Capitolo 26

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Il giorno dopo fui costretta da mio padre a ritornare a scuola.

Nonostante fossi in classe, la mia mente era da tutt'altra parte.

Continuavo a guardare fuori dalla finestra.

Le foglie era diventate tutte rosse e gialle ed erano così fragili che un sol soffio di vento poteva spazzarle via.

Cadevano lente per terra, e dalla gente che passava, incuranti, venivano calpestate.

"Effy!" mi chiamò la professoressa.

Scossi la testa e risposi distratta :"Sì, prof?"

"Potresti continuare?"

Senza nemmeno che lo chiedessi, Margareth mi indicò il punto in cui eravamo arrivati.

"Certamente."

Proseguii la lettura. "Grazie." sussurrai a Maggie, appena ebbi finito.

Sorrise.

Prese un foglio e scrisse :"Non mi hai più detto com'è finita con Rosso."

"È finita e basta."

"Come?"

"Gli ho detto che era meglio così."

"Hai detto così a lui, ma tu invece, cosa pensi sia meglio?"

"Che dovrei concentrarmi sulla scuola per una volta invece dei ragazzi."

"Forse hai ragione, ma, come farai?"

"In che senso?"

"Tu a Rosso ci tenevi, e scommetterei qualsiasi cosa che ci tieni ancora e che non sarà così facile cancellare dalla tua mente tutto quello che avete passato insieme."

Rimasi a guardare quelle parole.

Erano la verità, e proprio per quello, facevano male.

"Riuscirò, col passare del tempo, giusto?"

"Forse."

Mi voltai verso di lei e mi lanciò uno sguardo incerto.

"Dimmi di Felix."

"Ci rinuncio, non gli interessi."

"Ti arrendi troppo facilmente."

"Forse è meglio se mi prendo una pausa anch'io dai ragazzi."

"Come sta Dafne?"

"Sta imparando a camminare."

"Oh mio dio, il tempo passa troppo in fretta."

"Mamma la sta viziando un po' troppo."

"Ma ha ragione, come si fa a non essere buoni con lei? È la bambina più dolce del mondo."

Passammo il resto dell'ora a scrivere di tutto tranne che della lezione.

Suonò il campanello di fine lezioni.

Mi alzai dalla sedia e mi stiracchiai un po'.

"Ciao, Effy!" disse Felix, venendo dalla nostra parte. "Come mai non ci sei stata in questi giorni? Sei stata male?"

Il suo accento si sentiva moltissimo, ma stava migliorando.

Margareth mi aveva detto che stava prendendo delle ripetizioni da una madrelingua ogni pomeriggio.

"Sì, non sono stata molto bene." risposi, andando ad appoggiarmi contro il bordo della finestra.

"Ma ora va meglio?" domandò preoccupato.

Annuii. "Sì, almeno credo..."

Sospirò e sorrise. "Menomale."

Respirai profondamente è chiusi gli occhi per qualche istante.

"Se ti fa piacere, ti potrei dare gli appunti di francese che ho preso nei giorni in cui sei stata assente."

"Oh, grazie, sei molto gentile."

"Di nulla."

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto.

"Se non ti sembro troppo invadente, potrei sapere cos'hai avuto di preciso?"

Ero incerta se dirglielo o meno.

"È successo un casino con Rosso e..."

"Cosa?"

"Ci siamo lasciati."

Pronunciare ad alta voce quelle parole facevano più male di quanto mi aspettassi.

"Ah, mi dispiace." mormorò.

Sorrisi malinconica. "Non fa niente, passerà."

Mi guardò sinceramente dispiaciuto e, sempre a mia sorpresa, mi diede una carezza sulla guancia.

Felix era un ragazzo imprevedibile.

Ogni sua azione ti sorprendeva come nient'altro.

"Non meriti di soffrire." disse.

"Devo saper accettare anche i lati negativi della vita, e la sofferenza ne fa parte." borbottai.

La campanella suonò in quel momento.

Margareth ritornò in quell'esatto istante dalla segreteria.

"Cosa sei andata a chiedere?"

"Riguardo agli open day delle università."

"Ah, l'università." borbottai fra me e me. "Hai già deciso in quale andare?"

"Mio padre mi ha consigliato di fare domanda alla Cambridge per legge."

"Andiamo sul leggero insomma."

Rise. "Tu hai già scelto a quali università fare domanda?"

"Non ancora..."

"Datti una mossa allora."

Sospirai.

"Almeno hai un'idea di cosa fare dopo le superiori?"

"Nebbia totale."

"Ma non avevi detto che avresti voluto provare giornalismo?"

"Sì, ma non penso di essere brava abbastanza."

La professoressa entrò in classe e tutti andarono a sedersi.

"Cazzate, se lo vuoi davvero ce la potrai benissimo fare."

"Quali università conosci di giornalismo?"

"La Cambridge è un'ottima scuola."

"Peccato che fanno degli esami d'ammissione troppo difficili." borbottai.

"Ma tu puoi superarle, ne sono sicura."

"Ma dovrò andare a vivere a Londra."

"E non vuoi?"

"È solo che ho paura."

"Potremmo affittare un appartamento insieme."

La guardai incerta. "È meglio se ne riparliamo un po' più in là.

Non era tanto l'esame d'ammissione, o il fatto di vivere in un'altra città, ma era sopratutto la paura di cambiare ogni cosa.

Ecco.

Cambiare e lasciare tutto indietro.

Non che non lo desiderassi, ma era solo paura, o addirittura vigliaccheria.

Questo era uno dei miei problemi più grandi perché nella vita devi sempre essere pronto a cambiare, a saper cogliere le opportunità che ti offre la vita e io non ero niente di tutto questo.

RED (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora