Capitolo 1

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Katlin

Quando ero piccola, creavo con mia madre dei meravigliosi abiti da principessa, per poi indossarli e fingere che la nostra casa fosse un enorme castello di cui io ero la principessa. Il Re, mio padre, era un uomo buono, amato da tutti i clienti del suo forno. La Regina, mia madre, era una donna piena di vita, con il suo sorriso riusciva a far splendere la giornata anche alla persona più triste. Tutti li adoravano, e come potevano non farlo?! Erano delle persone fantastiche oltre che dei fornai incredibili. Una volta chiesi a mio padre «Qual'è il segreto per poter fare dolci squisiti?» e lui mi rispose «L'amore Kittykat.» odiavo quel soprannome «Quando preparo un dolce o anche il pane, penso alla persona che lo mangerà e spero sempre che possa darle un po di felicità, anche solo un pizzico. Sai è così che ho conquistato tua madre.» Quando parlava del suo lavoro o di mia madre, i suoi occhi verdi smeraldo venivano illuminati da una piccola scintilla, la stessa che ogni tanto appare negli occhi di mio fratello. Simone, il principe e l'erede del nostro castello. È più grande di me di quattro anni, è come un secondo padre, lo era già da prima che arrivasse quel terribile giorno...il giorno in cui il nostro castello crollò, in cui dicemmo addio per sempre ai nostri genitori. Avevo solo dieci anni il giorno in cui la mia vita divenne buia. Da quel giorno sono passati otto anni ed ora stavo per affrontare una grande avventura, la realizzazione di un sogno, andare a Milano.

Dopo anni a studiare per prendere il diploma, adesso avrei lavorato per diventare stilista, anche se avrei dovuto farlo di nascosto.

«Sei sicura che funzionerà?» mi chiese Betty.

«Lo spero con tutto il cuore. Mio fratello non ha nessuna intenzione di lasciarmi studiare al Fashion Lab di Milano ed io non ho nessuna intenzione di rinunciarci. Ho lavorato duramente per potermi permettere questa scuola e non voglio rinunciarci solo perché lui sostiene che la moda è una perdita di tempo. Se ci fossero stati i nostri genitori avrebbero capito...» lo avrebbero fatto ne ero certa. Dovevo sbrigarmi a preparare le valigie, il tutto doveva essere pronto entro domani.

«Cosa hai raccontato a Simone?» mi chiese passandomi la T-shirt presa al concerto dei Kiss, era uno dei pochi ricordi di mio padre. Ancora riuscivo a sentire il suo profumo.

«Gli ho detto che frequenterò la facoltà di scienze politiche della comunicazione di Milano.» almeno così sarebbe stato tranquillo. Adorava l'idea che un giorno avrei potuto lavorare in un grande giornale.

«Non ti ha chiesto perché non hai scelto Roma?»

«È stata la prima cosa che ha fatto, ma sono riuscita a convincerlo che l'università che ho scelto è migliore. E poi i miei zii sono felici che provi l'esperienza di vivere in una nuova città» da quando i nostri genitori erano morti, loro si erano presi cura di noi « e poi non vivrò da sola...purtroppo » mio fratello aveva acconsentito a patto che non vivessi da sola, perciò sarei andata a vivere con il suo migliore amico, un tipo squallido che nemmeno sa cosa vuol dire la parola moda. Odiavo quel tipo. Quando ero piccola mi prendeva sempre in giro. Mi piangeva il cuore al pensiero della mia piccola Hannah. Era la mia bambola preferita e lui le aveva staccato la testa e un braccio, come si può fare questo ad una bambina di undici anni? È da mostri! Quello fu l'inizio del mio odio.

«Magari ora è cambiato.» povera piccola Betty, lei vedeva sempre il bene nelle persone, ma lui era il male fatto persona, forse esageravo ma il nostro ultimo incontro mi aveva stravolta...

«Non è possibile, lui non potrà mai cambiare. Spero solo che non dovrò vedermi girare per casa delle sconosciute durante la notte.»

«Se succedesse chiamami che prendo un treno per venire a dargli una lezione.» era carinissima mentre muoveva il busto e dava pugni all'aria.

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