1.

29.6K 322 34
                                    

Non c'è molto da raccontare sulla mia mattinata scolastica, al quarto superiore diventa tutto un'apatia.

Professori nuovi, altri vecchi, compagni di classe bocciati ed altri rimasti (per mia sfortuna oserei aggiungere) nonostante l'anno prima erano intenzionati ad andarsene.

La mia vita era diventata come un programma televisivo; come uno quelli che fanno compagnia ogni sera ai miei nonni prima di andare a dormire.

Nonostante non avessi proprio così tanta voglia di socializzare, mi divertiva il fatto che ogni mio compagno aveva un aneddoto  interessante da raccontare; una storia d'amore estiva (se vogliamo davvero chiamarla così), un costoso viaggio all'estero o la perdita desiderata di qualche kg.

Io mi limitavo ad ascoltare. Non avevo nulla da raccontare se non che la notte dopo Ferragosto sono stata messa k.o dalla ragazza che diceva di amarmi e volermi più di ogni altra cosa.

«Ho sempre pensato che dei calci nello stomaco sarebbero stati mille volte meglio.» Dissi con ironia alla mia nuova compagna di banco, che intenta a mangiare delle patatine mi guardava come se le stessi raccontando di un lutto in famiglia.

Sospirai.

«Meredith, sta' tranquilla. È passato almeno un mese, l'ho superato.»

E' buffo pensare a come parlavo della mia rottura con Liz. Come se un fumatore accanito stesse raccontando di non toccare una sigaretta da mesi.
Meredith sapeva della mia relazione. La reputavo una di quelle poche persone abbastanza intelligenti da riuscire a capire l'amore che provavo nei confronti di quella ragazza, a differenza di altri compagni di classe che avrebbero colto la situazione come l'ennesimo pretesto per punzecchiarmi.

La conoscevo da poco, e pure ero molto affezionata a lei.

Passate con estrema lentezza le ore a scuola, il pranzo a casa mi rimise in ordine lo stomaco, che disturbava le lezioni brontolando e lamentandosi.

Dopo mangiato i miei genitori avevano l'abitudine di guardare la televisione rilassandosi un po' sul letto, anche se la maggior parte delle volte il russare di mio padre copriva di gran lunga il volume. In questo bel caos io ero, come al solito, sul mio letto al buio nella mia stanza. Leggevo, come sempre, prima di prendere coraggio e mettermi a studiare.

Quel pomeriggio, nonostante il litigio mattutino, Liz mi tempestava di messaggi. Un lato di me era convinto che lei non potesse stare senza di me, senza sentirmi, ma la mia scarsa autostima presto mi convinceva di star pensando un'altra delle mie stronzate.

«Quando ci vediamo?» mi scrisse, facendomi accigliare.

«Vederci?» risposi.

«Sì, due amiche non possono vedersi?»

Giusto, amiche. Sospirai prima di risponderle.

«Certo, puoi venire a stare da me quando vuoi.» abitava in un paesino in provincia, se dovevamo vederci eravamo sempre costrette a fermarci almeno una notte.

«Il 9 sono tua.»

Mia.

Diceva che sarebbe stata mia. Qui, nel mio letto. Avrei avuto l'occasione di guardarla dormire, di passare del tempo con lei passeggiando o giocando ai nostri amati videogames. Sarebbe stata mia, come ai vecchi tempi, ma solo per quei pochi giorni.

Quella mattina mi svegliai quasi subito e la sveglia ringraziò di non essersi sgolata come al solito per farmelo fare. Mi vestii e lavai molto velocemente tanto da sorprendere mia madre nel vedermi fare colazione ancor prima che lei si facesse il caffè. Ero ansiosa di veder passare le cinque ore a scuola e correre alla solita gelateria dove io e Liz ci davamo appuntamento da sempre.

Per tutta la giornata a scuola cercai di tenere per me quello che sarebbe successo da lì a poco, persino Meredith non ne era a conoscenza. Il mio segreto non durò a lungo quando (spero per caso), Vanessa, vide la nostra conversazione sul display del mio cellulare.

Vanessa ha sempre avuto un debole per me, così come un motivato astio totale per Liz. Ho sempre pensato, però, che lei si sia sempre lasciata influenzare dalla mia sessualità. Ho sempre creduto che il fatto che stessi con una ragazza l'abbia portata, fino alla fine, a guardarmi in modo diverso.

Fortunatamente, pur provandoci, non riuscì a strapparmi il cellulare di mano, ma non mi risparmiò una delle sue scenate, come se non stesse già dando spettacolo per il modo in cui voleva sbirciare sullo schermo.

«Dovete vedervi?! Ti prende in giro?!» qualcosa mi porta a pensare che riuscì a leggere qualche riga.

Buttai gli occhi al cielo e cercai di mantenere la calma.

«Due amiche non possono vedersi?» Rammentai le parole di Liz.

«Tu la ami ancora, Allison. Non puoi vederla!» mi bruciò con lo sguardo.

Restai in silenzio, cercando di mantenere il più a lungo possibile la pazienza. Odio essere al centro dell'attenzione, il suo urlare il mio nome non mi era affatto di aiuto.

«È assurdo. Non aspettarti di vedermi più. Non voglio vederti più!» stava davvero esagerando. Reagiva come se fossimo fidanzate da anni ed avesse scoperto un tradimento.

«Vanessa, devo solo vedermici. Cosa diamine vuoi da me?! Posso scegliere io cosa fare o no?!»

Per troppo tempo ho sopportato le sue insensate pretese di attenzioni. Non era giusto reputarsi mia amica e trattarmi come un cagnolino al guinzaglio. Con quelle parole la misi a tacere per il resto della giornata, dando probabilmente inizio ad una serie di seghe mentali che non l'avrebbero fatta dormire o mangiare (a detta sua).

Alla fine delle lezioni abbandonai in fretta la classe e finalmente andai verso la gelateria; era dalla parte opposta alla strada che solitamente facevo per tornare a casa, ma non mi è mai importato.

Arrivò con passo abbastanza svelto e dall'altra parte del marciapiede la vedevo cercarmi con lo sguardo.

Aveva una t-shirt nera, forse di qualche taglia in più, con sopra la stampa del suo gruppo musicale preferito, i pantaloncini di jeans e le sue amate e vecchiotte Vans ai piedi.

Quando, nel cercarmi, si girò verso sinistra notai che si era tagliata i capelli rasandoli ai lati portandoli più corti del suo solito. Dentro di me avvampai; era ancora più attraente.

Deglutii e le feci cenno da lontano. Mi venne incontro sorridendomi e ci salutammo con uno strano abbraccio. Subito dopo, quasi automaticamente, iniziammo a camminare verso la fermata dell'autobus che ci avrebbe portate a casa mia; durante questo tragitto provavo costantemente a non leccarmi le labbra quando il mio sguardo incontrava le sue, ma la cosa era del tutto inutile. 

I given up.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora