Capitolo 24

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E' buio e fa freddo. Le esili mani tastano le pareti in pietra provando a guadagnare terreno. L'uomo sente il suo respiro agitato e di spavento cercando di misurare con gli occhi lo spazio in cui si trova.

Allarga l'altro braccio e con stupore raggiunge l'altra parete, sempre in pietra, senza distenderlo completamente. 

Avanza di qualche metro lentamente, e con cautela, poggiando sul suolo umido un piede dopo l'altro ad una distanza massima di 10 centimetri fra loro. 

La concezione del tempo sembra sparita e lo spazio percorso sembra infinito. Né una flebile luce, nessuna via d'uscita sembra esserci. Percepisce il tremolio lungo il dorso, gli scricchiolii che si susseguono, il timore che non sia solo.

Si avvicina ad una parete sulla destra e con la mano tasta verso l'alto fin dove lo permette. L'altezza di quel labirinto non si può definire. Perciò ritorna al centro e riprende il cammino nell'oscurità. Può sentire il calore che fuoriesce dalla propria bocca e il freddo che gli irrigidisce le gambe, esili anch'esse.

Ma ad un solo metro di distanza la mano incappa in qualcosa. A giudicare dalle dimensioni spesse sembrerebbe una mascherina di un interruttore e un sospiro di sollievo lo invade.

Sonda con le dita prima verso il basso, poi verso l'alto alla ricerca dell'interruttore che si rende vana ma emette soddisfazione quando comunque riesce a trovare una lampadina. Oltre ad essa, più su, il filo elettrico è continuo e un'idea gli balena improvvisamente. Con l'altra mano traccia una linea immaginaria da destra verso sinistra trovando presto il contatto con l'interruttore.

Sorride.

Ma prima ancora che possa muovere l'indice, sente del calore in faccia e una sottile ed impercettibile sensazione che in quel momento non sia solo. 

Deglutisce impaurito e prova a farsi coraggio. Preme l'interruttore con forza e sente l'ansia vincerlo. 

La luce si accende e gli si mostra davanti un viso terrificante e sfigurato che lo afferra con ferocia con mani provviste di lunghe unghie che premono sul suo collo.

- Ciao Pietro- una voce tagliente, metallica e rabbrividente lo fa sussultare violentemente.

Pietro si sveglia. Sospira nervosamente. Era solo un incubo, un terribile sogno. Alza gli occhi e si accorge che di fronte c'è Giacomo.

Molto probabilmente era stato lui a chiamarlo per destarlo dal sonno. Ma quanto ha dormito?

Guarda istintivamente l'orologio sul polso sinistro e scopre che è quasi mezzogiorno. Quattro ore filate e profonde di un lungometraggio dell'orrore.

- Capo, tutto bene?

- Perchè non mi hai svegliato? - lo rimprovera Pietro fissandolo con durezza.

- Avrei voluto, ma mi hanno detto ciò che hai fatto tutta la notte. Avevi bisogno di riposo.

Pietro sbuffa nervoso riconoscendo la giusta verità del collega.

- Mi serve un caffè.

- Posso capirlo.

- Non biasimarmi.

- Parlavi nel sonno.

Ma Pietro non risponde. Prende in mano un fascicolo e lo apre per leggerlo.

- Ho bisogno di un caffè- ripete.

Giacomo gli lascia due quotidiani sul tavolo ed esce dalla stanza silenzioso. Probabilmente per prendergli un caffè.

Pietro legge sfuggente i titoli dei due giornali: uno è nazionale l'altro è locale. Prova a leggere una parte del testo di quest'ultimo ma lascia dopo qualche riga. Come previsto, la stampa ha imbandito una indiavolata polemica sul modo in cui le forze dell'ordine stanno gestendo la situazione.

Quasi richiamasse l'attenzione di qualcuno, la voce di Giacomo risuona nella stanza - ha chiamato il sindaco. 

Altra brace sul fuoco. Sicuramente una chiamata non di cortesia.

- E il prefetto.

Ancora brace sul fuoco.

Pietro prende la tazza di caffè portata dal collega e lo ingurgita in un solo sorso, quasi avidamente. Chiude gli occhi.

Finalmente, pensa.

- Ci sono novità? - chiede dopo un lungo silenzio.

- Non molte e non più di quelle che sapevamo. Pare che il testimone sia un ottimo punto di partenza.

Pietro lo fa continuare.

- Il nome non è vero. Non si chiama Paolo Amoruso ma... - controlla velocemente il nome sul taccuino - Marcello Parisi. Un piccolo delinquente che era finito in carcere per stampo mafioso. Abbiamo controllato se c'è qualche abitazione vicino alla fattoria, ma è falso anche quello. L'abitazione trovata più vicino alla fattoria è a circa un chilometro e mezzo.

- Avete controllato a chi appartiene la casa?

- Sì, nulla di anomalo. Ci vive una famiglia da 40 anni.

Pietro poggia l'indice della mano sinistra sul labbro superiore - una fattoria nel bel mezzo del nulla. Avete controllato a chi appartiene?

- Ci stiamo lavorando.

- Telecamere sulla strada dove c'è stata la rapina?

- Stiamo analizzando i filmati, ci vorrà un po'.

- Qualche notizia dalla scientifica?

- Ancora nulla. Stanno analizzando i tessuti del vestiario, nel frattempo ho dato ordine per la rintracciabilità delle armi.

- Hai fatto bene.

Silenzio di nuovo. Pietro legge il fascicolo ma poi alza la testa. Sembra essersi ripreso dal torpore della stanchezza che gravitava qualche minuto prima su di lui pesantemente.

- Hanno curato tutto nei minimi particolari, ma il fatto che li abbiamo anticipati ha reso difficile concludere come volevano.

- Ovvero?

- Ovvero il furgone. Essendo in gamba, lo avrebbero incendiato, ma non lo hanno fatto. Hanno preferito recuperare il tempo perduto e raggiungere la fattoria.

- Ma non spiega il testimone- risponde riluttante Giacomo.

- Esatto. Il testimone non ha partecipato al colpo. Non avrebbero mai lasciato qualcuno a presidiare la zona.

- Quindi l' aspettavano già alla fattoria?

- Esatto. Durante l'inseguimento hanno preferito percorrere una tratta più lunga. Hanno preso tempo e hanno deciso il conflitto a fuoco.

- Quindi non volevano sparare agli agenti?

-No. Volevano utilizzare un deterrente per scoraggiarli. Volevano intimorirli ed è stata una casualità che sia finita quasi tragicamente.

- Ma non spiega ancora il testimone. Se ci fosse stato un piano B, perché tutta quella messa in scena?

- E' stata improvvisata, penso che non credessero che tutto questo sarebbe successo. Il testimone rappresenta un piccolo pesce ben istruito su cosa dire.

- Un copione?

- Esatto. Poche informazioni precise ma generali per sviarci affinché non ci dicesse nulla di più di ciò che poteva compromettere il colpo.

- Però credo anche che non siano così stupidi da pensare di lasciarlo così tranquillo a chiacchierare con noi.

- Infatti, hai detto bene. Lui è una polizza assicurativa.

- Lo uccideranno.

- Esatto. Ecco perché dobbiamo trovarlo prima di loro.

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