2- Mestizia

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Non è mai stato un bambino. È diventato grande in un attimo. Me l'ha detto lui e lo vedo anche io.

Da piccolo voleva i Lego. Aveva una fantasia e un ingegno senza limiti, voleva combinare, fare e disfare, creare qualcosa di nuovo, di bello e di grande, e poi voleva poter decidere di rompere, distruggere e annientare quello che aveva costruito solo per mettere in piedi qualcos'altro di diverso, di migliore. Avrebbe distrutto per dare vita, non per toglierla. Per migliorare, non per soffrire.

Ma non ha mai potuto fare nulla di tutto ciò. Non aveva i Lego. Non voleva chiederli a chi lo stava crescendo perché dopotutto non erano i suoi genitori. Non erano il porto sicuro a cui poteva chiedere quello che voleva. Erano le persone con le quali era in debito per averlo preso con loro e che si stavano impegnando per crescerlo al meglio delle loro possibilità.

Ora la creatività che tanto mi ha raccontato nei suoi brevi riferimenti al passato la ritrovo nella sua passione per l'informatica. Ama creare circuiti, aggiustare computer lenti e tutte quelle cose di cui io non capisco nulla. Lo guardo mentre lavora, il tempo che passa davanti al monitor con l'espressione impegnata e corrucciata quando deve risolvere qualche problema. Spera che diventi il suo lavoro. E lo spero anch'io.

Gli esami dell'università non sono andati un granché bene, ne ha passati pochi, anzi pochissimi, e si è abbattuto più volte. Ha pensato di aver fallito. Ha pensato di essere una delusione per chi l'ha cresciuto, per chi ancora adesso lo sostiene economicamente. Vorrei gli urlassero che non è così.

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