Sara.

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Spesso la nostra mente si perde nei nostri ricordi.

Navigando nel fiume di pensieri del nostro cervello, riemergono ricordi o persone che credevi, o volevi dimenticare.

Io sono un ragazzo qualunque di 21 anni. Lavoro in una fabbrica qualunque, e sono un operaio come molti altri ragazzi di oggi.

Cosa c'entra? È il mio lavoro che mi induce a riflettere sulla mia vita. Mi spiego meglio: io faccio il fresatore, in parole povere il macchinario esegue i tuoi comandi. Nel mentre, la mia mente mi porta a pensare, pensare e ancora pensare.

A volte mi porta indietro agli anni delle scuole medie, a ripensare a quello che ormai ho definito il mio primo grande amore.

Quando ero in prima media mi ricordo benissimo l'emozione che ho avuto a sapere che ero capitato casualmente in classe con quella ragazza che mi piace tanto.

Il suo nome è Sara. Lei era una ragazza solare. Il suo sorriso era la cosa più bella che avevo mai visto nella mia breve vita. La sua voce era un coro di angeli al mio giovane orecchio.

Ricordo ancora il suo inconfondibile profumo.
In quei tre anni di medie custodisco molti ricordi di lei. In prima media sono stato per qualche mese in banco con lei. Inutile dire che quei giorni furono i più belli che abbia mai vissuto a scuola.

Stare al fianco della persona che si ama, sentire la sua voce così vicina, guardarla negli occhi, respirare il suo profumo, è un turbinio di emozioni intense che si mescolano insieme a formare quel sentimento misterioso che ti prende quando mai te lo aspetti, l'amore.

I mesi insieme a lei volarono come il mio pensiero volava sempre a lei, giorno dopo giorno.

Arrivammo in terza media,al giorno del compleanno di un nostro caro amico in comune, che si chiama Matteo. Un ragazzo un po' particolare (a quei tempi era un mio caro amico, ma ora non ci sentiamo più).

Girava voce che fosse innamorato anche lui di Sara. Di me non sospettava nessuno, almeno credo. Nessuno lo ha aveva mai insinuato, che io sappia.

Ma torniamo alla festa di compleanno. Siamo a casa di Matteo,una casa molto grande, circondata da un ampio giardino, che dava modo di svagarsi in molti modi sani all'aperto.

Ad un certo punto decidemmo di giocare a nascondino.

Oltre a Sara c'erano anche altre ragazze, diciamo 4-5, ma io, ovviamente non avevo occhi che per lei.

Inutile dire che c'erano anche almeno una decina di ragazzi, molti dei quali ronzavano intorno a lei come le api ronzano intorno ai fiori.

Per nascondino decisi di scegliere posti dove nascondersi vicini a quelli scelti da lei, vicini ma non da insospettire troppo gli altri. Dopo una serie di partite capitò uno di quei fatti che ti capitano una volta nella vita.

Capitò che ci nascondemmo in una delle tante stanze della casa, e molto stranamente non c'era nessuno nei dintorni.

Ad un certo punto udimmo dei passi.

Era il ragazzo che doveva fare tana di quelli che si nascondevano.

Lei fuggì in una stanza diroccata, con la porta socchiusa.

Vedendomi, mi disse sottovoce: "vieni".

In quel momento il mio cuore sussultò.

Le mie gambe si attivarono, correndo subito verso di lei.

Appena entrai, Sara, dopo una rapida occhiata fuori chiuse la porta.

Eravamo completamente soli, in una stanza disordinata quanto desolata.

Lei sorrise e tirò un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. Io risi.

La mia emozione era palpabile. Lei sembrò tranquillissima.

Ad un certo punto si attivò.

Senti ancora dei passi.

Mi chiese di guardare attraverso la finestra.

Non vidi nessuno.

Restammo ancora cinque minuti lì dentro. Cinque interminabili minuti in cui il me innamorato voleva dirgli qualcosa, come: io ti amo, o tu mi piaci tantissimo.

Provavo un desiderio enorme di baciare le sue labbra.

Di stringerla a me.

Di sentirla vicina a me come non l'ho mai sentita.

Ma la mia folle paura di essere respinto, mista alla mia timidezza non mi fece fare niente di tutto questo: dopo quei 5 minuti arrivò un ragazzo dicendoci di uscire.

Avevamo vinto perché nessuno era riuscito a trovarci.

La partita seguente io mi salvai subito approfittando di un momento di distrazione dell'incaricato a catturare i fuggiaschi.

Al sicuro, mi piazzai qualche metro dopo la colonna di salvataggio,dove gli altri dovevano toccare per salvarsi.

Ad un certo punto arrivò lei di corsa, inseguita dal ragazzo che doveva toccare la colonna prima di lei. In questo punto avvenne un fatto molto strano.

Lei corse fino ad arrivare a me, toccandomi come se fossi la colonna di salvataggio. Il mio imbarazzo era evidente. Intanto l'altro ragazzo toccò la colonna e la eliminò.

Da vero cavaliere presi le sue difese, sostenendo che se era arrivata a toccare me, era come se fosse arrivata alla colonna, evidenziando che era distratta dalla fretta.
La mia protesta portò l'esito sperato. Gli venne approvata la salvezza dalla tana.

Lei mi ringraziò, scusandosi per essermi letteralmente saltata addosso.

I nostri sorrisi erano molti imbarazzati.

Come a nascondere un sentimento, ma probabilmente lo pensavo solo io.

Sono passati molti anni, ma questo episodio non l'ho mai dimenticato.

Probabilmente lei non avrà più ricordi di questo fatto.

Non ci vedemmo più molto, le superiori ci distanziarono parecchio.

Gli scrissi qualche messaggio in prima superiore e in seconda.

Ma proprio una volta all'anno, sempre per colpa della mia timidezza.

Passarono gli anni.

Quando la incrociavo per caso dopo un saluto mi tornava la nostalgia.

Mi mancava, come mi manca tutt'ora.

Ora lei sta con un ragazzo che si chiama Riccardo (coincidenza?). Ha 30 anni.

Stanno insieme oramai da un anno. E non la vedo da più di un anno, neanche per caso.

Da una parte è positivo perché non dovrebbe causarmi tristezza rivederla, dall'altra ci pensa la mia mente a non dimenticarla.

La sogno spesso.

A volte sogno lei che mi parla.

Sento il suo profumo, stringo le sue mani.

Bacio le sue labbra come non ho mai, ahimè, potuto fare.

Mi sveglio con le lacrime agli occhi appena comprendo che era solo un sogno.

E rimango giorni a lavorare, con la tristezza che mi avvolge.

Come la notte.

Come la notte che mi fa sognare lei.



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