In quel periodo, non davo molta importanza alla scuola e uscivo spesso di sera.
Mi piaceva divertirmi, ballare, andare in discoteca, fumare, bere.
Mi piaceva vivere.
Non davo importanza a nulla.
Tutto era un o tutto o nulla.
E io ero determinata a prendermi tutto.
Ero determinata a vivere tutto ciò che la vita poteva offrirmi, solo che lo facevo in modo così superficiale che in realtà non stavo vivendo affatto.
All'inizio del secondo quadrimestre, quando mio padre, Bobby, scoprì dei miei voti scolastici, s'incazzò da morire.
Mi urlò per 3 ore.
Sì, 3 ore, potete solo immaginarvi cosa disse.
Alla fine, decise.
"Non uscirai più.
Prenderai lezioni private, sì, tutti i pomeriggi, anche nel weekend."
Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
Pensavo stesse scherzando.
Niente più uscite, stava sicuramente scherzando.
"Chiamerò subito il figlio di un mio collega.
Lui ti potrà aiutare, è uno dei più bravi.
Con lui riuscirai ad essere la più brava della classe, o per lo meno, riuscirai a passare l'anno senza debiti." Mormorò, più parlando per sé, che per me.
Frugò tra i fogli della sua scrivania e prese il cellulare.
"Papà, non puoi! Ti prego, ti prego." Scongiurai, cominciando lentamente a realizzare che non stava scherzando.
Era davvero intenzionato a farmi prendere delle lezioni private.
"Oh, sì che posso, cara mia.
Finché resterai sotto il mio tetto, vivrai secondo le mie condizioni." Disse. "Ora vattene, devo parlare con il padre di questo ragazzo."
"Ti odio! Sei cambiato da quando la mamma è morta!" Urlai, in preda alle lacrime.
Uscii sbattendo la porta e salii in camera.
Certo, lui la faceva facile.
Non era mai stato presente per me, nemmeno quando mamma si era ammalata.
Sempre così preso dai suoi pazienti, stava 23 ore su 24 all'ospedale.
Quando diagnosticarono alla mamma un tumore al seno, lui non era nemmeno presente.
Ero sola, completamente sola e non ero pronta ad affrontare una cosa così grande.
Mamma morì 9 mesi dopo.
Incredibile, la velocità con la quale un tumore possa espandersi per tutto il corpo.
E ora? Ora faceva finta di essere un bravo padre e si intrometteva nelle mie faccende.
Me ne fregai delle sue stupidissime regole.
Presi una giacca e uscii dalla finestra aggrappandomi al ramo dell'albero di fronte.
Andai da Margareth.
Meggie era la persona migliore del mondo.
Occhi verde smeraldo, capelli biondo miele, alta, slanciata, di buona famiglia.
Vita sociale e scolastica perfetta.
Lei era l'esatto opposto di me.
Responsabile, gentile e sempre io buon umore.
Era troppo, troppo per tutti.
Ci eravamo conosciute all'asilo e da allora non ci eravamo più separate.
Suonai alla porta.
Venne ad aprirmi sua madre.
Cortese come sempre mi invitò ad entrare, informandomi del fatto che Margareth si trovasse in camera sua.
Salii le scale e feci irruzione nella sua stanza.
"Non ce la faccio più." Sbottai.
"Cos'è successo?" Chiese, togliendosi le cuffiette dalle orecchie.
Si mise a sedere sul letto e mi fece posto.
Mi sdraiai e feci un lungo sospiro.
"Mio padre." Dissi, fissando il soffitto.
"Di nuovo?"
"Sì, è incredibile!" Esclamai. "Mi ha vietato di uscire per il resto dell'anno scolastico, te ne rendi conto? E tutto questo solo perché ho preso un cinque in scienze e un quattro in inglese."
Rise. "In effetti Effy, dovresti studiare di più."
Mi voltai verso di lei. "Da quand'è che stai dalla parte di mio padre?"
"Eff, non sto dalla parte di nessuno.
Penso solo che tu dovresti studiare di più.
Rischi seriamente di perdere l'anno."
"Lo so, ma non è colpa mia se quelle due streghe ce l'hanno con me.
Anche se mi impegnassi mi darebbero lo stesso quei voti lì."
Mi guardò male.
Alzai gli occhi al soffitto.
"Un po' di conforto non mi dispiacerebbe." Borbottai, offesa.
"Lo sai Eff, che io sono sempre dalla tua parte e che se hai bisogno basta chiedere." Disse, abbracciandomi.
Mugugnai.
"La scuola fa schifo." Bofonchiai.
"Giusto un po'." Rispose Meggie.
Rimasi da lei a mangiare e verso le 21 ritornai a casa.
Quando aprii la porta, sentii delle voci provenienti dalla cucina.
Papà in teoria doveva essere di turno quella sera.
Posai silenziosamente la giacca e presi un vaso da un mobile.
Mi avvicinai cautamente e sorprendentemente, ci trovai papà e un ragazzo.
Stavano chiacchierando e mangiando.
"Effy, sei tornata!" Disse, con il sorriso più falso che potesse esistere.
Il ragazzo di fronte a lui si voltò verso di me.
"Eff, questo è Christopher, il ragazzo di cui ti avevo parlato." Disse, con entusiasmo.
Gli diedi un occhiata.
Capelli rossi arruffati, occhi azzurri, occhiali neri quadrati da nerd, magro e mediamente alto.
Sorrise.
"Piacere di conoscerti, Eff."
"Non chiamarmi Eff." Risposi, scocciata.
"Siediti, devi essere affamata." Disse papà, dopo avermi lanciato un'occhiataccia.
"Ho già mangiato."
"Dove?"
"Da Maggie."
"Chi è Maggie?"
Sospirai. "Lascia stare."
Uscii dalla stanza e salii in camera mia.
Doveva essere un incubo.
Semplicemente un incubo, che presto sarebbe finito.
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RED (#Wattys2016)
Teen Fiction"Resta, per favore." Effy ha 17 anni. Orfana di madre ed essendo figlia unica, vive insieme al padre Bobby. Popolare tra i maschi, Effy, ama divertirsi e uscire la notte. Quando il padre scopre che la figlia rischia di ripetere l'anno, chiede aiu...