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Con Balthazar alla tenuta, la routine di Allison cambiò completamente pur rimanendo, sostanzialmente, la stessa. Stava ancora molte ore a riposo, spossata dal suo stesso stare sdraiata, priva di energia e piena del cibo che ingozzava per tutte le strane voglie che sembravano venirle. Ma con l'angelo si aggiunsero partite a scacchi, partite a poker – con soldi veri – e assaggi di frutti tropicali che lui volava a prendere sin dove lei desiderasse. E lunghe passeggiate... dentro la tenuta stessa, perché era troppo pericoloso uscire allontanandosi dalla protezione dei sigilli, ma comunque Allison sentiva che quelle camminate le facevano bene.

Balthazar viveva da secoli nella dissolutezza più assoluta e, per questo, aveva migliaia di storie da raccontare. Aneddoti, avventure che rasentavano l'assurdo. A lei piaceva ascoltarlo, le piaceva quella leggera cadenza francese che aveva ereditato dal suo tramite, le piaceva l'allegria con cui i suoi occhi chiari si coloravano quando parlava.

Ogni storia finiva con un brindisi, e visto che lei non poteva bere, lui si scolava entrambi i bicchieri e poi si lasciava cadere seduto accanto a lei e si perdeva per un attimo nei suoi pensieri. Pochi minuti di pausa e poi via con una partita ad un gioco da tavola qualunque, oppure un altro racconto, oppure una fiaba per il pancione.

Dipendeva dalle giornate. Alla villa, tranne lei, tutto era frenetico. Gli Originali continuavano a cercare modi per essere pronti alla battaglia che, sapevano, sarebbe arrivata prima o poi. Freya non metteva il naso fuori di casa da settimana, stava sempre ricurva su quei suoi libri di magia, la sentiva mormorare formule magiche, sospirare quando non davano il risultato sperato.

Allison si sentiva in colpa. I Mikaelson avevano già abbastanza nemici, visto le scie sanguinarie che si erano lasciati dietro nel corso dei secoli... Le sembrava terribilmente scorretto far pesare su di loro anche la sua incolumità. E l'incolumità della vita che le stava crescendo dentro.

Elijah non perdeva occasione di rassicurarla, di dimostrarle quanto la amasse, quanto fosse felice per quella bambina che presto avrebbero stretto. Non accettava neppure un accenno di pessimismo, mentre Allison a volte sentiva di non avere altro da offrirgli, a parte quello.

"Andrà tutto bene" le sussurrava la notte tenendola stretta, sfiorandole la pelle con le labbra, accarezzandole i capelli con la punta delle dita. "Te lo prometto".

Lei sapeva che lui manteneva sempre le sue promesse e la cosa la spaventava: non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno per tenerla al sicuro, non importava se per farlo rischiava la vita.

"Ti amo" era l'unica cosa che lei riusciva a rispondere. Solo quello e nient'altro. E in fondo non credeva ci fosse bisogno di aggiungere altre parole. E solo quando anche lui glielo aveva detto, riusciva ad addormentarsi. Per tre/quattro ore al massimo, ma meglio di niente...

"Ci pensi mai?" chiese a Balthazar, senza rendersi conto di quanto generica fosse la sua domanda. Lo sguardo perplesso del suo amico glielo fece capire. "Al miracolo della vita, intendo" spiegò accarezzandosi il pancione.

"Perché me lo chiedi?"

La cacciatrice scosse il capo: era tipico di chi non voleva rispondere davvero, porgere una domanda piuttosto che dare una risposta. "Quando Gabriel ha visto il mio pancione per poco non si è messo a piangere. Ha iniziato un commovente monologo sul mistero della vita dentro la vita. Io non ci avevo mai davvero riflettuto... capisci cosa voglio dire?"

"Sì, credo di sì."

"Allora?" lo incalzò Allison. "Tu ci pensi mai?"

Balthazar respirò a fondo. "Non lo so" mormorò, "suppongo di non averci mai davvero riflettuto. Come te."

Lei rise. "Incredibile che il più burlone tra gli angeli sia l'unico ad avere una vera e propria opinione sul senso di tutto questo..."

"Beh" il viso dell'angelo tornò sorridente. "Non così incredibile. In fondo Gabriel è l'angelo dell'annunciazione, secondo la vostra Bibbia. Forse è qualcosa che appartiene a lui da sempre, più che a tutti noi."

"Sì, forse" Allison respirò a fondo. "Credi che riusciremo ad uscirne vivi? Sii sincero."

"Credo che ce la faremo."

"Davvero? Perché a me sembra piuttosto impossibile."

"Avresti mai pensato di innamorarti di un vampiro? Proprio tu che hai fatto della caccia ai vampiri il tuo tratto personale più importante? E avresti mai pensato di aspettare un bambino da quel vampiro?"

"No" scosse il capo lei. "Suppongo che ora mi dirai che dunque nulla è impossibile."

"Ti dirò che tutto può succedere. Perché mi piace di più come suona, ha un che di ottimistico."

Allison sorrise. "Non ho paura di morire, sono già sopravvissuta più di quanto pensavo avrei fatto, con questa vita che conduco..." abbassò gli occhi sul suo ventre tondo, le sembrò così grande. La sua Adele... "Ma lei, lei non ha scelto di essere qui, ce l'abbiamo portata noi. E sì, il mondo fa schifo e c'è crudeltà e vigliaccheria, ed è marcio... ma c'è anche tanto di meraviglioso da vedere, da vivere. Ogni avvenimento, ogni situazione, ti insegnano qualcosa. Io voglio che lei viva, che respiri ogni cosa di questo mondo, il bello e il brutto. Perché se lo farà, vorrà dire che starà vivendo davvero fino in fondo."

Balthazar le asciugò la guancia da una lacrima che era rotolata giù. "Parli come tua madre parlava quando aspettava te."

"Mia madre? La conoscevi?"

"L'ho incontrata" raccontò lui. "Molti anni fa. Il mio tramite era un uomo molto tranquillo, prima di me" ridacchiò. "Un filantropo, e partecipava spesso a galà e cene di beneficienza, sempre pronto a fare una donazione. All'inizio, quando mi lasciò entrare, tentai di tenere un profilo basso e dunque partecipai a tutte le cose a cui lui avrebbe partecipato. Feci donazioni, strinsi mani, sorrisi a tanta gente, per mantenere la copertura. Ad una di queste cene incontrai tua madre. A dire il vero, cercai di rimorchiarla."

"Che cosa?" Allison spalancò la bocca.

"Ero ubriaco" si difese lui, "mi annoiavo a morte. E non avevo visto che era incinta. Ad ogni modo, ci ritrovammo in una di quelle situazioni in cui uno dei due inizia a raccontare tante cose all'altro, cose personali anche. Perché è sempre più facile parlare con un estraneo, del cui giudizio ti importa nulla. Mi disse che la sua gravidanza era piuttosto impegnativa, nominò un qualche disturbo che aveva minacciato la vita della sua bambina già una volta. Concluse dicendomi qualcosa riguardo al mondo e a che posto terribile stesse diventato e io dissi qualcosa di veramente stupido. Non ricordo precisamente cosa" riprese fiato. "Ricordo però che mi guardò come nessuno mi aveva mai guardato prima, con tristezza. Pensai che fosse triste per via dei problemi della gravidanza, per la paura che provava, ma lei precisò che era triste per me, perché le sembrava che davvero non sapessi apprezzare la vita come dovevo. Mia figlia nascerà! disse sicura, e sarà bella e forte. Conoscerà ogni cosa del mondo e sarà inarrestabile. Guardati ora, non si sbagliava affatto."

"Le mamme sanno sempre tutto" mormorò Allison.

"Sì, è così. Se tu credi che ce la faremo, allora non importa cosa credo io... ce la faremo."

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Ore dopo, mentre lei ed Elijah bevevano una tazza di tè e Balthazar beveva un bourbon suonando al pianoforte, scoppiò un temporale. Si levò un vento talmente forte che le imposte delle finestre vibrarono e finirono per sbattere con talmente tanta violenza che per poco i vetri non si frantumarono. Nella casa calò una strana sensazione, una sorta di silenzio che non sembrava presagire nulla di buono.

"Che succede?" chiese Freya, i suoi occhi puntati sull'angelo.

Balthazar guardò Allison, ma non si preoccupò di nascondere la sua irrequietezza, e lei capì che era l'inizio. L'inizio della battaglia, l'inizio di una potenziale fine. Provò ad alzarsi, ma sentì dolore, un lamento le uscì di bocca attirando l'attenzione di tutti. Dalle sue gambe iniziò a calare del liquido, e un momento che avrebbe dovuto essere di gioia si trasformò in panico totale.

Guardò Elijah, poi Freya, infine guardò in terra. "Oh no" sussurrò, mentre Gabriel faceva la sua comparsa.

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