Ventidue

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Simone pedala sotto la pioggia. Ha le scarpe e i vestiti inzuppati ma non gli importa. È sulla sua bici, e non ha paura della velocità con cui sta andando. Vuole vederla al più presto. Angela gli è servita. Ha capito che non è il suo genere di donna. La sua donna ideale è una soltanto e si chiama Emma Muscat, ed ora come mai, ha voglia di urlarglielo in faccia. È stato zitto perché aveva paura di amare. Perché non si sentiva all'altezza di farlo e perché voleva così tanto bene ad Emma da temere di ferirla. Ma adesso no. Sa perfettamente che l'unico posto in cui deve stare è al suo fianco.

Eccola la sua casa. Le persiane sono abbassate e sembra che non ci sia nessuno al momento. Può anche aspettarla fuori, non ha problemi. Dovrà arrivare prima o poi. A meno che non siano partiti per qualche città. Lascia la bici sul prato e attende appoggiato a un tronco. Non ha un ombrello e quell'albero non lo ripara. Ha scelto una giornataccia per dichiararsi. O forse il cielo piange dalla commozione perché ce l'ha fatta a capirlo. Strabuzza gli occhi e le guarda quelle nuvolette grigie di varie forme e dimensioni. Chissà se la mamma lo sta guardando. Spera soltanto sia orgogliosa di lui.

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Emma avverte un formicolio dietro la nuca. Non capisce il perché appena passa accanto alla finestra della sua cameretta è come se qualcosa la richiamasse ad uscire fuori, allo scoperto. Si decide un po' tardi, quando ormai sono già le diciassette. Ha dormito troppo. Era stanchissima. Avrebbe dovuto fare le faccende di casa, è sicura che la madre la rimprovera al suo ritorno. Scosta le tende e si accorge che la pioggia è finita. Apre la finestra. Vede l'arcobaleno. Un fascio di colori bellissimi che le donano allegria.

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Simone si alza e prende la bici. La pioggia è finita ma nessuno è rientrato in casa. Sono passate alcune ore, e lui è sul punto di arrendersi. Poi si accorge che qualcuno è affacciato ad una finestra. Una chioma color miele che fissa incantata l'arcobaleno.
Si mette in mezzo alla via per farsi vedere.

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-Scendi tu o salgo io?- urla Simone. Emma appena lo vede ha un colpo. Quel formicolio si fa sempre più fastidioso.
-Che ci fai tu qui?-
-Voglio parlarti-
-Non m'importa. Non voglio vederti- risponde tentennando.
-A me si, io voglio vederti- ribatte ostinato.
-Potevi pensarci prima, o sbaglio?- incrocia le braccia al petto.
-Ci ho pensato e anche tanto. Non volevo farmene una ragione perché io sono un caso disperato lo ammetto. Ma quando sto con te rinasco. È come se venisse fuori solo la parte migliore di Simone che i difetti ottenebrano. Ed è merito tuo, Emma. Solo tuo. Ti amo, e voglio prendermi cura di te. Concedimi quest'opportunità. Ti prego...-

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Simone vede Emma poco convinta. Se dovrà insistere non si tirerà indietro.
-Non ti credo. Tu mi hai fatto soffrire. Sei stato un bello stronzo!-
-Lo so ma ti prometto che provo a cambiare per te e per noi- dice tremando. È la prima volta che ha così tanta paura di perdere una persona. Lui è sempre stato un menefreghista nei rapporti sociali.
-Se non scendi ti vengo a prendere. Non ci metto nulla a salire su questa tettoia dalle colonne- minaccia con un mezzo sorriso. Vede Emma sparire un attimo tra le tende. Riappare qualche minuto dopo sulla soglia di casa con un pantaloncino corto e le infradito.

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-Aspetta. Ci tengo a chiarire una cosa. So che sei una testa dura e magari litigheremo spesso però accidenti, non posso fare altro che accettarlo! Basta che non mi fai soffrire, solo quello- chiede con occhi da cucciolo ferito.
-Nessuno ti farà soffrire. Compreso me. Posso baciarti almeno?-
-Simone che chiede di baciare? Ma chi ti ha ridotto in questo stato?- scherza alzando un sopracciglio.
-Tu, tu mi hai ridotto in questo stato- ribatte prima di prenderle il mento e dare vita a un bacio lento e appassionato.

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-Ci credi al destino?- domanda Emma seduta sulle sue gambe. Lui raccoglie una margherita e gliela infila tra i capelli.
-Credo che tutte le esperienze negative e i fallimenti vengano ripagati con una sorpresa che li batte tutti-
-Quindi sono io la tua sorpresa?-
-No di più. Tu sei stata una vera scoperta. Ora so cosa vuol dire amare, so cosa vuol dire responsabilità. Non so se ti merito però- lei si ferma un attimo a guardarlo.
-Dici sul serio?- annuisce- in effetti tu meriti tante sberle non me- lui si incupisce.
-Però meriti anche tanti baci su ogni sberla data- sospira sul suo caldo petto muscoloso.

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