Erica non se la sentiva di tornare nel b&b di Finn, innanzitutto perché aveva la sensazione di approfittare della sua gentilezza, e in secondo luogo, non voleva disturbarlo durante i preparativi di un giorno così importante. Decise quindi di prenotare una camera in un albergo non lontano dal centro di Cong. Sarebbe rimasta solamente tre notti, ma per nulla al mondo si sarebbe persa quel matrimonio. In fondo, pensò, in parte era anche merito suo, era stata lei a presentarli. Era felice, di essersi resa utile in qualche modo, e di aver, seppure inconsapevolmente, contribuito a qualcosa di così romantico. Dovette occupare un paio di pomeriggi, alla ricerca del vestito perfetto per l'occasione. Alla fine optò per un tubino lungo fino al ginocchio, scollato leggermente sulla schiena e color carta da zucchero. Essendo ricamato con perline bianche, acquistò pochette e scarpe in tinta con la decorazione.
La camera del piccolo albergo dove si trovava era molto meno accogliente del previsto. Il riscaldamento era stato acceso solo il minimo indispensabile per spezzare l'aria gelida, e l'aspetto nel complesso era decadente e trascurato. Arrivò alla reception intorno alle otto di un venerdì sera, mollò il bagaglio a mano e non esitò a raggiungere il pub di Brian per cenare. Le mancava da morire il pesce fritto con la salsa tartara, l'atmosfera calda e il caminetto sempre acceso. Mentre camminava velocemente si accorse che il vento in quella stagione iniziava a penetrare nelle ossa. Fortunatamente si era attrezzata, portando con sè una giacca a vento molto spessa con cappuccio. Quella sera era perfetta. Fu lieta di scoprire che l'esterno del locale, senza turisti, non presentava mozziconi di sigarette e lattine di birra da raccogliere, lasciate dalla gente, troppo intenta a divertirsi. Anche all'interno, regnava un insolito silenzio, per essere venerdì sera. Quando Brian la vide, seduta su uno sgabello di legno al bancone, si illuminò in viso. Sapeva del suo ritorno, Finn gli aveva raccontato di aver mandato un invito per il matrimonio, ma non era certo che lei avrebbe accettato di partecipare. In parte era stato lui stesso a convincere lo zio a scriverle. Ma questo lei non lo doveva sapere. Erica, da parte sua, era indecisa se considerarlo un segno del destino oppure una semplice coincidenza, che la vita l'avesse nuovamente portata in quel luogo, di fronte a Brian.
Quella sera mangiarono insieme, mentre il pub era completamente deserto. Il ragazzo le raccontò dell'avvenimento della settimana. La vedova Connell era morta da pochi giorni. Erica ci mise qualche istante a collegare il nome a una delle persone conosciute più di tre mesi prima. Fino a quando finalmente si ricordò della proprietaria del negozio di alimentari. Si trattava proprio di lei, ne era certa. «Dalle nostre parti si usa bere qualcosa alla salute del defunto, durante la veglia. Mio zio si trova dalla famiglia, ora. Con una bottiglia di whiskey. Suppongo che lo vedrai direttamente alla festa domani». Brian spillò una birra per sé. «Non conoscevo quest'usanza». La ragazza la trovava decisamente strana. «Dipende dal fatto che noi crediamo che i morti debbano essere festeggiati. Vogliamo ricordare la loro personalità, anche gli aneddoti buffi. È un modo come un altro per esorcizzare la morte». Si alzò a buttare della torba sul fuoco quasi spento. Erica si sentiva molto stanca dal viaggio, ma non voleva perdere quell'occasione di passare del tempo da sola con lui, così si stropicciò gli occhi sbadigliando e cercò di resistere al sonno che lentamente si stava impossessando di lei. Passarono ancora circa un'ora, a chiacchierare del più e del meno, come se fossero passati pochi giorni dall'ultimo loro incontro. Brian l'accompagnò, con la sua due cavalli, in albergo dove Erica si addormentò distrutta subito dopo aver appoggiato la testa sul cuscino. La mattina seguente fece una lunga passeggiata. Nel parco, le foglie cadute dagli alberi giacevano a terra, raggrinzite ma vivide nei loro colori autunnali. La corrente dell'acqua in quella stagione faceva salire un freddo pungente nell'aria, dando una sensazione di leggera umidità. Osservò i cambiamenti avvenuti nel villaggio in un quarto di anno. Il negozio di alimentari era momentaneamente chiuso, dopo la recente disgrazia. Le vie erano silenziose, senza il via vai degli stranieri. Alcune delle attività, scoprì, erano aperte solamente in estate, mentre le botteghe principali rimanevano disponibili per gli abitanti del paese. Nel giardino della casa di Grace, trovò il cartello di una agenzia immobiliare. Quella meravigliosa villa era in vendita. Probabilmente si era trasferita definitivamente dall'America in casa di Finn, pensando di liquidare quella proprietà ingombrante. Per quanto fosse molto più piccolo e umile, il cottage sul fiume era romantico e suggestivo, perfetto per una coppia di sposi non più giovani. Grace avrebbe potuto curare le rose rampicanti, aiutare Finn nella gestione del bed and breakfast, e sarebbero stati felici, Erica ne era certa. Troppi anni di solitudine avevano accompagnato entrambi. La ragazza tornò in albergo per prepararsi, finalmente, all'evento imminente. Si era attrezzata con una piastra per capelli, che l'aiutò a rendere i suoi capelli color castagna setosi e lucenti. Li lasciò sciolti, si mise uno strato impalpabile di ombretto bianco e un rossetto color carne e fu pronta per la cerimonia. Aveva letto su internet che in Irlanda era comune utilizzare il simbolo delle campane, sia come regalo che per adornare i tavoli degli sposi, e che a quanto pare serviva per tenere lontana la sfortuna. Erica aveva acquistato una coppia di campane di cristallo, unite da un fiocco d'oro bianco, pensando di contribuire così nell'augurio di una vita insieme ricca di fortuna. L'idea di incontrare Brian in una circostanza così particolare la rendeva terribilmente ansiosa. Quando arrivò all'indirizzo segnato sull'invito, la ragazza si aspettava di raggiungere una piccola chiesetta semplice, dove celebrare un classico matrimonio vecchio stile. Non poteva immaginare che la cerimonia si sarebbe svolta all'interno di un prato. Il cielo era pieno di nubi grigie, ma il tempo sembrava reggere perfettamente, per un'insolita fortuna. Un piccolo tavolino con nastri colorati intrecciati era stato adagiato all'interno di un piccolo cerchio di pietre. Quando scese dal taxi, rischiò di inciampare su una pietra appuntita incastrata nel fango. A quanto pareva, erano una decina di invitati, tra cui lei, Brian, alcuni vecchietti del pub che aveva intravisto un paio di volte e due signore sulla cinquantina, chiaramente straniere, che, indovinò, dovevano essere amiche della sposa.
Quando vide arrivare Grace, vestita di verde acqua, notò che aveva incorporato nel bouquet di rose rosse un piccolo ferro di cavallo argentato. Quello che sembrava essere un officiante esterno iniziò a sistemare alcuni oggetti sul tavolino adibito per il rito. Quando tutto iniziò, l'uomo ringraziò i partecipanti, visibili e non, per aver accettato di partecipare all'evento. Poi farneticò qualcosa che le suonò incomprensibile. L'uomo in seguito unì le loro mani con una corda, e suonò una piccola campana, mentre i due sposi si scambiavano la promessa di fedeltà e amore. Fecero un breve inno a una divinità chiamata Brigid, e versarono qualcosa da un corno animale a terra. «È idromele» disse Brian guardandola divertito». Erica doveva avere un'aria confusa. Non aveva mai visto una cerimonia simile. Di cosa si trattava? Il ragazzo le spiegò che era un matrimonio celtico tradizionale. Una scelta di Grace, che non era cattolica. La ragazza a pensarci bene non trovava affatto insolito che quella donna avesse scelto un rito così eccentrico. Era nel suo stile. Rimase altrettanto stupita di ritrovarsi il rinfresco, se così si poteva definire, all'interno del pub di Brian. Qualcuno era stato relegato in cucina a preparare stufato alla birra per tutti, mentre in centro del locale un enorme torta bianca glassata aspettava di essere affettata dalla coppia. Quando l'assaggiò, a fine serata, non poté non notare che aveva un retrogusto alcolico. «È una torta di frutta al whiskey» disse Brian dandole un'altra fetta.
«Ti aspettavi un matrimonio diverso, vero?» la ragazza, con le scarpe sporche di terra e i capelli ormai ammorbiditi dall'umidità, decise di essere sincera. «Se avessi saputo, mi sarei presentata in felpa». Entrambi risero divertiti.
La serata trascorse spensierata tra musiche e danze. Erica a piedi nudi ballò qualche pezzo, dividendosi tra Brian e Finn. Quando tornò in albergo, salendo sul taxi prenotato per gli ospiti della serata, riusciva a malapena a camminare. Una vescica si era formata sul suo tallone, per colpa delle scarpe nuove. La mattina seguente, un messaggio lasciato alla reception da Brian diceva di farsi trovare pronta per il primo pomeriggio. Evidentemente aveva in mente di portarla da qualche parte. Erica mangiò del pane tostato con un uovo strapazzato e rimase in camera a riposarsi, ancora stanca dalla nottata precedente. Dalla finestra della sua stanza poteva vedere il piccolo spiazzo di ghiaia dell'albergo, così ne approfittò per rimanere distesa fino a quando non vide parcheggiare la due cavalli. Brian aveva un'aria misteriosa, quando la salutò facendola salire in macchina.
«Ho pensato più volte a dove saremmo potuti andare per passare del tempo insieme. E poi mi sono ricordato di un posto veramente speciale» spiegò mentre guidava sulla strada principale. Dopo un paio di ore di viaggio, Erica vide la natura circostante cambiare nettamente. Le colline si riempirono di roccia grigia, trasformando il paesaggio in un deserto lunare. Non aveva mai visto nulla di simile prima di allora, le sembrava di essere sul set di un film fantascientifico. «Guarda quel piccolo laghetto, lo vedi?» il ragazzo puntò una zona di prato non molto lontana da loro «Si chiama "turlough". Quando piove si formano dei laghi, che in primavera, quando il tempo migliora, spariscono». Non aveva mai sentito di laghi che spariscono nel nulla, e fu indecisa se credergli o se sentirsi presa in giro. Brian spense la macchina e l'accompagnò in quello che sembrava un gruppo di cottage completamente ristrutturati. Un cartello invitava le persone a entrare. Erica notò che si trattava di un negozio, all'interno di una proprietà dall'aria decisamente provenzale. Era un laboratorio che creava prodotti cosmetici con i fiori del proprio giardino. La ragazza si sentì come una bambina alle giostre. Si inebriò dei profumi di lavanda, limone e rosmarino, curiosò tra gli scaffali, leggendo ingredienti e caratteristiche. Decise di comprare una candela all'arancia, come souvenir da portare a casa. Qualche tempo dopo, si fermarono in riva al mare, in una baia isolata, dove si trovava un pub a ridosso di un piccolo porticciolo con reti da pesca colorate e sporche di alghe fresche. Un cameriere stava apparecchiando per la sera, ed Erica poté notare che un tavolo era già pronto, riservato per due persone. «Hai pensato proprio a tutto...» disse meravigliata. «È qualche tempo che non vengo qui, ma è il posto migliore in assoluto dove mangiare il pesce. Sono certo che ti piacerà» il ragazzo le sorrise, aiutandola ad accomodarsi. Ordinarono aragosta con una bottiglia di vino bianco, e chiacchierarono a lungo. Il suo ritorno in Irlanda aveva evidentemente creato scompiglio a entrambi. Il desiderio di avere una relazione continuava a scontrarsi con la dura realtà dei fatti. I sentimenti di Erica, dopo quei mesi in cui erano stati lontani, erano diventati chiari ed evidenti. Aveva passato tutta l'estate a pensare a Brian, rendendosi conto che nessuno l'avrebbe mai potuto sostituire. Si era innamorata di lui, e soltanto lui voleva. Complice il vino, e quel giorno speciale, la ragazza si sentì pronta per rivelargli che, se lui avesse voluto, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ma decise di tornare in albergo, e chiedergli solo di salire, per farle compagnia. Non aveva calcolato di passare la notte con Brian, e nemmeno che avvicinare i loro corpi per l'immancabile passo successivo, l'avrebbe portata dritta verso una strada senza ritorno. Quando il sole penetrò dalla finestra, risvegliandoli da una lunga notte, la valigia aperta sulla poltrona della camera ricordò alla ragazza la sua partenza imminente. Entro poche ore avrebbe lasciato nuovamente l'isola, ancora una volta. «Brian, dobbiamo parlare» gli disse sistemando gli effetti personali per lasciare l'albergo. Il ragazzo era improvvisamente silenzioso, e il suo sguardo era rivolto insistentemente verso il basso. Erica si ritrovò a chiedere, preoccupata, che cosa ci fosse che non andava. «Stai per andartene, un'altra volta. E per sempre. Vorrei che fossimo in una situazione diversa». Era sinceramente affranto, il suo tono era desolato. «Potrei rimanere, se tu lo volessi» la ragazza svelò tutte le sue intenzioni in una semplice frase, sperando di farlo felice. La reazione di Brian fu alquanto inaspettata. Andò alla finestra. Il suo viso tradiva l'indecisione da cui era rapito. A un certo punto, le si avvicinò. «Devo assolutamente fare una cosa» Brian le prese la mano. Erica non capiva che cosa volesse fare con quel gesto. Fino a quando lui non le sfilò l'anello, per girarlo con il cuore rivolto verso il polso. Allora comprese che, quel giorno, Brian le stava dicendo che ora si appartenevano, per sempre. Tremando dall'emozione, e con il cuore che batteva all'impazzata, la ragazza lo abbracciò. «Che cosa faremo ora?» Erica era sinceramente confusa. «Ci sposiamo, se tu lo vuoi». Il ragazzo la baciò appassionatamente.

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Amore in Irlanda
ChickLitConoscete il mal d'Irlanda? È la nostalgia di una terra piena di leggende e colori, di un'isola dove la gente suona nei pub antiche ballate tradizionali, con l'allegria nel cuore. È il desiderio di tornare in quel luogo incantato dove nascono storie...