Capitolo 17

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"Mamma, perché hai sposato papà?"

Mamma sorrise, nonostante non avesse più forze nemmeno per respirare. "Sebbene tuo padre non sia un uomo che esprime il suo affetto esplicitamente, penso che lui sia una delle persone che più mi hanno voluto bene in tutta la mia vita."

Non riuscivo a capire, proprio non riuscivo.

Avevo sempre pensato che l'amore fosse distruzione e rovina, per questo motivo, mi ero ripromessa di non innamorarmi mai.

Ovviamente in seguito, scoprii che non era mio compito decidere se innamorarmi o no.

Mamma, come avevano previsto i dottori, non ce la fece e morì in una fredda giornata d'inverno.

8 gennaio.

Capisci l'importanza di una persona solo quando stai per perderla o peggio ancora, quando l'hai già persa.

Così fu per me, nei confronti di mio padre, che privo di forze, giaceva ora immobile su un letto d'ospedale.

Lui, che da piccola consideravo la persona più forte del mondo era ora, la più debole.

Gli presi una mano, e la strinsi forte.

Avrei fatto qualunque cosa, affinché ogni cosa ritornasse come prima.

Io, la figlia ribelle.

Lui, il padre severo e protettivo.

Non sapendo più cosa fare, iniziai a pregare.

Io che, in Dio, non credevo più.

Eppure, continuai a pregare.

Questo perché, quando sembra che la speranza sia ormai persa, cominci a credere anche in tutto ciò in cui prima non credevi.

È un po' come cercare di aggrapparsi a qualcosa.

Un aggancio che ti permette di non sprofondare del tutto negli abissi dell'angoscia.

In breve periodo di tempo, cambiai completamente.

Ero sempre pallida, e nervosa.

Gli occhi sempre gonfi, i capelli in disordine.

Ero dimagrita di 5kg.

Rosso, che nonostante avesse i suoi impegni con l'università, era sempre riuscito a rimanermi vicino.

E Margareth, anche lei, con Dafne che aveva perennemente bisogno di lei, era riuscita a trovare tempo, in modo da non lasciarmi sola.

Rosso e lei si alternavano.

Di mattina, veniva Margareth, di sera Rosso.

Eppure, nonostante tutto, mi sentivo la persona più sola sulla faccia della terra.

Come se nulla e nessuno, potesse riempire quel vuoto che continuavo a provare dentro di me.

Quel vuoto, che era allo stesso tempo colmo come nient'altro.

Pieno di incubi, mostri e paure.

Solo verso la fine di quella lunga settimana, i dottori erano riusciti a trovare una possibile soluzione.

Ricordo la speranza arrivare, come una folata di vento che spazzò via tutto il terrore.

Non tutto era perso.

Scoprirono che il batterio patogeno, ovvero portatore di malattia, era di un certo tipo e sarebbe potuto essere ucciso solo attraverso un antibiotico che a quel tempo, era ancora sperimentale.

Il rischio era che l'antibiotico, poteva o uccidere questi batteri o accorciare il tempo che rimaneva al paziente e quindi condurlo alla morte.

Ero quindi giunta ad un bivio.

Nel migliore dei casi, l'antibiotico avrebbe funzionato e mio padre sarebbe potuto sopravvivere, nel peggiore invece, sarebbe morto ancor più in fretta.

Se avessi deciso di non provare proprio l'antibiotico, sarebbe morto comunque.

Avevo sempre odiato scegliere.

Quelle domande tipo, o l'una o l'altra.

E ora, la vita di una persona, di mio padre, era nelle mie mani.

RED (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora