Lunedì mattina, dopo una lunga dormita ed essersi immersa in una storia appassionata tra una parrucchiera irlandese e un manager londinese, rigenerata, Erica chiamò un taxi. C'era un posto che doveva assolutamente vedere, prima di decidere se la sua missione in Irlanda fosse ormai volta al termine: la scogliera. Voleva sedersi in quel luogo selvaggio, osservare le onde impetuose e rivivere quel sorriso, impresso in quella vecchia fotografia. Desiderava sperimentare la stessa emozione, provata da Flora vent'anni prima, fissare lo stesso orizzonte, respirare la stessa aria salmastra, rivivere ogni sfumatura possibile. Chiese a Finn di poter usare la sua lavatrice, e lui le disse, fortunatamente, di avere anche il ciclo di asciugatura. Voleva essere pronta a rifare la valigia, ed entro sera, al suo ritorno, avrebbe cercato un volo relativamente vicino, nel caso fosse rimasta soddisfatta della giornata. Finn le aveva spiegato che la scogliera dove era stata scattata la fotografia si trovava a ridosso del più vasto sito megalitico europeo. Una zona con una strana atmosfera, sospesa tra montagne dai colori aridi e anfratti nascosti sospesi nella nebbia decisamente da brivido. Il punto in cui era stata scattata quella fotografia, era riconoscibile dalla sua caratteristica balaustra. Una terrazza a picco sul mare molto frequentata dai turisti, attrezzata per mantenerli in completa sicurezza, mentre si trovavano a una vicinanza incredibile dallo strapiombo. Ci volle più di un ora per raggiungere il punto esatto. Ad Erica sarebbe piaciuto poter fare quel viaggio fermandosi nei piccoli centri dei villaggi, scattare qualche fotografia con il cellulare ai ruderi dei castelli sui cigli delle strade, agli angoli caratteristici che non avrebbe più rivisto, ma non se lo poteva permettere, economicamente. Quel taxi era sufficientemente costoso con un viaggio diretto verso una meta precisa, figuriamoci se avesse dovuto attenderla in giro per il Mayo per mezza giornata. Connor, così si chiamava il tassista di quel giorno, parcheggiò in una piazzola non lontano dalla terrazza, e le mostrò come raggiungerla a piedi. Si trattava di una camminata di un paio di minuti. La ragazza scese elettrizzata. Una bianca nebbia spessa copriva la cima delle montagne intorno, e l'atmosfera, notò, era decisamente lugubre. L'aria era stranamente umida per un giorno di metà giugno, e la terrazza sul mare sembrava una finestra su un'altra dimensione. Si appoggiò con le mani, e guardando sotto di lei, nell'acqua, fu colta da una vertigine violenta. Aveva sempre vissuto al mare, e credeva di conoscere tutti i suoi segreti, il suo carattere lunatico, e i suoi cambi di umore. Eppure quel giorno, era vicina a qualcosa di diverso. Quel tratto di scogliera era severo, l'anima del luogo inquieta. Era certa che anche Flora avesse passato soltanto pochi attimi in quell'esatto punto panoramico, il tempo di uno scatto veloce. Delusa dall'esperienza, e leggermente fradicia per una pioggerella sottile che aveva iniziato a bagnarla da quando era scesa dal taxi, tornò sui suoi passi velocemente. In quel momento desiderava soltanto tornare in paese, e mangiare del pesce fritto da Brian. O meglio, doveva ammettere a se stessa, voleva vedere Brian. Quando finalmente ebbe il suo piatto fumante con merluzzo, patatine fritte e salsa tartara, si sentì nuovamente di buon umore. La birra quella sera sembrava meno amara del solito, probabilmente complice l'acidità della salsa fatta in casa con pezzetti di cetriolo fresco. Il locale era deserto, escludendo un vecchietto che sorseggiava un whiskey al bancone osservando il fuoco del camino. «La gente stasera è tutta fuori, in un paese vicino c'è un festival di musica tradizionale» le disse Brian passandole del ketchup. «Come mai sei così silenziosa?» continuò, penetrandola con lo sguardo. «Devo prenotare il volo di ritorno, Brian. È tempo di tornare a casa. Una parte di me, però, vorrebbe restare». Erica sperò che lui intuisse di quale parte si trattasse. Non poteva immaginare che cosa Brian le avrebbe risposto. «Erica, ascoltami. Non andare via. Non se vuoi scoprire la verità su tua zia». La ragazza non era sicura di ciò che aveva sentito. Che cosa sapeva Brian? La aspettava un'altra rivelazione fantasiosa? Stava per rispondergli quando lui con l'indice fece gesto di fare silenzio. «Non è questo il posto giusto per parlare di certe cose». Aveva ragione, notò, il vecchio con il bicchiere in mano li stava osservando dall'inizio della conversazione. «Domani è giorno di chiusura. Se ti va possiamo fare un giro, insieme. Ti porto in un posto speciale. E ti racconto quello che so. Tutto».
Quella notte Erica la passò tra incubi atroci e continui dormiveglia spossanti. Quando finalmente si alzò dal letto, non ricordava nulla di ciò che aveva sognato. Lo stress di sapere che Brian aveva un segreto l'aveva disturbata, al punto da farle passare una notte d'inferno. Perché aveva aspettato tutto quel tempo? Dopo una doccia fredda scese a cercare Finn in cucina. Lo trovò seduto nella sala colazioni con Brian, entrambi stavano mangiando fagioli al pomodoro su pane tostato.
«Vuoi dei fagioli anche tu?» chiesero entrambi, quasi all'unisono.
La ragazza rifiutò cortesemente, un caffè sarebbe stato più che sufficiente. Fu un'ottima idea, pensò, quando salita sulla vecchia due cavalli di Brian, iniziò a soffrire le curve come se si fosse trovata in una vecchia barca in preda alla tempesta. Nonostante andasse molto piano, la macchina sembrava ondeggiare come in balia delle onde. «È molto vecchia, la macchina intendo». La guardò preoccupato. «Veramente? Non me ne ero accorta» scoppiarono a ridere entrambi divertiti. Non riusciva ad immaginare una situazione simile nella sua città. Un ragazzo che suonava il violino, credeva alle fate e girava per strada con una due cavalli color crema. Erica si sentiva la protagonista di un vecchio film francese. Il posto che stavano raggiungendo era una famosa isola collegata alla terraferma da un ponte: Achill Island. La vegetazione verdeggiante aveva un'atmosfera completamente diversa da quella in cui si era immersa il giorno precedente. Le colline finivano morbidamente sulla riva del mare, luccicante e movimentato, come sempre. Notò delle stradine che portavano a piccole zone di spiaggia, completamente circondate da paludi inzuppate d'acqua. Erano due giorni che pioveva, e il cielo non sembrava aver intenzione di liberarsi dalle nuvole grigie. Si fermarono a passeggiare, accanto ad un campo occupato da pecore alquanto silenziose. «Volevo farti vedere un pezzetto d'Irlanda, prima che tu partissi» disse Brian indicandole alcuni scorci caratteristici e tirando fuori un vecchio binocolo da caccia. Osservò la natura circostante con il suo nuovo attrezzo, e dopo pochi istanti glielo passò. «Avrei voluto parlarti prima, ma ero indeciso sul da farsi. Ci ho pensato a lungo, e non voglio continuare con questo segreto, l'ho già fatto per molti anni ormai. Voglio dirti una cosa, forse per te potrebbe essere importante». La ragazza smise immediatamente di guardarsi intorno e si concentrò su di lui. Aveva iniziato l'argomento, finalmente. «Flora, insomma, tua zia... accidenti non ho il coraggio di dirtelo». Erica si tirò su la cerniera della giacca nervosamente. «Cosa Brian?» cercò di rimanere calma, anche se la curiosità le faceva perdere la pazienza. «Flora aveva un amante» rispose il ragazzo facendo cadere le sue ultime preoccupazioni a riguardo. «Tutto il paese conosce la verità. Lo sapevano tutti, tranne Finn». I suoi occhi si riempirono di velata tristezza. Evidentemente la cosa lo aveva colpito particolarmente. «Mio zio ha fatto un lungo periodo in cui viaggiava molto in Inghilterra, per lavoro. E lei era sempre sola. Così iniziò a frequentare un americano, un uomo che veniva in vacanza da noi, ogni anno. La gente dice che la relazione non era iniziata da molto, quando lei è sparita. Un mese o poco più». Erica si sentì invadere da nuove e contrastanti emozioni. Una parte di lei era amareggiata dal conoscere una verità scomoda, ma in fondo al suo cuore, l'idea che ci fosse una spiegazione razionale alla sua scomparsa, la faceva sentire più a suo agio, per qualche strano motivo. Ovviamente, la ragazza stava già supponendo che l'amante fosse implicato in qualche modo. Forse avevano litigato quel giorno, forse lui l'aveva uccisa. E forse, ancora, era stato lui a far recapitare l'anello a Finn, magari l'aveva ritrovato da qualche parte, per puro caso. «Erica? Mi senti?» doveva essere da un po' che Brian le stava parlando, quando smise di fantasticare e finalmente tornò con i piedi per terra. «Sai chi era, questa persona?» chiese senza preamboli, ormai interessata ad andare a fondo della storia. «Se anche lo sapessi, ormai sono passati vent'anni. Vuoi bussare alla porta e chiedergli se ha ucciso tua zia?» L'idea era esattamente quella, pensò ritornando verso la macchina. Brian la seguì e la bloccò velocemente per le spalle. «Aspetta un attimo, non ho finito». Si tolse una ciocca di capelli nero corvino dalla fronte e controllò che si fosse calmata. «Quell'uomo è morto, Erica. Qualche anno fa. Non potrai chiedergli proprio niente». La ragazza si sentì improvvisamente furibonda. Odiava quando le persone giravano intorno alle cose. «A che mi serve sapere che aveva un amante se non possiamo scoprire nulla? Voglio sapere cosa è successo a Flora, e non me ne andrò fino a quando non avrò una risposta».
Erica sapeva benissimo di mentire. Se anche avesse voluto rimanere, aveva al massimo ancora una settimana da poter utilizzare, poi sua madre avrebbe iniziato a scalpitare per averla di nuovo in negozio a lavorare. In quell'istante, però, decise che avrebbe fatto tutto quanto era umanamente possibile per arrivare alla verità. Senza urtare i sentimenti di Finn, pensò. Era giusto che quell'uomo, ormai vecchio, continuasse a vivere con i suoi ricordi, senza scoprire cose che ormai non avevano nessuna importanza per lui. Voleva che continuasse a ricordarla nel modo migliore. I due ragazzi continuarono a girare l'isola in macchina, guardando fuori dal finestrino in silenzio. Quando tornarono indietro, Brian prese una piccola deviazione dalla strada principale. La stava portando a vedere qualcosa, e ne fu certa quando spense il motore e la fece nuovamente scendere.
Un maniero adagiato su una laguna si mostrò immediatamente ai loro occhi.
«In questa piccola torre, viveva Grace O'Malley, la regina dei mari». Le spiegò prendendola per mano. «Era una piratessa, nata nel 1530. Secondo la leggenda un giorno, suo padre, per convincerla a non seguirlo in un operazione commerciale verso la Spagna, le disse che i suoi capelli si sarebbero impigliati alle corde della nave, se fosse salita. Così se li tagliò. La sua fu una vita piena di avventure, combattimenti, matrimoni. Prese la vita come un cavallo selvaggio, salì e la domò, fino all'ultimo istante. Quando ho paura di qualcosa, o mi sento immobile di fronte agli eventi, vengo qui, e penso al suo coraggio. C'è un'aria speciale». Brian la fissò intensamente. Era il momento giusto per avvicinarsi, e ne erano consapevoli. I loro visi si cercarono, e finalmente, un bacio tramutò la loro amicizia in un sentimento nuovo, che entrambi avevano intimamente immaginato. Le tensioni dovute al segreto appena svelato si sciolsero, e i due tornarono verso casa, ancora frastornati dalle nuove emozioni.
Quando furono nuovamente a casa, Finn preparò loro una tazza di tè, mentre i due ragazzi cercavano di scaldare le ossa vicino al fuoco. Ogni volta che Erica vedeva quel caminetto acceso non riusciva a capacitarsi del fatto che fosse estate. Era difficile abituarsi agli sbalzi di temperatura dovuti al vento. E anche la pioggia, lì in Irlanda, sembrava più bagnata, pareva inseguirti tra i sentieri di campagna, leggera come una brezza, ma penetrante come una tempesta. Cercò di mostrarsi serena con Finn, anche se immaginare Flora che aveva tradito il loro amore la faceva soffrire. «Sei stata alla scogliera, ieri?» chiese il vecchio portando lo zucchero. «Sì, in effetti ci sono stata. Mi aspettavo un luogo completamente diverso. L'ho trovato, non so come definirlo meglio, inquietante». Aggiunse un cucchiaino di zucchero nella tazza fumante. «Non sono mai stato su quella terrazza, a guardare giù. Ma conosco il posto, ci sono stato molte volte per lavoro. È un sito archeologico molto importante». Erica finse di mantenere la calma, rimanendo impassibile al suo sguardo. «Vuoi dire che non era con te, quel giorno?» La domanda uscì spontaneamente. «Quel giorno lo ricordo bene, ero in Inghilterra. Era un giorno di maggio, e Flora fece una gita con una nuova amica, americana, se non ricordo male. Non ho mai saputo chi fosse, non abbiamo più avuto tempo di parlare, prima di...» la frase rimase in sospeso. Nessuno di noi aveva voglia di parlare di lei, e quel giorno Finn sembrava particolarmente malinconico. Forse, pensò la ragazza, aveva dei sensi di colpa per averla trascurata, in quegli anni ormai lontani. Quando Erica fu sola, nella camera da letto, aprì la scatola di fotografie, dove aveva riposto quell'ultimo scatto. L'immagine che l'aveva portata a fare quel viaggio, il sorriso sereno di Flora, ora avevano un nuovo significato. Perché aveva tradito il loro amore? Finn era l'uomo più buono che avesse mai incontrato. Si stupì a constatare che era la figura paterna, salda e rassicurante, che le era mancata durante l'infanzia. Osservò la mano, con unghie laccate di rosso, che teneva il cappello bianco color panna proteggendolo dal vento, e un moto di rabbia improvviso si impossessò di lei. Senza nemmeno rendersene conto, strappò in due pezzi la fotografia, pentendosi del gesto un istante dopo. Ormai, però, era troppo tardi per tornare indietro. Gettò quel che rimaneva di quel ricordo nel cestino dei rifiuti. In ogni caso, concluse, avrebbe pensato al suo amante ogni qualvolta se la fosse trovata davanti. Sapeva quale sarebbe stata la mossa successiva. Doveva solo aspettare che il sole si alzasse nuovamente, e raggiungere il centro.

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Amore in Irlanda
Romanzi rosa / ChickLitConoscete il mal d'Irlanda? È la nostalgia di una terra piena di leggende e colori, di un'isola dove la gente suona nei pub antiche ballate tradizionali, con l'allegria nel cuore. È il desiderio di tornare in quel luogo incantato dove nascono storie...