Capitolo 14

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La sveglia suonò puntuale alle 7, anche se non servì più di tanto. Dopo essere tornata a casa quella notte, non dormivo più molto. Il sonno mi stava lontano come un vampiro dall'aglio. Ma come avrei potuto addormentarmi, dopo tutto quello che era successo? E poi, ero preoccupata anche per Hunter. In tutto questo, sarei dovuta andare a scuola e fare finta di niente come avevo deciso con Hunter. Non sapevo se ci sarei riuscita, ma dovevo farlo. Avrei almeno provato. Ma fu più facile a dirsi che a farsi. Non ero molto brava a mentire o a fingere.

Camminare per i corridoi della scuola dopo quella serata fu più difficile del previsto. Nessuno mi disse niente, il problema ero io. Ero preoccupata. Forse ero paranoica, ma non ero tranquilla. Era tutto normale, ma io non ero la stessa.
Furono le settimane più lunghe della mia vita. Le lezioni sembravano interminabili, e io non riuscivo a seguire neanche una parola di quelle che uscivano dalla bocca dei miei educatori. Era più forte di me. Qualsiasi cosa io provassi a fare, c'era solo una cosa nei miei pensieri. Quella notte. Non avevo più visto Hunter dopo quel momento.
Quando suonò la campanella, mi precipitai fuori dall'aula. Volevo soltanto andare a casa. Ero stanca, quasi non riuscivo a reggermi in piedi. Purtroppo per me, incontrai Natalie per i corridoi, e mi vide in quel pessimo stato.
'Ma che hai combinato? Sembri uno zombie!' esordì Natalie, con estremo tatto.
'Gentilissima.' Risposi. Fece spallucce.
'Lo sai? Ho sentito che quel ragazzo, Hunter, non viene alle lezioni da settimane. Dicono abbia addirittura lasciato la scuola.'
'Ah.' Non aggiunsi altro. Cos'altro avrei dovuto dire?
Che fine aveva fatto? Non veniva nemmeno più a scuola. Che cosa gli era successo? Chi poteva saperlo. Avrei solo voluto non aver mai incontrato Hunter.

Tornai a casa distrutta. Dovevo andare avanti. Hunter era stata solo una parentesi nella mia nuova vita a Los Angeles. Provai a mettermi a studiare. Riuscii a fare qualcosina, ma ero ancora distratta.
D'un tratto, sentii squillarmi il telefono. Era Hunter. Cosa voleva da me? Perché mi stava chiamando? Aveva detto che mi sarei dovuta dimenticare di lui. Di tutto. E ora mi stava chiamando.
Mi prese il panico. Che avrei dovuto fare? Lasciai il telefono squillare e non risposi. Mi sentivo strana. Avrei dovuto rispondere? Ormai era troppo tardi. Iniziai a pentirmene. Forse mi aveva chiamato per chiedermi aiuto e io l'avevo lasciato in balìa di chissà che cosa. Mi iniziarono a venire i sensi di colpa.
Presi il telefono e lo richiamai. Squillava, ma niente. Chiamata senza risposta. Ero spaventata. Ma rieccolo. Mi stava richiamando. Questa volta non ci pensai due volte.
'Pronto!?' dissi, non accorgendomi che avevo quasi urlato.
'Ehi. Come va? Tutto bene?' mi chiese. Ma era serio?!
'Hunter, perché mi hai chiamato?
'Volevo sapere se stavi bene.'
'Non sei per niente credibile, lo sai?'
'Ma è la verità. Davvero.'
'Perché non vai più a scuola?'
'Fai troppe domande.'
'Sì, e tu dai troppe poche risposte.'
'Dai Brianna. Fai la seria, per una volta.'
'Sì, e tu dimmi la verità per una volta.'
'Se c'è qualcosa che mi vuoi chiedere, sai dove trovarmi. Ma sbrigati. Tra un po' potrei non esserci più.' E attaccò. 'Ma che stronzo!' urlai a me stessa. Che cosa intendeva stavolta? Stava per morire? O se ne sarebbe andato? Avevo tante cose da chiedergli, ma non sapevo se abboccare al suo amo. Mi aveva sicuramente tentata, ma non avevo idea di cosa fare. La voglia di sapere però prevalse ancora una volta sulla me razionale, e presi la giacca. Mi aggiustai leggermente e misi le chiavi nella tasca destra. Avvisai mia mamma che sarei uscita ma non accennai minimamente all'orario di rientro, e lei non fece domande. Meglio così. Non sapevo in che casino mi stavo mettendo, ma c'erano troppe cose in ballo.

Avevo i piedi che andavano a fuoco. Raggiungere casa di Hunter a piedi era stata una tortura. Ma non avevo ancora 18 anni per la patente, e i miei genitori non mi avrebbero comprato una macchina nuova così facilmente. La strada era stata lunga. Alberi che si susseguivano in viali e piazze, gremiti di gente impegnata a fare chissà che cosa. A vivere, probabilmente.
Ero distrutta ma almeno ero arrivata a destinazione. Ero di nuovo a casa di Hunter. Bussai al campanello, ma non mi aprì nessuno. Provai a ribussare. Nulla. A quel punto realizzai che forse Hunter mi aveva preso per il culo. Mentre mi voltavo, mi sentii tirare il braccio con estrema forza. Sentii la porta chiudersi dietro di me mentre cercavo di rimettermi in equilibrio.
'Stavo quasi per cadere!' ammonii chiunque era in ascolto.
'Sei venuta alla fine.' Ridacchiò Hunter.
'Stronzo!' non lo avevo solo pensato.
'Che ci fai qui Brianna? Sto per uscire.'
'Dove vai?'
'Me ne vado. Ma questi non sono affari tuoi.'
'E invece sì! Dio Hunter, ero in macchina con te quando hanno sparato dei colpi sul cruscotto della tua auto! Mi devi delle spiegazioni, come minimo!' ero arrabbiata, ma volevo davvero sapere cosa stava succedendo.
'Io non ti devo proprio niente.' Sbuffò.
Gli avrei voluto tirare un ceffone. Non ero una tipa violenta, ma era come se il mio braccio si volesse muovere da solo.
'Mi lasci qui, da sola!?'
'Sei tu che sei venuta. Così come ci sei arrivata, così puoi tornare indietro.'
'Io non voglio tornare indietro, voglio che tu mi parli. Voglio che tu sia sincero con me, per una volta. Voglio sapere cosa ti sta succedendo. Voglio sapere se posso stare tranquilla.'
'Sei preoccupata per me?!' ad Hunter scappò un sorrisetto.
'No... sono preoccupata per me!' non era una bugia. Era metà verità.
'Fatti tuoi.'
'Dimmi la verità Hunter, perché mi hai chiamato prima?!'
Sbuffò nuovamente. 'Perché dovevo sapere che stavi bene. Che non ti avessi creato problemi e che la tua vita continuasse ad andare avanti.'
'Dovevi?'
'Sì. So di essere un casino, e non voglio causare problemi a nessuno. Nessuno deve rimanere coinvolto in affari che riguardano solo me.'
'La mia vita non è più la stessa, Hunter. Capisci!?'
'Ho commesso uno sbaglio a chiamarti, lo ammetto. Ma devi tornare a casa Brianna. Ti avevo detto di dimenticarmi, e così devi fare. Rassegnati, e non cercarmi.'
Si stava allontanando. Se ne stava andando. Lo rincorsi, mi misi davanti a lui, ferma, immobile.
'Non devi andartene. Tutto si può risolvere. Troveremo un modo.'
'Spostati.' Mi scostò con la spalla, e continuò a camminare.
Lo vidi mentre metteva la sua valigia e il suo borsone nel bagagliaio della sua auto. Era piuttosto nuova. Mise in moto e se ne andò. Per un po' rimasi lì, a fissare l'orizzonte con lo sguardo vuoto, perso, mentre vedevo l'auto allontanarsi sempre di più.

Tornai a casa in tempo per la cena. Mia mamma aveva fatto nuovamente la pasta al forno. Era il mio piatto preferito, ma non avevo molta fame. Mangiai poco e niente quella sera, colpa anche della stanchezza. Non avevo voglia di mangiare. Non avevo voglia di fare niente. Avrei voluto solo che la mia testa si liberasse di tutto. Di tutti i pensieri e di tutte le preoccupazioni.
Mi buttai sul letto. Forse c'era un lato positivo in tutta questa storia. Forse sarei stata meglio, senza Hunter. La mia vita sarebbe andata avanti, mi sarei concentrata solo su me stessa, senza pensare a nient'altro. Ero libera. Hunter se n'era andato per davvero.

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