5. Mostri e demoni

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Un tocco lento alla porta, seguito da altri due, più brevi e decisi: il segnale concordato.

Severus era ancora ripiegato su se stesso, a terra, la fronte appoggiata sul pavimento di pietra, perso in ricordi d'amore e di dolore; si rialzò di scatto arretrando mentre la pendola batteva due colpi: era già passata quasi un'ora da quando era rientrato nel suo studio lasciando Vivian accasciata a terra nel corridoio, con il Preside che stava sopraggiungendo.

La porta si aprì e Silente entrò. Severus non si curò neppure di rassettarsi l'abito, né di raddrizzare le spalle: era stremato, dopo ciò che aveva dovuto fare alla sua Vivian, e recitare con Albus la parte del mostro senz'anima non aveva alcun senso.

- Come sta? – chiese in un sussurro accorato, il cuore che vibrava nella voce tremante e gli occhi neri che bruciavano di dolore.

- Male, - rispose Silente traendo un lungo sospiro, - come puoi benissimo immaginare dopo il modo in cui l'hai trattata.

Severus abbassò il capo mentre qualcosa simile a un gemito sfuggì dalle sottili labbra serrate.

- Ho cercato di consolarla, le ho fatto bere un cordiale e l'ho affidata alle cure di Dobby con l'incarico di riaccompagnarla a casa sua, a Londra, e di restare con lei finché non si fosse ripresa. – spiegò il vecchio mago in un solo, rapido soffio, mentre scuoteva il capo osservando l'altro che era tornato a guardarlo, gli occhi neri spalancati, pieni di amare lacrime trattenute.

- Vivian ti ama, ancora e sempre, nonostante il male che le hai fatto stanotte.

Severus scosse il capo, impotente, il dolore inciso in ogni linea del pallido volto:

- Lo so, ma non potevo fare altro, – disse in un sofferto sussurro, - dovevo riuscire ad allontanarla da me, dal mostro che sono tornato a essere.

La voce del mago si fece acuta, quasi stridula, gli occhi velati di lacrime ostinatamente trattenute:

- Vivian è tutta la mia vita... non posso rischiare di farle del male.

Silente si avvicinò, turbato dalla lancinante sofferenza che permeava le parole del mago:

- Te l'ho già detto, Severus: io ho completa fiducia in te e sono certo che non le faresti mai del male, - affermò ponendogli una mano sulla spalla, - anche se fosse al tuo fianco proprio mentre il Marchio brucia e nonostante il cocente stimolo della tremenda arsura che ti tormenta. Il tuo amore per lei, - terminò sorridendo pacato, - sarà baluardo impervio anche al più implacabile desiderio.

Severus lo fissò, un'infinita, amara e rassegnata tristezza negli occhi neri, dove le lacrime erano in procinto di tracimare dall'argine delle ciglia:

- Non è solo per questo. - mormorò, un tremito nella voce che si mutava in un roco gemito, - Se Vivian sapesse chi sono io, veramente, fuggirebbe inorridita da me e la perderei per sempre!

E la lacrima scese, gonfia di angoscia e di paura, a rigare il volto di un uomo che sapeva d'essere condannato a diventare un mostro.

Silente sospirò piano:

- Io non sono fuggito, io sono ancora qui, al tuo fianco, ragazzo mio.

Severus scosse il capo, cupo:

- Per te è diverso... tu già sapevi. – mormorò, una vena d'antica incredulità ancora nella voce, - Non so come hai potuto farlo, ma mi hai accettato, anche con la mia dannazione: mi hai aiutato e mi hai dato una seconda possibilità.

- Tu non sei un mostro, Severus, - ribatté Albus stringendogli la spalla con la mano, - è Voldemort il demone che ti ha ridotto in questo stato tramite quell'oscuro sortilegio.

Implacabile desiderio (seguito di "Incubo di sangue")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora