Apollo e Artemide

114 3 0
                                    


Leto o Latona

Uno dei più famosi amori di Zeus è quello per Leto (che i Romani chiamarono Latona). Leto n on era una donna mortale né una semplice ninfa. Era una dea dell'antica stirpe dei Titani: era figlia dei titani Ceo e Febe (sorella di Rea e Temi). Ella simboleggiava la notte: era dunque naturale che Zeus, dio del cielo, si innamorasse di Leto, la notte, e che dalla loro unione nascessero il Sole e la Luna, cioè Apollo e Artemide.

Quando Era venne a sapere di questa infatuazione, profondamente gelosa prese a perseguitare Leto, che era una divinità mite, timida, praticamente incapace di difendersi da sola, soprattutto dalla forza vendicatrice della regina degli dei. Era le aizzò contro il grande serpente Pitone e si fece promettere dalla terra in persona che non avrebbe mai dato a quella dea infelice un posto per proteggersi e poter partorire. E così, fuggendo da Pitone e non trovando da nessuna parte rifugio e ospitalità, la povera Leto percorse infiniti paesi e infine, più che stremata e affranta, si rese conto che non avrebbe mai potuto fermarsi da quella corsa. Zeus allora ne ebbe pietà e, in segreto, andò in suo aiuto.

In mezzo alle isole Cicladi, c'era un'isoletta rocciosa e selvaggia, molto diversa dalle altre, ben radicate al fondo del mare: questa fluttuava qua e là sulle acque, in balia del venti e delle correnti. Il suo nome era Asteria, cioè "stella del mare", e aveva una storia particolare. In origine, molto tempo prima, essa non era un'isola, bensì una dea, figlia di Ceo e Febe, e perciò sorella di Leto: dato che aveva voluto sfuggire a un antico amore di Zeus, il dio l'aveva trasformata in una quaglia, che era caduta nel mar Egeo ed era stata trasformata in un'isola per non farla morire affogata. Asteria, infatti, si chiamava anche Ortigia, che significa "l'isola della quaglia". Conoscendo questa storia, Zeus fece arrivare Leto fin lì: Asteria era l'unico luogo non ancorato alla terra, e la sorella non poteva negare asilo alla dea sventurata e sfinita. Lì la povera Leto mise al mondo due gemelli: Artemide e Apollo (Diana e Febo Apollo per i Romani). Da quel momento Poseidone (ma alcuni dicono sia stato Zeus) fissò l'isola al fondo del mare, e non si mosse mai più. E dato che, alla nascita di Apollo, dio del Sole, l'isola fu improvvisamente circondata di luce, il suo nome cambiò in Delo, che in greco significa "chiara, luminosa".




Febo Apollo e Artemide o Diana


Apollo veniva rappresentato giovane e sbarbato come un ragazzo, con una lunga chioma di capelli splendenti che gli scendeva sulle spalle. Il volto era nobile ma dolce e sereno, la fronte era incoronata di mirto e di alloro e in mano portava la cetra. Oltre ad essa, altri suoi attributi erano arco, faretra e frecce, il cigno, lo sparviero, il lupo e la cicala. In suo onore, a Roma si celebravano i Ludi Apollinares, poi, per volere dell'imperatore Augusto, i Ludi Saeculares, originariamente in onore di Dite e Proserpina, divennero feste di Febo Apollo e di Diana.

Artemide era la sorella gemella di Apollo, col quale aveva  in comune molti attributi e simboli. Per esempio, come le morti improvvise degli uomini erano attribuite alle frecce di Apollo, le morti improvvise delle donne erano attribuite agli strali che Artemide lanciava. Anche Artemide, come Apollo, poteva mandare malattie contagiose e morti come punizione, ma poteva anche guarire i malati e salvare delle vite, essendo anch'ella dea della salute. Erano entrambi divinità di un astro: uno del Sole, l'altra della Luna.

C'è da dire, però, che in origine Apollo e Artemide erano soltanto dei della salute, della poesia e del canto, ma erano ben distinti dai miti delle due divinità del Sole e della Luna: Helios e Selene (Febo e Luna per i Romani), anch'essi fratelli e figli dei titani Iperione e Tea, che erano identificati con i due astri stessi. Helios ebbe due figli, Fetonte ed Eete (re della Colchide), e varie figlie, tra cui Circe, Merope, Faetusa e Pasifae (chiamate perciò le Heliadi). Helios viene citato, ad esempio, nell'Odissea, i cui buoi sacri vennero mangiati dai compagni di Ulisse. I poeti antichi infatti, soprattutto Omero, facevano attenzione a distinguere Apollo da Helios e Artemide da Selene. Solo successivamente i miti dei due nuovi dei "inglobarono" quelli delle due antiche divinità, così Apollo divenne ufficialmente "Febo", dio del Sole e della luce, e Artemide dea della Luna e signora della notte.

Artemide veniva considerata anche protettrice e guida dei viandanti, specialmente nei boschi, dove il buio è più fitto, e veniva invocata a rischiarare la strada con la luce della Luna. Le foreste però, di notte si popolano di animali che, non osando mostrarsi alla luce splendente del giorno, escono solo al chiarore soffuso della notte, che le rassicura. In questo modo diventano più facile preda dei cacciatori, perciò Artemide è anche dea della caccia. Accompagnata dalle ninfe dei boschi e seguita da una muta di cani, la dea corre attraverso tutti i boschi e le selve della terra, con l'arco e le frecce, suoi simboli: caccia ogni tipo di animale o bestia, ma allo stesso tempo le ama e le protegge, contraddizione che non è insolita nei cacciatori.

Amando così tanto cacciare, spostarsi continuamente e una vita libera, sempre all'aperto, Artemide non volle mai sposarsi: ella rifiuta ogni omaggio degli uomini e degli dei, fiera e orgogliosa della sua castità, come Atena. Una delle poche cose di cui la dea si vantava era quella di essere inaccessibile all'amore per un uomo o un dio, ma qualcuno racconta che una sola volta ella si innamorò di un semplice pastore, Endimione, che pascolava le greggi sul monte Latmo: nonostante le umili origini, il giovane era bellissimo, di buon cuore e molto abile nelle arti sacre ad Artemide. La dea scendeva ogni notte nella caverna dove egli dormiva e, in punta di piedi per non svegliarlo, le bastava guardarlo dormire e stargli vicino in silenzio. Non poteva però trascurare i suoi doveri di dea durante tutta la notte, perciò smise di andare da lui, e nessuno seppe più nulla di questa storia.

Artemide era rappresentata come una giovane dal viso delicato e bellissimo, con arco e faretra e una corta veste con poche decorazioni ma molti lacci utili per la caccia; aveva in testa una sottile ma brillante corona di stelle o una falce di luna. Tra gli animali, le erano sacri la cerva, il cane, il cinghiale e il lupo, mentre, tra le piante, l'alloro, il cedro e l'olivo.

Miti Greci - Gli DeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora