Capitolo 2

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Katlin

La piazza del Duomo era piena di gente. La musica risuonava nelle vie, i turisti si facevano foto con in mano i piccioni e i bambini giocavano con le bolle di sapone di un artista di strada. Tornai al negozio vintage doveva avevo visto il manichino da sarta, era ancora lì. Era meraviglioso. Regolabile tra un metro e trenta e uno e sessanta, il busto in cotone con un design di rose, era perfetto. Mi sarebbe stato utile per gli studi al Fashion Lab, però il problema era dove sistemarlo, non potevo portarlo a casa. Forse però sarei riuscita a nasconderlo nell'armadio…

«Ti serve aiuto?» mi chiese una voce maschile, quasi familiare.

«Stavo dando un'occhiata.» mi girai ed era vero. Conoscevo quella voce e anche quel cespuglio nero.

«Ciao bellezza! Non mi dovevi chiamare una volta arrivata? Sai che sono uno che si offende facilmente.» era Alex, un ragazzo che avevo conosciuto all’open day del Fashion Lab. Era più grande di me e  frequentava i corsi per diventare modello.

«Volevo passare il primo giorno a Milano senza sentirti parlare della tua fantastica storia d’amore con Luca.» non mi dava fastidio, mi piaceva ascoltarlo, solo che mi divertivo troppo a prenderlo in giro.

«Guarda signorina che con Luca è finita da secoli! Rimani al passo! Dopo Luca c’è stato  Federico, Silvio e infine Marco.» era dura ricordarseli tutti, soprattutto perché prima di Luca ne aveva avuti altri sei, almeno da quando ci eravamo conosciuti, cioè sei mesi.

«Scusa scusa hai ragione. Ora come va con Marco?»

« È finita» che novità «diceva che andavo troppo spesso in discoteca, sosteneva che andavo lì per rimorchiare, ti rendi conto?! Quando ci andavo solo per divertirmi...e se ci scappava per un’avventura.»

«Sei incredibile.» dissi ridendo. Lui era così, si godeva la vita, forse anche troppo.

«Allora, cosa ci fai in questo squallido negozio?»

«Ehi! I negozi vintage non sono squallidi, io li adoro. Comunque, volevo comprare questo manichino da sarta, ma non saprei dove metterlo, pensavo nell’armadio ma non so se ci entrerebbe...» con Alex riuscivo a parlare tranquillamente, come se ci conoscessimo da sempre, quindi sapeva tutto della mia situazione.

«Se vuoi puoi tenerlo da me fino a quando non trovi una soluzione.»

«Sicuro?»

«Certo! Però questa sera vieni a ballare con me!» era bello il pensiero di poter andare a ballare senza preoccuparsi dell’ora in cui tornare. Dario rientrava sempre la mattina, perciò non avrebbe mai scoperto che rientravo tardi.

«Per quanto adoro l’idea di andare a ballare, devo rifiutare. Non ho ancora sistemato niente, compreso il letto. Però non appena avrò finito ci andremo quando ci pare, promesso.»

«E se ti venissi a dare una mano? Così se tutto va bene in due giorni avrai finito!»

«E tu rinunceresti ad andare in discoteca per me?»

«Lo so, sono troppo buono.» non riuscii a trattenere una risata.

Pagammo il manichino e lo portammo a casa di Alex per poi andare a casa mia. Era strano dire “casa mia”. Alex fu sconvolto dall’appartamento, la sua casa in confronto era un buco, ma non fu tanto l’appartamento ad attirare la sua attenzione, bensì una foto che ritraeva Dario.

«È lui il tuo coinquilino? Ti prego dimmi di si.»

«Si, e mi dispiace dirtelo ma è etero.»

«Dopo quello che mi hai raccontato direi che era ovvio.» Alex era l’unico a sapere cos’era successo tra me e Dario «avete più parlato di...»

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