08. Natale messinese

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Alberto

È notte fonda ed io non riesco a dormire. Le sue parole mi hanno attraversato come una lama, lacerandomi dentro. Si stava fidando di me poco a poco, abbattendo tutti quei muri che aveva costruito pur di non soffrire. Sto iniziando a capire chi è Tish, a scoprirla in ogni suo aspetto ed in ogni sua sfumatura. Mi dimostra sempre un lato diverso del suo carattere, qualcosa che prima non avevo notato.

Sa essere una ragazza dolce, pura e fragile, quando vuole, e sono felice che lo faccia soltanto con me. Mi fa sentire unico e speciale. Lei è come un uragano che ti travolge nel suo mondo, ma che ti prende talmente tanto da non volere che finisca.

Sono fortunato ad averla incontrata, non posso farne a meno ormai. Non voglio che se ne vada, non voglio che esca dalla mia vita ma, soprattutto, non voglio perderla per niente al mondo. Voglio proteggerla da tutto il male, da tutte quelle persone che la disprezzano senza motivo. Non ha un carattere facile, ma mi piacciono le sfide e, a costo di impegnarci mesi, riuscirò a darle le sicurezze che merita.

Sento bussare lievemente alla porta e sussulto. Controllo l'ora sul telefono e mi acciglio, perché è notte fonda ed io non sto aspettando nessuno. Decido ad alzarmi, per evitare che Jefeo e Daniel si sveglino. Vado ad aprire e mi trovo davanti due occhi di ghiaccio, che rinoscerei tra mille. Sono soltanto i suoi.

«Ciao, stellina.» Sussurro e la vedo mordersi il labbro inferiore, poi mi sorride dolcemente.

«Ti ho svegliato?» Scuoto la testa vivacemente, ridendo.

È così tenera.

«Vieni, entra.» Le afferro la mano e la faccio accomodare in stanza. «Neanche tu riesci a dormire, vero?»

«No, ma mi annoiavo ed ho pensato di passare da te.» Si giustifica, mordendosi il labbro inferiore.

«Tranquilla.» Mi siedo sul letto e mi imita. «Vuoi dormire qui?» Sgrana gli occhi.

«Non credo sia il caso.» Indica i miei coinquilini, ma io sollevo le spalle.

«Stanno dormendo e, fidati, non si accorgeranno della tua presenza domani mattina.» Rispondo, cercando di convincerla.

«Va bene.» Pronuncia, guardandomi. «Domani a che ora parti?» Mi chiede curiosa.

Tra pochi giorni è Natale e la produzione ci ha concesso di passare queste vacanze in famiglia, per le due settimane che seguono. Alcuni sono già a casa, avendo preso l'aereo stamattina. Gli unici ancora in hotel siamo io, Tish e i miei compagni di stanza.

«Il pomeriggio, verso le 14, e tu?»

«Io rimango qui, non festeggio.» Rimango stupito dalle sue parole.

«Ma non è giusto, è un evento importante.» Affermo, voltandomi verso di lei. Di tutta risposta, poggia la testa sulla mia spalla in silenzio.

«Albe, io non ho più una famiglia. Che senso ha?»

«Sappiamo entrambi che ce l'ha, devi solo trovarlo.» Le bacio la fronte. «Adesso, andiamo a riposare. È tardi e ci aspetta un lungo viaggio domani.» Mi scruta stranita.

«Che vuoi dire?»

«Tu verrai a stare da me, non ti lascio da sola.»

«No, Alberto. Non sei costretto.»

«Lo so, ma voglio farlo.» La guardo negli occhi, nonostante la stanza sia buia. «Tish, tu non resterai qui da sola per due settimane. E poi, che faresti? Non avresti nessuno con cui parlare o per lo meno, nessuno che ti faccia compagnia.»

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