Capitolo 11

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Il giorno dopo mi alzai poco prima che la sveglia suonasse. Mi sentivo tranquilla, serena: forse la prima volta dopo settimane. O addirittura mesi. Appena sveglia, la prima cosa che mi venne in mente fu la serata con Adam. Improvvisamente, la mia faccia si trasformò in un gigantesco sorriso. Non sorridevo mai così. Non lo facevo spesso, ma stavolta mi venne spontaneo. Ero felice. 'Buongiorno' era l'ultimo messaggio di Adam, dopo la buonanotte della sera precedente. Riprendemmo a parlare, come facevamo all'inizio.
Dopo essermi sgranchita un po', preparai lo zaino e andai a fare colazione, non prima di essermi fatta una doccia calda. Mi misi a guardare dei cartoni che trasmettevano la mattina (quelli per i bambini, insomma) mentre mangiavo dei biscotti direttamente dal pacco: andavo matta per entrambi. Dopo un po', era arrivato il momento di andare a scuola. Presi lo zaino e mi avviai verso la macchina dove mia madre mi stava aspettando. Mi ero organizzata con Adam per vederci di nuovo la sera stessa. Invece non sentivo Hunter dal giorno prima, ma meglio così. Non volevo sentirlo, e soprattutto incontrarlo. Mancavano pochi giorni alla presentazione del progetto di storia, ma avevo messo le cose in chiaro con lui. Avevo quasi terminato il lavoro, e lui non sembrava contrario al mio modus operandi. Che cosa mai sarebbe potuto andare storto?

La giornata fu come tante altre. 5 ore di lezioni che sembravano interminabili. Mentre camminavo per i corridoi, vidi Hunter in lontananza. Si avvicinò sempre di più, fino a passarmi accanto e a superarmi. Feci finta di non vederlo, e lui ricambiò. Probabilmente non gliene importava nemmeno più di tanto. Io continuai per la mia strada, arrivando al mio armadietto. Continuai a messaggiare con Adam, ma ad un tratto mi arrivò una notifica. Stentavo a crederci.
'Non mi hai salutato.' Era lui. Guardai il cellulare con faccia quasi schifata. 'E avrei anche dovuto?' Pensai a gran voce nella mia testa.
'E ringrazia che non ho fatto anche altro.' Risposi, questa volta inviando il messaggio che avevo scritto. Ero soddisfatta. Lui visualizzò ma non rispose. Forse era rimasto senza parole. Doveva sicuramente essere così.

Mentre su LA piombava la sera, io ero nella mia stanza per prepararmi. Volevo apparire al meglio per l'uscita con Adam. Ci misi due ore, ma prima delle 8 fui pronta. Non male.
L'appuntamento era alle 9 sotto casa di Adam. Mi sarei dovuta far trovare sotto casa di Adam. La macchina dei suoi era dal meccanico, e saremmo dovuti andare in qualche posto a piedi. Non mi dispiaceva passeggiare, anzi: spesso, mi aiutava a chiarirmi le idee e a riflettere. Una bella passeggiata mi avrebbe sicuramente fatto bene. Salutai i miei che intanto erano seduti sul divano a gustarsi un'ottima pizza, gli ricordai di non aspettarmi e li salutai, chiudendo la porta dietro di me.

Era una serata magnifica. Il cielo pullulava di stelle, e il suono dei grilli mescolato al suono di taluni musicisti di strada accompagnava i miei passi. Non dovevo fare molta strada, ma camminavo molto lentamente, assicurandomi di non essere mai sola lungo la strada. Arrivai nei pressi del parco. Quel parco. Il parco in cui gli amici di Hunter mi avevano dato della puttanella. Odiavo quel posto. Ma quel giorno, aveva qualcosa di strano. Non sapevo esattamente cosa fosse, era una sensazione. Di lì a poco l'avrei scoperto.

Il parco era deserto, per cui decisi di fare il giro dall'esterno. Avevo una strana sensazione. Accelerai il passo, voltandomi di tanto in tanto sospettando che qualcuno mi stesse seguendo. Nessuno. Il mio battito accelerava, sempre di più. Era tutto nella mia testa. Non c'era nessuno lì. Continuai a camminare, a fatica. 'E' tutto nella tua testa' continuavo a ripetermi.
D'un tratto sentii delle voci. Erano troppo lontane per udire qualcosa di comprensibile. Ero da sola. Continuai a camminare. Più camminavo, più sentivo le voci vicine: capii che mi stavo avvicinando. Ero quasi tornata sul corso principale, quando mi trovai davanti 3 soggetti. Tra cui lui. C'era Hunter. E altri due ragazzi. E non avevano una bella faccia.
I due alzarono il collo e mi videro, e vidi Hunter girarsi a sua volta. Rabbrividii. Mi feci forza e continuai a camminare, purtroppo nella loro direzione, che era anche l'unica possibile. Ero ancora spaventata, ma sapendo che c'era Hunter mi sentivo più al sicuro. O forse era quello che speravo.
Vidi uno dei due uomini estrarre un coltello dalla tasca. Feci un passo indietro. Ora sì che avevo paura. Non potevo lasciare Hunter da solo. Non volevo pensarlo, ma era pur sempre un essere umano. E nessuno merita di morire per mano di altri esseri umani.
'Allontanati, per piacere. E' una faccenda personale, questa. Se non vuoi fare anche tu una brutta fine, scappa finché sei in tempo. Hai capito?' ringhiò il tipo con in mano il coltello. Rimasi ferma, immobile. Paralizzata. Non sapevo cosa fare. Non riuscivo a muovermi. Mi si avvicinò l'altro. Avevo l'adrenalina a mille.
'Ehi, sei sorda per caso, eh?' mi disse strattonando il mio giubbino.
'Toccala di nuovo e sei morto.' Disse duramente Hunter. Che cosa avevo appena sentito?
'Che c'è, oggi il signorino vuole fare l'eroe?'
Partii un pugno di Hunter contro l'uomo che prima mi aveva strattonato. L'altro cominciò a tremare, ma forte della sua arma, si avventò contro Hunter.
'Attento!' gridai. Non volevo che Hunter morisse. Lo odiavo, ma non fino a questo punto.
Con uno scatto, Hunter bloccò il suo braccio facendo cadere il coltello per terra. Con qualche pugno, mise anche lui k.o.
Non riuscii a credere che tutto ciò fosse capitato a me, Brianna Clark, una ragazzina di una piccola cittadina, in così poco tempo. Erano soltanto le 20.30, e io mi ero completamente dimenticata di Adam. Di nuovo. Per colpa di Hunter.
'Stai bene? Sei ferito?' gli chiesi, preoccupata. Lo ero davvero. Stranamente.
'Lasciami in pace. Vattene.' Sputò. 'Ah, e ricorda. Tu non hai visto niente.' Mi minacciò. Io mi limitai semplicemente ad annuire.
Mi ricomposi e tornai sulla via principale. Arrivai da Adam leggermente in anticipo nonostante ciò che era successo, con mio grande stupore. Non raccontai niente ad Adam. In fondo, non c'era bisogno che lo sapesse. Ero lì, e questo bastava.

Rimasi distratta per tutta la serata. Non sapevo seAdam se ne fosse accorto, ma non mi importava più di tanto. Realizzai cheHunter mi aveva difesa. Aveva rischiato di prendersi non so quante coltellateper difendere me. Non riuscivo a crederci. Non avevo idea del perché l'avessefatto, forse solo perché voleva realmente dare una lezione a quei due loschiindividui. Ma chi era il vero Hunter? Forse nemmeno lui era a conoscenza dellasua vera natura. Hunter era un mistero per me, e probabilmente anche per sestesso.
'Ehi, mi stai ascoltando?' mi riprese Adam, cercando di riportarmi sul pianetaTerra.
'Ma certo che si! Sono felice di essere qui con te.'
'Anche io.' Premette le sue labbra sulle mie. Sentii il sapore delle sue labbramorbide per qualche decina di secondi, e poi ancora un altro bacio.
'Posso farti una domanda?' mi chiese, allontanando leggermente il volto.
'Dimmi pure.' Che cosa voleva domandarmi?
'Vuoi essere la mia ragazza?' ci furono un paio di attimi di silenzio. Nonsapevo cosa dire. L'avrei dovuto sapere, vero?
Fui esitante per un momento. Adam mi aveva messo in difficoltà. Ormai uscivamospesso io e lui, ma non mi ero mai fermata a pensare che cosa fossimoeffettivamente o cosa saremmo dovuti essere. Dovevo pensare in fretta.
'Non etichettiamoci. Siamo quello che siamo, qualsiasi cosa sia.' Risposi,baciandolo a mia volta.
Avevo mentito? Stavo illudendo Adam? Stavo bene con lui, e mi piaceva sulserio, ma la mia testa era sempre occupata da qualcun altro. Da Hunter. Eperché ogni cosa di interessante che accadesse nella mia vita, bella o bruttache fosse, ora era associata a lui. Ma io lo odiavo. La mia testa era sul puntodi esplodere. Non riuscivo a contenere tutti i miei pensieri, e molto spessofinivano per farmi collassare.
Quando tornai a casa, mi sentivo veramente stanca. Avevo salutato Adam con unbacio a stampo, ma non gli avevo ancora detto che lo amavo, perché non era laverità, e io non sapevo mentire molto bene. Forse la verità era che io volevoamare Adam, ma non lo amavo. Mi stavo costringendo ad amarlo. Più ci pensavo,più la testa pulsava dal dolore. Cercai qualcosa nella piccola farmacianell'armadietto del salotto per cercare di farmi passare quel grandissimo maldi testa, e appena mi misi nel letto crollai come un sasso.

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