese conto con intelligenza del messaggio che suo marito aveva voluto mandarle. Sorridendo rasserenata, tornò finalmente sull'Olimpo, a casa col suo amato.


Una volta però toccò a Zeus mostrare la sua gelosia. Non che Era gliene desse effettivamente motivo, essendo, tra le altre cose, dea della virtù e della fedeltà coniugale; tuttavia i suoi ammiratori e della sua bellezza sovrumana non erano pochi né schivi.


Il Caso volle che Issione, un mortale, re dei Lapiti, figlio di Flegia e padre di Piritoo, uccise a tradimento suo suocero, sollevando contro di sé l'indignazione generale di tutti i suoi sudditi. Zeus, conoscendo le motivazioni che l'avevano spinto a questo gesto, e sapendo che non era consuetudine di quell'uomo comportarsi in tal modo, lo perdonò purificandolo del crimine, ammettendolo addirittura alla sua tavola sull'Olimpo, gesto che, era risaputo, accadeva meno che di rado. L'ingratitudine del mortale non ebbe limiti: osò porre il suo sguardo languido sulla sposa del dio, Era, e non rinunciò a dichiararle il suo improvviso e impossibile amore. La dea, indignata, parlò di tutto ciò a suo marito che, prima di punirlo come meritava, lo mise alla prova per vedere sin dove si spingesse la sua sfacciataggine. Zeus prese una nuvola e le diede le sembianze dell'amata: l'uomo, stupidamente, accolse questa figura e giacque con lei, scatenando l'ira del dio. Zeus fece legare Issione a una ruota infuocata, sulla quale egli deve roteare nel Tartaro per l'eternità.


Dall'unione innaturale del mortale con quella creatura nacque Centauro, figura mostruosa per metà uomo e per metà cavallo, progenitore della stirpe violenta dei Centauri. Le eccezioni a questo destino sono poche: ad esempio il saggio Chirone, appartenente a una generazione più antica, figlio del titano Crono unitosi a Filira sotto forma di cavallo.

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