Capitolo 16

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Anche Margareth, dopo esser stata chiamata da Rosso venne subito in ospedale.

Proprio in quel momento, il dottore uscì con i mano i risultati delle analisi.

Ero così ansiosa e terrorizzata che non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi.

"Allora, dottore? Cos'ha mio padre?"

"Non si sa di preciso, ma pare che sia stato colpito da una rara malattia batterica che attualmente si sta diffondendo velocemente tra i bambini e i adolescenti."

"E a che conseguenze potrebbe portare questa malattia?" Chiese Margareth, dietro di me.

"Dipende dai casi, a volte non succede nulla, basta prendere certi tipi di antibiotici e passa, ma in altri casi, potrebbe causare la morte."

Rimasi sconvolta da quella risposta.

"Quello che stiamo cercando di capire è se suo padre riuscirà a sopravvivere o no."

Caddi in una sedia lì vicina, in preda al panico.

Papà, sempre disteso privo di sensi in una barella, venne trasportato in una delle camere del quinto piano.

Maggie venne accanto a me e mi abbracciò forte. "Tuo padre è forte Eff, riuscirà a sopravvivere, sono sicura che ci riuscirà." Mormorò, accarezzandomi i capelli.

Mi coprii la faccia con le mani e scoppiai a piangere.

Rosso, che nel frattempo aveva accompagnato mio padre e le infermiere nella stanza che gli avevano assegnato, era ritornato.

Si chinò davanti a me è mi spostò le mani.

Mi asciugò gli occhi e mi guardò con aria severa. "Ti proibisco di piangere, devi essere forte Effy, non solo per te ma anche per tuo padre, che mai come in questo momento ha avuto così tanto bisogno di te."

Addolcì lo sguardo e sorrise malinconico. "Ti prometto che ti starò accanto per tutto il tempo e non me ne andrò via nemmeno per un istante, okay?"

Annuii lentamente, anche se lo sentivo in lontananza.

Ora ero immersa in una realtà nella quale c'ero io, mio padre e la morte.

Papà era l'oggetto, appeso su un sottile filo tra la vita e la morte, che dovevo salvare.

Assieme a Rosso e a Margareth, passai tutto il tempo seduta fuori dalla stanza di papà, ad attendere nuove notizie da parte dei dottori e delle infermiere.

Si era scoperto che questa malattia poteva essere trasmesso facilmente attraverso starnuti, saliva e sangue.

Dovevamo quindi stare attenti quando ci avvicinavano e dovevamo indossare dei guanti e dei grembiuli appositi che subito dopo avremo dovuto buttare.

Verso sera, papà finalmente si svegliò.

Disorientato e debole, mi chiese dov'era.

Gli spiegai la situazione e tutto quello che ottenni fu solo silenzio.

Cercai di trattenere le lacrime.

Non volevo piangere di fronte a lui, no, dovevo essere forte.

"Andrà tutto bene." Dissi, fingendo un sorriso rassicurante.

A dir la verità, lo dicevo più per convincere me stessa che lui, il quale, dopotutto, ne sapeva più di me.

Annuì e sorrise debolmente.

In un arco di tempo di una settimana, i batteri si erano espansi in quasi tutto il corpo.

I medici dovevano provvedere a un rimedio, se ce n'era uno.

Gli somministrarono diversi tipi di antibiotici, ma nessuno di essi ebbe effetti.

Se i batteri avessero infettato anche gli organi vitali, sarebbe stato la fine.

Ormai andavo avanti solo di caffé.

Non riuscivo a mangiare nulla, tutto quello che ingerivo l'avrei subito rimesso.

Quando i dottori mi dissero che se la situazione non migliorava, papà non sarebbe riuscito ad arrivare a fine mese, non dormii per quattro giorni consecutivi, che si alternavano a periodi di stanchezza e crolli nervosi

Un enorme afflusso di pensieri scorreva nella mia mente e non mi lasciava tregua nemmeno per un istante.

Furono i momenti peggiori della mia vita e non riuscivo a pensare a nessuna via d'uscita.

Da come dicevano i dottori, mio padre sarebbe presto morto.

Nemmeno 2 settimane.

RED (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora