|Capitolo 2|

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Una volta tornato a casa, Jimin si diresse velocemente in camera sua e si preparò per portare il regalo di benvenuto ai vicini.
Nel suo quartiere quando si trasferiva qualcuno di nuovo, era buona usanza offrire un regalo di benvenuto o almeno porgere i propri saluti e auguri. In quel caso toccava a Jimin farlo, dal momento che sua madre era impegnata al lavoro.
Scese al piano inferiore e arrivò in cucina, dove trovò il tipico cesto di benvenuto per i nuovi arrivati, colmo di cibo e fiori.
Uscì di casa e percorse a piedi quel breve tratto che separava casa sua dall'altra, dal momento che i nuovi vicini si trovavano letteralmente nella casa affianco. Raggiunse il patio e salì i pochi scalini che lo dividevano dalla porta di entrata.
Era nervoso, poteva avvertire l'ansia fin sotto la pelle. Aveva sempre avuto timore di conoscere persone nuove, in generale non gli piaceva molto parlare con qualcuno che non fosse il suo migliore amico o sua madre. Aveva paura dei giudizi, degli sguardi e dei pensieri altrui.

Avvicinò lentamente la mano al campanello e suonò. Attese qualche secondo, finché la porta non venne aperta lasciandolo totalmente sorpreso. Davanti a lui non c'era un ragazzo sconosciuto, bensì colui che lo aveva aiutato il giorno stesso in mensa contro Brad.
Rimase alcuni secondi a fissarlo, si era cambiato dalla mattina a scuola: indossava una tuta nera e delle scarpe da ginnastica, i capelli scuri erano leggermente umidi, segno che aveva appena finito di lavarsi.

«Ciao» lo risvegliò il moro con un gran sorriso sul volto.
«Ciao» rispose Jimin, timidamente. «I-io ti ho portato un regalo di benvenuto...i-in realtà è anche da parte di mia madre» concluse il più piccolo, rivolgendo lo sguardo verso la punta delle sue scarpe, dal momento che non riusciva a reggere il confronto con gli occhi del più grande.

«Beh grazie mille, non dovevate. Vieni, entra pure» lo invitò il moro, spostandosi dall'entrata per accoglierlo in casa.

«G-grazie» balbettò Jimin, guardandosi intorno. Nonostante la casa fosse ancora un po' spoglia, era molto spaziosa e luminosa.
«È molto bella casa vostra» sorrise leggermente.

«Sì, in realtà mancano ancora alcune cose ma le sistemeremo a breve. Vuoi bere qualcosa?»

«No no, grazie lo stesso» rispose Jimin, fermando così i movimenti del maggiore, già rivolto verso la cucina.

«Non mi hai ancora detto il tuo nome» cominciò il moro, per intrattenere una conversazione con il minore, ormai congelato sul posto.
«M-mi chiamo Park Jimin» disse timidamente il biondo.
«Min Yoongi, piacere» disse allungando la mano verso il ragazzo, il quale la strinse delicatamente per poi ritirarla subito dopo.

«Quindi tu vivi in zona?» chiese Yoongi, per conoscere un po' di più il piccolo ragazzino che lo aveva da subito incantato.
«Sì, abito nella casa qui a sinistra con mia madre. Tu invece? Vivi con i tuoi?»

«No, abito con il mio migliore amico, si chiama Kim Taehyung. Purtroppo ora è uscito, ma prima o poi avrete l'occasione di incontrarvi. Quanti anni hai?» chiede successivamente Yoongi.

«Sedici, voi?»

«Diciannove»

«Allora perché andate ancora a scuola?»  chiese Jimin, senza rendersi conto che la sua domanda appariva completamente inopportuna e maleducata. Per sua fortuna Yoongi non si offese di fronte alla sua curiosità, ma decise di rispondere con un sorriso divertito sul volto. 

«Nella nostra vecchia città abbiamo avuto qualche complicazione e per questo abbiamo perso un anno» spiegò, assumendo un atteggiamento quasi indifferente all'accaduto.
«Per quanto riguarda ciò che è successo oggi a scuola, volevo dirti che se hai bisogno puoi contare sul mio aiuto» continuò il moro, cambiando velocemente discorso.

𝐓𝐫𝐞𝐚𝐬𝐮𝐫𝐞 - 𝐘𝐨𝐨𝐧𝐦𝐢𝐧 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora