La mattina seguente mi svegliai tutta indolenzita: il sonnifero aveva fatto effetto. Per un momento, appena sveglia, la mia mente era come vuota, senza nulla al suo interno. Era una bella sensazione. Non avevo pensieri che mi assillavano. Probabilmente doveva essere dovuto allo stordimento, anzi era sicuramente così. Ma ben presto quella sensazione di beatitudine finì. Tornai alla realtà, e la mia mente cominciava di nuovo a tormentarsi. Quello che era successo ieri non accadeva da tempo: io stavo male per colpa di un ragazzo. Mi ero ripromessa che non sarebbe più accaduto, eppure così non fu. E non sapevo neanche il perché. Ero abituata a insulti di qualsiasi genere, e non me ne importava più di tanto. Le persone sono cattive, e trovano ogni pretesto per far stare male anche te. Solitamente andavo avanti, senza pensarci più del dovuto. Ma questa volta era diverso, lo sentivo. Ero stata umiliata pubblicamente dagli amici di Hunter, e il mio primo istinto era stato quello di iniziare a piangere e scappare. Non sapevo bene il motivo. Forse si era riaperta una ferita chiusa molto tempo fa, e che pensavo di aver archiviato, ma forse così non era. Decisi che avrei fatto quello che avevo sempre fatto: andare avanti, nonostante tutto. Ero forte, e lo sapevo. Avrei superato anche questa, nessuno poteva più ferirmi davvero. O almeno era quello che credevo.
Si era fatto tardi, e mentre la mia mente viaggiava scesi giù in cucina a fare colazione.
'Ieri sei andata a letto senza cena. Ne vuoi parlare?' chiese mia mamma, con tono gentile di chi è interessato davvero. Ma feci cenno di no con la testa. Adoravo mia madre, ma non avevo proprio voglia di parlare. Cosa le avrei dovuto dirle esattamente?
'Va bene, come preferisci. Ci sono degli avanzi di ieri per pranzo, ma se vuoi puoi anche prepararti qualcos'altro, va bene?' mi chiese, e io riuscii solamente a far uscire un 'Va bene' dalla mia bocca. Mi dispiaceva per mia madre, ma io ero fatta così.
Non mangiai molto, quella mattina. Non avevo per niente fame. Il mio stomaco era come serrato, chiuso con una specie di lucchetto.
Quella stessa mattina sarei andata dal professore di storia per chiedere di cambiare compagno. Non avrei voluto rivederlo. Mai più. Non riuscivo nemmeno a pronunciare il suo nome. Forse stavo iniziando a credere alle voci che giravano: suo padre era in carcere, cosa importava del motivo? I fatti erano quelli, e magari anche lui era un criminale. Un criminale stronzo.
Mi alzai dalla tavola sorseggiando ancora qualche goccia di succo d'arancia, presi le chiavi e lo zaino e mi avviai verso la scuola.Aspettai la campanella della terza ora, per andare a parlare da sola col professore. Mi feci forza, trattenni le lacrime e bussai alla porta.
'Buongiorno professore.'
'Ehilà Brianna. Come stai, tutto okay?' mi chiese cordialmente. Era molto gentile con noi alunni, ci trattava tutti quanti come se fossimo quasi suoi figli.
'Diciamo di sì ... comunque, volevo parlarle del progetto.' Dissi, decisa.
'Ma certo. Dimmi pure, in cosa posso esserti d'aiuto?'
'Vede ... vorrei avere un altro compagno. Per favore. So che lei aveva tassativamente detto di no, ma io e (ci volle tutta me stessa per dirlo) Hunter non ci troviamo bene insieme. Abbiamo modi di lavorare diversi, e la ricerca non sta andando bene. Ho paura per il mio voto.' finii di dire, quasi senza fiato. Mi sembrava di aver fatto un discorso di 3 ore senza sosta.
'Mh, capisco...' si mise una mano sotto al mento. 'Hai provato a parlarne con lui?'
'Ehm, no...' risposi. Non potevo dire niente. Erano problemi personali, e io avevo chiaramente mentito.
'Ecco. Vedi, Brianna, l'obiettivo di questo progetto non è soltanto quello di approfondire una parte della nostra storia. Collaborazione, lavoro di gruppo: questo cerco da voi. Se voi non riuscite a comunicare, non riuscirete neanche a collaborare. Mi dispiace, ma non posso cambiare il tuo compagno.'
'Ma..!'
'E' tutto, sono desolato.'
'Va bene. Grazie comunque. Arrivederci.' Accennai un mezzo sorriso.
Che cosa avrei dovuto fare adesso? Non avevo la minima intenzione di vedere quell'essere, né tantomeno di lavorarci insieme. Avrei dovuto parlarci, ma non sarei riuscita nemmeno a guardarlo negli occhi. Mi faceva schifo. Non aveva fatto nulla, mentre i suoi amici mi sputtanavano. Anzi, rideva e scherzava insieme a loro. Se me lo fossi trovato nuovamente davanti, non sapevo cosa avrei fatto. Probabilmente, qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Non mi aveva scritto nemmeno su Whatsapp, e forse era meglio così. Dovevo voltare pagina e andare avanti.Uscita dalla classe, mi diressi verso l'aula di scienze per la quarta ora. Per il resto della giornata, cercai di concentrarmi sulle restanti lezioni. Volevo tenere la mia mente distratta il più possibile.
Quando suonò la campanella di fine giornata, mi avviai verso il mio armadietto. Vidi in lontananza una figura, mio malgrado, molto familiare: era lui. E sembrava che mi stesse aspettando.
'Spostati.' Sputai freddamente. Ero così arrabbiata con lui. Ma il mio tono lasciava intendere indifferenza e spietatezza. Non un sentimento.
'Lasciami spiegare, per favore.' Mi supplicò, ma questa volta non gliel'avrei data vinta. Mai.
'No. Non mi devi spiegare niente. Levati di mezzo.' Dissi, con tono ancora più sicuro e incalzante. Mi stavo arrabbiando.
'Ascoltami, per piacere. Jaden è un coglione. E' sempre mezzo ubriaco, e non sa pesare le parole che escono dalla sua bocca.'
'Non mi interessa. Non abbiamo più niente da dirci.' Dissi, sbattendo con forza l'armadietto, che fece un rimbombo che si propagò per mezzo corridoio.
Mi allontanai per qualche metro, quando mi si posò davanti, di nuovo.
'Ti prego, aspetta. Non ci fare caso, per favore. Fai come se non fosse successo niente.'
'Non capisci un cazzo. Vattene e lasciami in pace.' Lo liquidai, e questa volta sapevo che era definitivo.
Le lacrime premevano sui miei occhi per uscire, ma le tirai indietro. Non potevo piangere. Non qui, non ora. E poi, per cosa? Non avevo nulla per cui piangere. Nulla.Tornata a casa, mandai quello che pensavo sarebbe stato l'ultimo messaggio che avrei inviato ad Hunter. Gli dissi che avrei fatto tutto da sola, e che il giorno prima gli avrei mandato il materiale scritto per la presentazione che avrebbe dovuto fare. Lui avrebbe solo dovuto parlare alla classe quando sarebbe stato il momento, niente di più. Lui si limitò soltanto a visualizzare, non che mi aspettassi di più da lui. Non aveva capito un cazzo sul serio: ero incazzata perché non mi aveva difesa. Ma cosa mi aspettavo io esattamente? Che iniziasse una rissa con i suoi amici per difendere me, un'estranea? E per giunta sicuramente più brutta delle 'altre puttanelle con cui era stato'? Non sapevo le risposte a quelle domande, l'unica cosa che sapevo era che mi veniva da piangere, ma non potevo farlo. Avevo sempre pensato che le persone deboli piangono. Si piange per la sofferenza, si piange per il dolore. Io ero forte, e non potevo piangere. Non potevo.
Contattai Adam. Non so bene il perché. Forse avevo solo bisogno di sfogarmi. O volevo lui. In quel momento ripensai alle belle serate insieme. Con Adam ero stata bene dopotutto, e lo avevo trascurato mentre passavo del tempo con Hunter. 'Che stupida', pensai. Riprendemmo a chattare come facevamo un tempo, parlando del più e del meno, ridendo e scherzando. Ogni tanto, riusciva anche a strapparmi un sorriso. Non mi ricordavo quanto mi facesse bene Adam. Forse Hunter me lo aveva fatto dimenticare. Gli chiesi se gli andava di uscire per bere qualcosa insieme, e lui acconsentì. Mi andai a preparare, cercando di rendermi quanto più presentabile possibile. Ero contenta di rivedere Adam. Probabilmente ci sarebbe stato imbarazzo tra noi, soprattutto all'inizio, ma l'avremmo superato. Volevo prendere le cose come venivano, senza farmi troppi problemi su cosa eravamo o altri tipi di etichette . Eravamo solo noi, io e Adam. Comunicai a mamma che stavo per uscire e la salutai con un bacio sulla guancia, mentre lei già mi stava riempiendo di raccomandazioni. Dissi di si a qualsiasi cosa e poi uscii.
La serata fu molto divertente. Adam mi aveva portato in un parco su un lago, un posto meraviglioso. Prendemmo una birra al chiosco del parchetto e ci sedemmo su una panchina a guardare le stelle.
'Lo sai, quando guardo le stelle mi vieni in mente tu. Sei come una stella: fai qualsiasi cosa per illuminare ciò che sta intorno a te, e non ti importa che col tempo, piano piano, ti spegnerai. A te interessa far star bene gli altri.Tu sei così.'
Guardai Adam con gli occhi spalancati. Aveva capito tutto di me. Come faceva a conoscermi così bene? Non sapevo cosa dire.
'Grazie (?)' riuscii solo a dire, in maniera molto confusa. E stupita.
Mi guardò intensamente negli occhi, prima di premere le labbra sulle mie. Fu un momento molto intenso. Non respinsi quel bacio, anzi risposi più forte. E continuammo a baciarci, per un po' di tempo. Mi sentivo forte, protetta e sicura quando ero con Adam. Stavamo bene insieme. Sentii che era la persona giusta con cui stare, almeno in quel momento.
Verso l'una di notte, rimise in moto la macchina e mi portò a casa. Dopo aver aperto la portiera, salutai Adam con un altro bacio e poi con un cenno di mano,mentre chiudevo la porta dietro di me. Fu una serata molto importante per me:qualcosa era cambiato.
Sentivo che Adam era la persona giusta. E lo era davvero.
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Lay It All On Me
RomanceL'amore, quello vero, si incontra una volta sola nella vita. Brianna è una ragazza di 17 anni, messa costantemente a dura prova ogni giorno della sua esistenza. Un incontro fortuito cambierà la sua vita per sempre. In una nuova città, dovrà fare i c...