Eagle House

980 59 2
                                    



Decise di partire con la persona che con più probabilità era informata su ogni pettegolezzo possibile: la proprietaria del negozio di alimentari. Acquistò un pane allo zenzero dolce e una bottiglia di acqua naturale, cercando il momento perfetto per parlarle. La donna la scrutò curiosa, era ormai qualche giorno che la vedeva nei dintorni, e la sua figura doveva essere fonte di chiacchiere nella comunità, nessuno sapeva effettivamente chi fosse e perché indagasse sulla sparizione di Flora a distanza di così tanti anni. Decise che proprio quell'argomento sarebbe stato l'aggancio giusto. «Forse ha trovato un po' insolito che le abbia chiesto cosa ne pensava della scomparsa di Flora, l'altro giorno. Volevo solo dirle che, beh, il motivo è che sono sua nipote». La donna si aggiustò gli occhiali dalla montatura a tartaruga e le fece un divertito sorriso. «Sappiamo chi è lei, signorina». La sua risposta sembrava la più ovvia del mondo, almeno dal tono della sua voce, era quello che voleva che Erica recepisse. «Bene, allora non si stupirà per la domanda che sto per farle» contrattaccò «è possibile che mia zia avesse un amante?» era stata chiara e diretta, in questo modo avrebbe scoperto in breve tempo ciò che c'era da sapere a riguardo, sempre se era disposta ad essere sincera. Sembrò titubante, qualcosa la rendeva indecisa sul da farsi, ma alla fine, forse perché era per lei una buona giornata, decise di parlare. «L'italiana aveva un amante, sì». Erica si chiese perché mai appellarla in quel modo, conosceva bene il suo nome. «Così si diceva in paese. Io non so niente di più, e sono passati tanti anni ormai... ma qualcuno, ricordo, disse di averli visti più volte nella libreria, insieme». Improvvisamente sembrava scocciata. Un anziano signore con un bastone da passeggio stava attendendo il suo turno al banco. La donna la congedò frettolosamente, ma ad Erica non fece molta differenza. Se non sapeva altro, i convenevoli non erano così importanti. Aveva ottenuto ciò che le interessava: una base su cui partire. Uscì velocemente dal negozio e raggiunse la libreria. Il sole finalmente aveva fatto capolino dalle nubi, e il vento debole stava spazzando le ultime tracce di grigiore nel cielo. La campana attaccata al soffitto suonò fastidiosamente mentre la ragazza richiuse la porta alle sue spalle. Il proprietario, seduto al computer con aria pacata, alzò lo sguardo, facendole un flebile cenno di saluto. Erica finse di essere interessata alle cartoline in primo piano, e studiò una strategia d'azione. «Mi hanno detto che lei conosceva mia zia, tanto tempo fa» esordì la ragazza mettendo una riproduzione di una barca vichinga sul tavolo. Cercò di descriverla al meglio che poteva, sperando che il libraio avesse una buona memoria. «Mi ricordo di una donna straniera, all'epoca. Avevo aperto da poco. Anzi, a pensarci bene, era la prima estate che passai qua dentro». L'uomo si lisciò i baffi con due dita e si appoggiò allo schienale della sedia reclinabile. «Era molto bella, quello lo ricordo bene. È venuta qui molte volte, amava leggere, comprava soprattutto libri usati. Prima di... insomma, quello che è successo, è venuta un paio di volte con un signore molto alto, americano, se ricordo bene. Erano interessati a un libro che avevo in vetrina, e ci hanno messo un po' prima di decidersi ad acquistarlo. Ci hanno girato intorno una settimana. Forse perché era molto costoso. Ma non chiedermi di cosa parlasse, è passato troppo tempo ormai. I soldi però» finì sghignazzando «me li ricordo bene. Un affare, un vero affare, per un libro usato». Erica pagò la cartolina e lo ringraziò per le informazioni. Fece un' ultima domanda, senza contare su una vera risposta: «Per caso sa dove abitava questo americano?» l'uomo giocò nuovamente con i suoi baffi, fissando il suo sguardo lateralmente sul pavimento. «Non proprio. So solo che era nel parco, accanto al fiume. Una villa protetta da alte siepi. Dicevano che era la sua casa, che era molto ricco. Se ricordo bene, dopo quell'estate, non è più tornato in centro. Ogni tanto dicono di vedere una donna, là dentro. Noi in paese, però, non abbiamo mai visto nessuno». Erica non immaginava di incorrere in un colpo di fortuna così grande. Lo ringraziò per l'aiuto e tornò al b&b. Mangiò un paio di fette di pane dolce allo zenzero, spalmandoci sopra del burro salato, sotto consiglio di Finn, e si preparò ad uscire nuovamente. Voleva trovare la villa, a tutti i costi. Aveva già costeggiato il fiume la settimana precedente, per raggiungere il castello, quindi era piuttosto certa che la proprietà si trovasse nella direzione opposta. Camminò sulla strada principale a senso unico, dando le spalle alle poche macchine di qualche residente al castello che, procedendo quasi a passo d'uomo, raggiungeva i locali in centro. A occhio e croce non sembravano esserci abitazioni nei paraggi. Attraversò un piccolo ponte pedonale e raggiunse una zona boschiva a lei completamente nuova. Un piccolo sentiero di terra battuta mista a ghiaia portava ad un'altra strada principale, dove, in lontananza, si intravedevano un paio di grandi case, costruite su morbide colline decorate da muri di pietra semi distrutti. Una decina di mucche marroni pascolavano circondando le proprietà. Non vide nessun tipo di siepe nei loro giardini, e la casa dell'americano non poteva essere certamente in quella direzione, in quanto era ben visibile da lontano che, escluso un capannone, non avrebbe trovato altri edifici. Osservò gli alberi, in quella zona erano particolarmente ricchi di muschio. Il sottobosco era di un verde così vivido che sembrava vibrare in contrasto con l'azzurro del cielo. Notò un corvo rovistare nell'erba alla ricerca di cibo. Il silenzio di quella radura era impressionante, qualcosa a cui spesso non si era abituati, in epoca moderna. Solitamente qualcosa stonava con l'ambiente, riportando gli umani ad una dimensione reale: una lattina dimenticata, una panchina inchiodata a terra o un filtro di sigaretta schiacciato distrattamente nella terra. Ma non lì, non quel giorno, non in Irlanda. Stava accarezzando un grande masso vischioso quando notò che era inciso, soltanto da un lato. Era il lato più liscio, si accorse, allontanandosi per vederlo meglio. Eagle House, la casa dell'aquila, era sapientemente impresso sulla roccia in maniera del tutto artigianale. Un lavoro perfetto, fatto a regola d'arte. Con il dito toccò le insenature ruvide, grandi quanto il manico di un cucchiaino, farsi strada tra le increspature naturali, e si chiese quanto tempo ci era voluto per una simile personalizzazione. Quasi per caso si ritrovò a scorgere a pochi metri l'inizio di un lungo recinto di ferro grigio, nascosto da siepi perfettamente potate come scatole cubiche in fila indiana. Erica seguì le caratteristiche foglie lucide innaturali fino a raggiungere un piccolo cancello di ferro ad arco. Non aveva mai visto prima di allora una proprietà contrassegnata con un'entrata così poco visibile. Continuò a seguire i confini, scoprendo che le siepi creavano una protezione a "u", e dietro a quella che in lontananza sembrava essere una grande villa di pietra scura, sembrava esserci una cancellata molto più agevole. Si rese conto che si trovava sul retro, e che quello che aveva visto doveva essere il passaggio più vecchio. Probabilmente anche quella pietra era antica, e l'entrata principale era stata cambiata quando le strade erano state asfaltate. Doveva fare il giro, e vedere la villa esattamente dal suo lato opposto. Doveva inoltre scoprire se c'era una targa, un nome, qualche cosa che potesse aiutarla a far emergere qualche dettaglio in più. Camminò per circa mezz'ora, uscendo dal parco e cercando di intuire quale fosse la strada principale che portava nella direzione giusta. Dopo un paio di tentativi, riuscì finalmente a costeggiare nuovamente la siepe e raggiungere il cancello automatico che dava direttamente su un lungo viale alberato. Notò due aquile laterali perfettamente in linea a custodire il portone intarsiato di un rosso vermiglio. Il colore sembrava appena rinfrescato, e la cosa dimostrava che la proprietà non era di certo stata abbandonata al suo destino. Erica sbirciò attraverso l'inferriata. Il proprietario doveva avere senz'altro un giardiniere per mantenere l'erba e le aiuole in quelle condizioni impeccabili. Tuttavia, quel giorno, tutte le tende erano tirate, e non sembrava esserci segno di vita. Non poteva permettersi di attendere il giorno seguente, il tempo scorreva troppo velocemente, così decise di ritornare verso sera, nel caso che la casa fosse veramente abitata, aveva qualche possibilità in più di scoprirlo intorno all'ora di cena. Pensò che non sarebbe stata una buona idea mangiare al pub di Brian, non le andava di sentire turisti rumorosi o dover attendere per essere servita quasi un ora. Lui non avrebbe potuto dedicarsi a lei. No, piuttosto avrebbe fatto un salto più tardi, vicino all'ora di chiusura. Si rilassò sul morbido copriletto della sua stanza, appisolandosi per un tempo indefinito, e in seguito si fece un tè caldo, finendo il pane allo zenzero e controllando l'orologio. Ormai erano le otto, entro un paio d'ore sarebbe sopraggiunto il tramonto, era il momento giusto per la sua passeggiata. Questa volta la strada le sembrò più breve, e si ritrovò davanti alla villa più speranzosa di quanto avesse immaginato. La tenda di una grande finestra era stata scostata, e si vedeva nettamente un divano all'interno, da cui faceva capolino una piccola testa dai capelli chiari. Qualcuno era tornato. Erica fece un lungo respiro e suonò il campanello privo di nome, accanto alla cancellata.

Amore in IrlandaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora