Capitolo 3

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Katlin

Non ci potevo credere, qualcuno mi aveva lanciato una maledizioni. Tra tutte le discoteche di Milano, Alex mi doveva portare proprio in quella in cui lavorava Dario! Non avevo neanche messo piede nella scuola e già vedevo il mio sogno infrangersi.

Per tutto il viaggio di ritorno Dario non mi aveva rivolto la parola, stava stringendo i pugni sul volante, non era un buon segno. Saliamo in casa in completo silenzio, l'ansia continua a crescere. Entrati in casa iniziò ad urlare.

«CHE CAZZO CI FACEVI LÌ E PERCHÉ SEI CONCIATA COSÌ?»

Mi sentivo le lacrime pulsare negli occhi, ma non avrei ceduto.

«Non sono affari tuoi»

«OH SÌ MIA CARA, DA QUANDO VIVI SOTTO IL MIO TETTO SI!»

«Se è così tolgo il disturbo!»

Fece un respiro profondo «Katlin, ti prego, spiegami cosa sta succedendo. Facciamo un passo alla volta. Perché eri lì?»

«Secondo te? Per ballare, ovvio» ma è cretino?

«Fin qua ci arrivavo. Ma da quanto frequenti le discoteche? E da quando vai in giro praticamente nuda?! Sai che dovrò raccontare l’accaduto a Simone vero?»

Ora mi sono stancata, perché deve sempre raccontare quello che faccio a mio fratello?

«Tu non racconti proprio niente a nessuno! Altrimenti va a finire che sono io quella che va a raccontargli una storiella che ti riguarda»

«Non oseresti»

«Oserei eccome, tu non mi conosci, non sai quello di cui sono capace» mi fissava con occhi pieni di rabbia. Serrò la mascella e strinse i pugni, cazzo era infuriato.

«Mi dispiace arrivare a questo ma ho troppo in ballo per poter tornare a Roma. Per anni ho finto di essere una che non ero, una secchiona che vuole far felice il fratello diventando una giornalista, non ne posso più, io sono così!» dissi levandomi la felpa «Ogni volta che uscivo di casa mi andavo a levare quei vestiti da suora e mi trasformavo nella vera me! Amo i vestiti, le minigonne, i jeans strappati, i top….tutto! Amo la moda e sono qui per questo!»

«Non capisco...»

Gli afferrai il braccio e lo trascinai in camera mia, aprii l’armadio e tirai fuori le stoffe e i vestiti nascosti, infine presi da sotto il letto la macchina da cucire con i bozzetti dei miei vestiti.

«Ora capisci? Questa sono io, una stilista! Almeno è quello che voglio diventare, è quello per cui sono qui! Sono stata ammessa al Fashion Lab di Milano e non ho intenzione di rinunciarci!»

«Questi li hai fatti tutti tu?» sembrava confuso mentre sfogliava i miei disegni e vedeva i miei vestiti.

«Si...»

«Perché non ne hai parlato con Simone? Perché non mi hai detto la verità?»

Scoppiai in una risata amara.

«Stai scherzando?! Simone ODIA la moda! Quando gli ho fatto vedere la mia prima creazione l’ha distrutta! Da quel giorno ho messo la maschera della “brava ragazza”. E per quanto riguarda te, non potevo rischiare che raccontassi tutto, ora però voglio mettere le carte in chiaro, mi sono rotta di indossare quella maschera perciò fai quello che ti pare, vuoi rovinarmi la vita? Fallo! Ma tu verrai giù con me!»

Solo ora mi resi conto che stavo tremando. Ero arrabbiata, triste, stressata ma soprattutto disperata, avrei fatto di tutto per realizzare il mio sogno e di sicuro non mi avrebbe fermato lui.

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