Capitolo 34

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L'indomani mattina, partimmo presto verso l'aereoporto.
Sbrigammo tutte le faccende necessarie prima di andare in sala d'attesa.
Continuavo a guardare il cellulare e girarmi verso la porta.
Non riuscivo a smettere di sperare che forse, all'ultimo minuto, Rosso si sarebbe presentato per salutarmi.
Un'ora dopo, l'hostess ci venne a chiamare perché era giunto il momento di salire a bordo.
Prima di andare, guardai un'ultima volta indietro, ma di Rosso, non ce n'era la traccia.
"Signorina, sta bloccando il passaggio." m'informò l'hostess riportandomi alla realtà.
"Sì, mi scusi." risposi, salendo e andando a sedermi al mio posto vicino a Margareth, la quale mi strinse la mano e come se mi avesse letto nella mente, mi disse :"Eff..."
"No, è okay." risposi subito. "Non avrà avuto tempo per venire."
Sforzai un sorriso ma, anche a se non avevo uno specchio davanti, sapevo che il tentativo non era andato a buon fine.
Quello, non era sorridere ma piangere con le labbra.

Mi voltai verso la finestra e guardai fuori.
L'aereo cominciò a muoversi lentamente poi, prese velocità e decollò.
L'America in cui ero vissuta per quasi diciannove anni, era diventata d'improvviso così piccola.
Sempre più lontana, dopo pochi minuti, sparì tra le bianche e immense nuvole.

Arrivammo a Cambridge che era notte fonda.
Prendemmo un taxi e, anche se con un po' di difficoltà, riuscimmo ad arrivare all'appartamento che il padre di Maggie ci aveva affittato ad un ottimo prezzo.
Facemmo avanti e indietro un paio di volte, infine, potemmo finalmente riposarci e andare a letto.
Ci addormentammo subito e la mattina seguente, ci svegliammo che era mezzogiorno.
Dato che entrambe stavamo morendo dalla fame, andammo a comprare qualcosa al supermercato.
Chiedemmo delle indicazioni ai passanti e dopo un po', riuscimmo a trovarlo.
Comprammo un po' di carne, di pasta e qualche pomodoro.
Fu Maggie a cucinare.
Era brava proprio in tutto.
A scuola, a casa, nella vita.
Lei era tutto ciò che potreste volere da qualcuno.
A dir la verità, spesso la invidiavo.
Avevo da sempre desiderato essere come lei.
Bella, brillante, creativa, pratica, gentile e tutto il resto che io non ero.

Dopo aver sistemato la nostra roba, la giornata era ormai giunta a termine.
Quando Maggie andò in bagno per farsi una doccia, feci qualche chiamata.
Innanzitutto, telefonai a papà per dirgli che andava tutto bene.
Dopodiché, feci uno squillo a Felix.
Avevo perso tre delle sue chiamate durante il pomeriggio.
"Allora, com'è vivere da soli in Inghilterra?" domandò.
"Non saprei, bello e faticoso allo stesso tempo."
"Sì?"
"Abbastanza." ammisi. "Meno male che io e Margareth siamo riuscite a finire di mettere a posto tutto in un solo pomeriggio."
"Beh, non avevi portato tanta roba, o sbaglio?"
"Sì, e infatti mi ringrazio per questo."
Rise.
Restammo in silenzio per qualche istante.
"Rosso ti ha telefonato?"
"No." risposi, poco dopo.
"Scusa, forse non avrei dovuto..."
"No, fa niente."
"Eff..."
"Ho detto che è okay."
"Non tenerti tutto dentro, prima o poi scoppierai, a forza di trattenere tutto ciò che vorresti dire."
"Scusa, ma devo andare."
"Okay."
"Ci sentiamo."
Rimasi a fissare i contatti per qualche minuto, soffermandomi sopratutto su quello di Rosso.
Non sapevo se telefonargli o no.
Proprio quando lo stavo per chiamare, Maggie entrò in soggiorno.
"Hey, che fai?" chiese, asciugandosi i capelli con un panno.
Mi alzai di scatto e misi il cellulare dietro la schiena.
Non volevo sapesse che stavo ancora male per Rosso, anche perché ne avevamo parlato per tutto il pomeriggio e secondo lei, dal comportamento che Rosso aveva avuto nei miei confronti, dovevo dimenticarlo.
Mi guardò sospettosa. "Va beh, comunque sia ho finito, se vuoi andare..." disse alla fine.
Sorrisi. "Sì, ora vado."
Spensi il cellulare e lo posai sul mobiletto.
Andai in bagno e mi feci una doccia veloce.
Ogni pensiero che avevo cercato in questi giorni di rinchiudere in una parte remota della mia mente cominciavano a straripare da quel contenitore e a riversarsi su di me, tutti in una volta sola.
Mi misi un pigiama e andai a letto.
Margareth era già crollata e stava ora dormendo come un ghiro.
Le misi una coperta sopra e la sistemai meglio.
Mi distesi sul letto accanto e dopo qualche secondo, tirai un lungo sospiro, come se per tutto il tempo passato, avessi trattenuto l'aria nei miei polmoni.
Guardai fuori dalla finestra per un po'.
La luna e le stelle si vedevano bene quella notte.
Continuavo a pensare a Rosso, al fatto che non ci parlavamo da un paio di mesi e che non era venuto a salutarmi.
Forse era tempo di andare avanti, forse doveva finire così fin dall'inizio.
Prima Libby e ora il fatto che non gli avessi detto di Cambridge.

Sono sempre stata dell'opinione che, sotto tutto quello che ci accade, vi è un motivo.
Per questo, non è mai un bene fissarsi troppo sulle cose, perché lentamente ci dimentichiamo che, per quanto la vita possa essere lunga, ha un limite, una scadenza, e che prima o poi finirà.

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