Capitolo 33

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Rosso ed io non ci parlavamo dal giorno della consegna dei diplomi, e la cosa mi distruggeva, perché se c'era qualcuno che volevo avere vicino in quel momento, era lui e nessun altro.
Solo lui.
Due settimane dopo, verso la fine di luglio, arrivò la lettera dell'università di Cambridge.
Ricordo che era mattina presto, e papà era già uscito per andare al lavoro.
Ero andata a prendere la posta nella cassetta e tra quelle recapitate, vi era la risposta.
Senza urla o cos'altro, ritornai in cucina, posai le altre lettere, e chiamai Maggie.
Non dissi niente, e lei mi capì lo stesso.
Adoravo il fatto che non c'era bisogno di parole tra noi due per capirci.
Dovevo avere qualcuno accanto a me che fosse in grado di sorreggermi in caso di svenimenti o cose del genere.
Arrivò sul suo motorino che non erano passati nemmeno 10 minuti.
Col fiato corto e i capelli in disordine, mi seguì in cucina.
"È quella?" chiese indicando la busta appoggiata sul tavolo.
Annuii.
"Aprila."
Scossi la testa.
"La apro io?"
Annuii velocemente.
La prese e prima di aprirla mi diede un'occhiata.
Lesse tutto d'un fiato e alzò lo sguardo verso di me.
"Mi dispiace Eff..." iniziò.
"Okay, va bene." risposi semplicemente. "Tanto non mi aspettavo che mi accettassero."
"Mi dispiace Eff, ma mi dovrai sopportare per altri 5 anni!" disse subito dopo.
La guardai confusa.
"Ti hanno presa, scema!" urlò, abbracciandomi.
"Cosa?" chiesi, incredula.
"TI HANNO PRESA." mi ripeté, stringendomi più forte.
"Stai scherzando?"
"In effetti mi chiedo anch'io se ti hanno confusa con qualcun'altro..." scherzò.
Non riuscivo a crederci.
Una marea di emozioni m'invase la mente.
Ero combattuta dall'essere felice e triste.
Da una parte, avevo sperato con tutto il cuore che mi accettassero,
dall'altra, che non lo facessero, sopratutto per via di Rosso.
E ora, cosa sarebbe successo?

Quando alla sera papà lo venne a sapere, quasi cadde dalla sedia.
"Dio mio, tesoro." disse, quasi con le lacrime agli occhi. "Sono così fiero di te."
Sorrisi, non potei far altro che sorridere a quelle parole.
"Ma quindi cosa si fa adesso?"
"Margareth e io abbiamo deciso di affittare un appartamento vicino all'università, per risparmiare sulle spese e ha detto che suo padre penserà a tutto dato che ha delle conoscenze lì."
Mi guardò per un momento con aria malinconica.
"Non riesco ancora a capacitarmi del fatto che la mia bambina sta crescendo..." mormorò, sfiorandomi una guancia. "È come se solo ieri stessi imparando a camminare e ora invece stai già correndo."
Quella conversazione mi rattristò ancor di più.
Era strano, perché una delle università migliori al mondo mi aveva accettata e avrei dovuto essere la ragazza più felice al mondo, e invece ero tutto il contrario.

Passai la maggior parte dell'estate da Maggie, a organizzare il viaggio, e a imballare le mie cose.
Saremmo partite presto, giusto per abituarci all'ambiente di là e tutto il resto.
Era come se all'improvviso, fossi stata risucchiata da un vortice di avvenimenti che non riuscivo a rendermi davvero conto di quello che stava succedendo.
Telefonai una sera di metà luglio a Rosso, ma rispose la segreteria.
"Ciao Rosso...appena senti il messaggio richiamami."
Ripetei quella frase per almeno 50 volte, anche perché non sapevo cos'altro dire.

Alla fine, il giorno prima di partire, organizzarono una festa d'addio a me e a Margareth.
Papà aveva invitato molti parenti, ma alla fine, i veri invitati, erano solamente, Felix e Rosso, che non era venuto.
"Non è riuscito a venire a causa di un impegno che aveva già fissato precedentemente." aveva spiegato il signor Hirp.
Ovviamente non stetti a fare molte domande anche se dentro ero un macello.
Sorrisi e annuii, facendo finta di non esserci rimasta troppo male.
In realtà, era l'unico che volevo venisse.
Era l'unica persona con cui desideravo passare quell'ultima notte in America.
Salii in camera mia e mi sedetti vicino alla finestra e a osservare gli invitati ballare e divertirsi.
L'arrivo di Felix, mi riportò alla realtà.
Bussò alla porta anche se era aperta.
"Posso?" chiese, gentilmente.
"Sei già entrato." osservai.
"In effetti..." mormorò. "Come mai tutta sola qui? Hanno organizzato la festa appositamente per te e Maggie."
"Non sono molto in vena di festeggiare."
"È per Rosso?"
Colpita e affondata.
"No."
"Avanti Eff, puoi anche smettere di fingere che non ti importi un accidenti." disse secco.
"Puoi piangere se vuoi, non mi faccio problemi."
Scossi la testa. "Ho finito le lacrime."
"Allora urla."
"Mi manca la forza."
"Fai qualcosa, qualunque cosa... Odio vederti in questo stato!"
Non risposi.
Felix mi porse una mano.
Mi voltai verso di lui.
Sorrise. "Mi concederesti un ballo?" chiese, molto galante.
"Non ne ho voglia Felix, lo sai che..."
"Niente scuse, questa, potrebbe essere l'ultima sera in cui ci vedremo, dunque esigo almeno un ballo con te."
Alzai gli occhi al cielo.
Mi prese la mano e mi tirò vicino a lui.
Mi avvolse il braccio intorno alla vita e non smise nemmeno per un istante di guardarmi.
La musica sotto si sentiva fino in camera.
Era un lento, cantato da non ricordo chi.
Era una canzone molto bella.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lasciai guidare da lui.
Non parlammo per un po', semplicemente girammo in tondo per la stanza senza passi precisi.
"Hey Eff." disse ad un tratto.
"Cosa c'è?"
"Mi mancherai."
Accennai a un sorriso. "Anche tu."
"Sul serio?"
"No, era solo uno scherzo."
Rise.
"Felix?"
"Mh?"
"Grazie."
"Per cosa?"
"Per esserci."
"Giusto per fartelo sapere, ci sarò sempre per te."
Rimasi in silenzio per qualche istante.
Non sapevo proprio come interpretare quella frase.
"Lo stesso vale per te." risposi alla fine.
Si fermò d'un tratto e mi guardò.
Rimasi quasi ipnotizzata da quegli occhi verde smeraldo.
Mi diede un bacio sull'angolo della bocca e sorrise.
"Grazie."

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