15: tra sospetti e turni di pulizia

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Unkei sbarrò gli occhi dallo sconcerto.

- No! - Esclamò, scuotendo deciso il capo. - Ti giuro che io non c'entro niente con... -

Ma non ebbe il tempo di finire, che si ritrovò la mano di Tsunayoshi premuta contro le labbra e quest'ultimo, prima di toglierla, gli fece un rapido cenno con il capo verso qualcosa alle sue spalle.

A quel punto il ragazzo si accorse del suono di due voci che si stavano facendo sempre più vicine, subito seguito dal cigolio prodotto dalla porta che si stava aprendo.

Quando i loro compagni di classe entrarono in aula, trovarono Tsunayoshi seduto su un banco della fila accanto a quella di Unkei e lui girato con la sedia nella sua direzione, come se li avessero interrotti nel bel mezzo di una semplice conversazione.

- Ehi, ciao! -

Esclamò Tsunayoshi, voltandosi verso i nuovi arrivati e rivolgendo loro uno dei suoi sorrisi più allegri, come se nulla fosse.

Unkei si limitò a borbottare un "buongiorno" stentato.

Bryan e Walter si rivolsero una rapida occhiata di sottecchi prima di ricambiare il saluto. Fu subito chiaro anche agli altri due quale fosse il significato di quello sguardo: si stavano chiedendo perchè la porta fosse stata chiusa se c'era già qualcuno dentro, dato che solitamente la mattina il primo che arriva la apre e poi la lascia spalancata per gli altri fino al momento in cui arriva il professore, che poi decide se chiuderla o meno.
Il fatto che l'avessero chiusa lasciava intendere che lì, prima del loro arrivo, non stesse avvenendo una semplice chiacchierata tra amici.
Tuttavia di comune accordo i due decisero di non fare domande e subito ricambiarono il saluto.

- Stavamo parlando delle verifiche della prossima settimana. - Proseguì a quel punto Tsunayoshi, in un tono così calmo e spensierato che perfino Unkei, per quanto fosse assurdo, fu quasi sul punto di credergli. - Io sono abbastanza tranquillo, eccetto per inglese e un po' fisica. Voi come state messi? Immagino che per voi la fatica sia ancora maggiore. -

- In realtà non è così tragica la situazione. - Gli assicurò Bryan. - Certo, c'è voluto un po' per abituarsi a tutti quei kanji, ma comunque non siamo venuti qui completamente impreparati. Sua madre è giapponese, sai? - Aggiunse, riferendosi a Walter.

- Sul serio? - Chiese Tsunayoshi, strabuzzando gli occhi. - Di dov'è? -

- Dell'Hokkaido, viveva a Chitose, vicino Sapporo. -

Mano a mano che la conversazione proseguiva, le loro voci si facevano sempre più indistinte alle orecchie di Unkei, finché non arrivò a estraniarsi completamente.
Tutto ciò che vedeva era il volto di Tsunayoshi: il modo in cui sorrideva, ascoltava con interesse e annuiva, facendo dondolare tranquillamente le gambe nel vuoto, essendo ancora seduto su un banco.
Era spaventoso.
Il suo atteggiamento era così tranquillo e naturale che nessuno avrebbe mai potuto capire che fosse tutta una finzione.
Nessuno tranne lui.

Gli era chiaro perché Tsunayoshi fosse convinto che fosse stato lui a mettere quella lettera minatoria nel suo armadietto, tuttavia, oltre a chi fosse stato realmente a mandargliela, era un'altra la cosa che in quel momento lo faceva impensierire.

Perchè per lui era così importante che nessuno sapesse la verità?

Certo il suo carattere, o almeno quel poco che aveva avuto modo di conoscerne quelle rare volte in cui si erano ritrovati a tu per tu, non era dei migliori. Ma da qui a negare completamente sè stesso, arrivando a costruirsi una sorta di seconda personalità di facciata, ce ne voleva.
Era da quando lo conosceva che si comportava in quel modo, fin dalle elementari. Ed era da allora che lui se lo chiedeva.
Cosa poteva spingerlo a tanto?

801 sfumature di bum bum timeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora