La luna brillava gelida nel cielo nero, con una macabra sfumatura rossastra che sembrava annunciare al mago che anche quella notte il sangue sarebbe tornato a scorrere, accendendo la sua sete e sfidando ancora la sua ostinata volontà.
Le fiamme ardevano alte nel cerchio bestiale, proiettando minuti lapilli infuocati nelle tenebre, a bruciare la speranza e la vita, mentre cupe ombre guizzanti disegnavano ancora una volta la brutale realtà.
Risate sguaiate s'intrecciavano con urla di terrore e di dolore, alcune ancora forti, aggrappate alla vita, altre ormai flebili, rassegnate a morire. Se avesse respirato a fondo, avrebbe percepito forte il sentore dolciastro del sangue: ma da tempo aveva imparato a non farlo e il suo respiro rimaneva sempre cautamente contratto.
Piton sapeva quale sarebbe stata la sua sorte: Voldemort gli avrebbe "concesso" come premio di raccogliere una delle povere vittime, ormai agonizzanti, ricoperte di sangue, e di portarsela via, come un animale con la preda, per privarla d'ogni residuo di linfa vitale.
Socchiuse gli occhi e sospirò: le vacanze di Natale erano arrivate per tutti, ma non per lui. Quel Natale sarebbe stato peggiore d'ogni altro precedente, ne era certo, mentre il ricordo dello stupendo periodo passato con Vivian, proprio un anno prima, si faceva sbiadito, come le stelle del sogno notturno che svaniscono alle prime luci del giorno.
Ma l'alba di quella notte insanguinata era ancora lontana, troppo lontana perché potesse aggrapparsi alla speranza che tutto finisse presto.
Il mago era arrivato tardi, quando il divertimento dei suoi compagni era all'apice, come sempre procurava di fare. Non avrebbe potuto essere d'aiuto per quei poveri esseri innocenti: avrebbe solo dovuto assistere impotente alle torture, fremere di schifosa brama all'odore del sangue e ascoltare le strazianti implorazioni che, solo, davano il via allo scroscio irriverente delle odiose risate dei Mangiamorte, sempre temendo che qualcuno lo coinvolgesse più direttamente nel perverso svago.
Del resto, Voldemort stesso gli offriva la scusa per il ritardo: al mago, come esperto pozionista, spettavano gli interrogatori dei prigionieri che, a vario titolo, potevano avere informazioni utili per chi ancora riteneva d'essere il suo padrone. L'Oscuro credeva di averlo punito atrocemente affidandogli di nuovo quell'incarico, come nei primi mesi dopo il suo ritorno, che lo teneva lontano dal sangue che scorreva abbondante nel cerchio per l'empio divertimento dei Mangiamorte. Gli aveva altresì intimato l'assoluta proibizione di ferire i prigionieri o di farli in alcun modo sanguinare: a prezzo di un penoso sforzo, Piton era infatti riuscito a dargli l'impressione che, nelle oscure segrete della fortezza del Signore delle tenebre, il suo atavico istinto avrebbe cercato in ogni modo una soddisfazione; con perfida crudeltà, prevista e manovrata con oculata cura da Severus, Voldemort gli aveva così negato ogni minimo appagamento, senza neppure lontanamente immaginare quale sollievo invece rappresentasse per il mago.
Purtroppo, però, i prigionieri gli erano spesso portati già in penose condizioni, pesti e sanguinanti: in quei casi era felicemente obbligato a prestar loro soccorso, curando le ferite e ripulendole, mentre gli altri sorveglianti ghignavano alle sue spalle, deridendolo volgarmente con false offerte di sangue. Piton non si curava di loro e, con il respiro a lungo trattenuto, lavorava alacremente per lenire al più presto le sofferenze, valutando con occhio attento le effettive condizioni di salute ed elargendo, con un cupo sospiro, preziose gocce di pietosa morte quando si rendeva conto che non c'erano altre possibilità. Quindi inscenava la sua recita, inveendo ad alta voce contro la stupida brutalità di chi aveva causato la morte dei prigionieri: la minaccia di riportare le loro responsabilità all'Oscuro Signore riduceva sempre i suoi compari a un pavido e immediato silenzio.
Quando, invece, il tempo dell'interrogatorio si prolungava troppo e i prigionieri resistevano al dolore delle Cruciatus grazie alle pozioni che il mago stesso, quali falsi sieri della verità, era riuscito a somministrare loro, gli altri aguzzini cominciavano ad agitarsi, vogliosi solo di gustarsi il depravato divertimento che si svolgeva poco lontano nel cerchio. Se, infine, cedevano al perverso richiamo, Piton rimaneva solo e riusciva così ad aiutare quei poveri esseri, qualche volta anche facendoli fuggire o, al più, mettendo pietosamente fine alle loro sofferenze.
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Implacabile desiderio (seguito di "Incubo di sangue")
FanficDall'abisso di un incubo di sangue, tra tormento ed estasi, un sentiero d'implacabile desiderio conduce a un'inaspettata realtà. Si tratta del seguito di "Incubo di sangue".