12. Rossa rosa ribelle

57 3 0
                                    

Vivian non riusciva a dormire: erano tre notti che Severus mancava dal castello, dalla sera in cui il Marchio aveva bruciato nel richiamo di Voldemort ed era andato via di corsa, senza quasi salutarla. Era molto preoccupata per ciò che avrebbe dovuto affrontare tra i Mangiamorte: i racconti di quanto accaduto durante l'estate erano stati raccapriccianti e il pensiero che l'uomo che amava fosse di nuovo alla mercé di quei tremendi avvenimenti la torturava incessantemente.

Era alla finestra, gli occhi gonfi di lacrime di paura e tensione a fatica trattenute, quando aveva notato l'ombra nera scivolare veloce sul prato inondato dall'argentea luce della luna: era uscito dalla capanna di Hagrid e stava tornando al castello, mentre la grossa mole del guardiacaccia arrancava dietro di lui, rallentata da qualcosa di ingombrante che teneva con estrema cura tra le braccia, evitando di farle subire contraccolpi. Vivian aveva afferrato la vestaglia e si era precipitata fuori, dirigendosi al lungo corridoio che terminava davanti agli alloggi del mago.

Lo vide spuntare dall'angolo buio in fondo e uscire lento dalle tenebre, ombra nera che vi si confondeva, non fosse stato per il bianco pallore del viso. La prima torcia lo illuminò e Vivian lo vide quasi trascinarsi, esausto, il mantello pesante, forse bagnato, che strisciava lento a terra. L'ombra lo catturò di nuovo: Severus ne fu avvolto e le parve quasi dissolversi; la maga sentì il cuore stringersi, le gambe di piombo che non rispondevano ai suoi comandi.

La successiva torcia illuminò il lento cammino del mago, il volto stanco e gli abiti bagnati in modo evidente, anche se era stata una splendida e tersa notte di luna. Mentre Severus quasi spariva per poche frazioni di secondo, ancora ingoiato dal denso cono d'ombra tra le torce, Vivian fu assalita da un tremendo sospetto: se non era la pioggia che aveva bagnato la sua veste, poteva forse essere... Ripudiò l'agghiacciante pensiero, il cuore a batterle all'impazzata.

Di nuovo la torcia ondeggiante a illuminare il mago, le mani sporche di sangue abbandonate inermi lungo il corpo: il volto, pallidissimo e sfinito, emergeva dalle tenebre, l'inferno a bruciare nei disperati occhi neri e lacrime purpuree sulle guance scavate.

Vivian chiuse gli occhi di scatto, inorridita, il cuore che sembrava essersi fermato: non voleva vedere il sangue, non quello che gli macchiava le labbra.

Riaprì gli occhi e lo vide barcollare e appoggiarsi alla parete: Severus doveva aver visto l'orrore nel suo sguardo e non aveva più il coraggio di avvicinarsi. Come poteva essere stata così stupida?

Era solo una piccola goccia, uno schizzo minuto, e certo non poteva avere il significato che, per un istante tremendo, la sua mente le aveva attribuito. Anzi, magari il mago neppure sapeva che fosse lì. No, lo sapeva, lo sapeva bene: l'odore certo non poteva sfuggirgli, non a lui. Ma perché non si era pulito, allora?

Notò la mano appoggiata al muro, le dita sottili sporche di sangue e la scia rossa lasciata dal mantello sulla pietra del pavimento.

Come poteva pulirsi il viso, se il resto era ancora più sporco?

Vivian si vergognò terribilmente e riuscì infine a corrergli incontro, mentre l'oscurità ancora lo inghiottiva:

- Severus! – esclamò stringendolo forte tra le braccia, per poi trascinarlo nello studio, il mago che si lasciava guidare come un bambino, la casacca completamente imbevuta di sangue sul petto, il cui odore, fortissimo, la nauseava.

Provò diversi incantesimi di pulizia, ma quella puzza rivoltante non se ne andava, era impregnata nei suoi abiti.

- Il tuo filtro, quello che maschera l'odore del sangue, dov'è?

Severus scosse la testa senza parlare.

- Per favore, amore, è un tanfo insopportabile! – gemette Vivian portandosi la mano a coprire il naso. Il pensiero che il mago potesse trovarlo, invece, piacevole, e magari esserne inebriato, era inquietante.

Implacabile desiderio (seguito di "Incubo di sangue")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora