CAPITOLO 4

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Il mattino dopo si sentì esausto: per tutta la notte sognò di trovarsi nuovamente nel mondo post-apocalittico. Si svegliava di continuo e quando finalmente riusciva a riprendere sonno, l'incubo ritornava. Nonostante fosse ancora meno in forze della notte precedente, decise ugualmente di alzarsi. Si vestì, uscì di casa e si avviò verso il bar della sera precedente. Quella mattina sarebbe dovuto andare in un centro ricerche specializzato nella fabbricazione di protesi per scovare il proprietario dell'occhio trovato nelle mani di Luther durante l'apocalisse. Sapeva che quel piccolo oggetto di vetro era legato in qualche modo all'avvenimento catastrofico. Si sedette al bancone e ordinò il suo caffè. Mentre aspettava l'arrivo dell'ordinazione, prese dalla tasca l'occhio e se lo rigirò tra le mani. Avrebbe dovuto semplicemente chiedere a un medico di controllare il numero di serie sull'oggetto e costringerlo a rivelargli il nome del suo proprietario. Ovviamente era in grado di farcela. Talmente immerso nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno che la porta si aprì. < Cosa stai guardando? > gli chiese Elettra notando che teneva un piccolo oggetto tra le mani. Cinque, preso alla sprovvista, se lo mise velocemente in tasca. < Credo proprio che questi non siano affari tuoi > le disse in modo scorbutico. <Vedo che qualcuno non ha dormito bene ieri sera > gli disse la ragazza schermendolo. Cinque pensò che fosse inutile ribattere,perciò rimase in silenzio attendendo il suo caffè. Finalmente la cameriera arrivò con la sua tazza. Mentre lo stava sorseggiando, Elettra disse: < Anche per me un caffè Agnes >. La donna si diresse in cucina. Cinque terminò il suo caffè e si alzò. <Allora buona giornata > gli disse Elettra con un sorriso a 32 denti. Perché aveva sempre l'impressione che quella ragazza lo prendesse in giro? Non le rispose e uscì dal locale. Avanzò in direzione della clinica. Prese l'ascensore e si fermò all'ultimo piano dell'edificio. Si ritrovò in una stanza completamente bianca, mobili inclusi e qualche pianta a foglia verde. In fondo si trovava una donna seduta alla scrivania; ipotizzò fosse la segretaria. Si diresse verso di lei e le chiese di parlare con il capo della struttura. In quel momento uscì dalla stanza accanto un uomo abbastanza alto, con i capelli neri e gli occhi scuri. < Posso esserti utile? > chiese a Cinque. Il giovane, cercando di incanalare tutta la sua gentilezza e calma nella voce rispose: < Sì. Ho trovato questo occhio in un parco e volevo consegnarlo al legittimo proprietario >. Gli sorrise. < Che ragazzo gentile! >osservò la donna. < Sì, ora mi cerchi il nome > continuò il ragazzo. < Senti giovanotto, i nomi dei nostri pazienti sono informazioni private. Il massimo che posso fare è prendere l'occhio e restituirlo >. < Oh no, lei non toccherà quest'occhio >. Cinque aveva perso la pazienza: prese l'uomo per il colletto e gli disse con un tono di voce talmente cinico e freddo da far venire i brividi < Adesso mi ascolti tu, stronzo. Dammi immediatamente il nome del proprietario di quest'occhio e nessuno si farà del male. E se ti rivolgerai a me un'altra volta con l'appellativo di "giovanotto", ti posso giurare che ti ritroverai la testa spiaccicata sul muro > < Chiama la sicurezza > disse il capo alla segretaria. Cinque lasciò la presa sull'uomo; non si sentiva molto bene. La stanza aveva cominciato a girare. Se ne andò in fretta dalla stanza e uscì dall'edificio. Dopo pochi passi però la sua vista si annebbiò e cadde al suolo.

MY LIPS, YOUR LIPS, APOCALYPSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora