CAPITOLO 10

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Cinque attese che la ragazza iniziasse a parlare. La giovane emise un sospiro, chiudendo per un momento gli occhi: era la prima volta che raccontava a qualcun altro ciò che aveva dovuto passare, la sua infanzia e la sua adolescenza. Nonostante questo, però, il ragazzo di fianco a lei le ispirava una certa fiducia, un tipo di fiducia difficile da trovare nelle persone. Sapeva che la sua storia con lui sarebbe stata al sicuro. Riaprì gli occhi e si preparò a parlare. < Il mio nome è Elettra De Angelis e sono nata a Firenze, in Italia. Come avrai capito,anche io sono una dei quaranta tre bambini prodigio nati il primo ottobre del 1989. La mia non è stata un'infanzia facile e felice come quella di quasi tutti i bambini, al contrario. Credo, anzi, sono certa che i miei genitori non mi abbiano mai sopportato: mi sgridavano più o meno ogni giorno, anche con motivi frivoli e insensati e mi definivano uno " scherzo della natura". Come ben saprai non è semplice convivere con dei poteri sovrumani, specialmente se scopri di averli in tenera età; questa sensazione di impotenza e di emarginazione che provavo era ancor di più accentuata dalla mancanza di persone che sono al tuo fianco e non mi riferisco solo alla famiglia: la scuola era persino peggio. Lì ho passato alcuni dei momenti peggiori della mia intera vita venendo insultata, picchiata e vista dagli altri ragazzini come una specie di mostro da cui bisogna assolutamente tenersi alla larga. Durante quegli anni mi ritrovavo sempre da sola, accompagnata solamente da storie di intrepidi cavalieri e bellissime principesse presenti nei miei libri. > Elettra accennò un risolino amaro. < Sognavo di essere come queste ultime, sognavo di incontrare il mio vero amore e di scappare con lui da tutto quello schifo. Non doveva per forza essere il banale e scontato " Principe Azzurro ", il classico carino e dolce bravo ragazzo che ti fa evadere dalla prigione in cui sei rinchiusa in groppa al suo bellissimo cavallo bianco. A me sarebbe bastato anche un pirata ribelle e passionale che solca i sette mari in compagnia del rumore delle onde che si infrangono sul legno profumato della sua nave e dell'odore tipico del mare che ti fa sentire felice e libero, oppure un ladro con il cuore d'oro, che aiuta la gente come lui e che vive in una foresta piena di alberi che permettono solo a pochi raggi di sole di far scoprire agli altri la sua vera identità. No, non mi importava per nulla del ruolo della figura che mi sarebbe venuta a liberare, l'unica caratteristica che doveva avere era l'amore, un amore sincero, un sentimento che si vede e si percepisce solamente nelle favole. Molto probabilmente, se fossi riuscita a trovare una sola persona che riservava questo per me, la mia vita sarebbe proseguita in una maniera totalmente diversa. > Una lacrima scese dagli occhi della ragazza fino alla guancia. Intanto, Cinque era perso nell'ascoltare il suo meraviglioso racconto: non si aspettava che una persona coraggiosa e spavalda come lei fosse la conseguenza di tutto quello che aveva dovuto subire quando era bambina e che, sotto la sua dura e pesante corazza, una volta si trovasse una bambina sofferente che necessitava solamente di un po' d'amore, un amore che le era stato negato da persone malvagie e chiuse mentalmente. No, il ragazzo si rifiutava di credere che quella ragazzina in cerca d'affetto fosse sparita, sapeva che era ancora lì, da qualche parte dentro quella stupenda ragazza e si promise che avrebbe fatto di tutto per farla emergere nuovamente. Dopo qualche altro secondo di silenzio, Elettra tornò al suo racconto. < Tutto questo non è niente in confronto a ciò che accadde pochi anni dopo. Avevo dieci anni. Ero di ritorno dalla scuola, con le labbra insanguinate e zoppicante, come tutti i giorni di quel periodo. Entrai in casa e, con mia grande sorpresa, i miei genitori erano lì ad aspettarmi. Quando mi videro entrare, mio padre disse ad alta voce: < E' arrivata una lettera. Dovresti leggerla, è indirizzata a te. > e indicò una busta sul tavolo del soggiorno. Lentamente presi la lettera in mano e iniziai a leggerla. Proveniva dall'America e il mittente era un uomo di San Francisco,un miliardario. Leggi che egli stava radunando quanti più bambini prodigio possibile per fare degli esperimenti su di loro. In cambio, alle famiglie che avrebbero accettato la sua proposta avrebbe dato una profumata ricompensa. Non feci nemmeno in tempo a capire il contenuto effettivo della lettera che due pesanti schianti attirarono la mia attenzione: erano due valigie con l'indirizzo scritto nel foglio che ancora tenevo in mano. I miei genitori mi avevano letteralmente venduta. Mi avvertirono che sarei partita il mattino seguente. Per tutto il giorno implorai entrambi, facendo promesse e cercando di trasmettere il mio affetto nei loro confronti, ma furono essenzialmente irremovibili. Fu così che la mattina dopo mi ritrovai all'aeroporto di Firenze ad aspettare l'uomo che sarebbe diventato il mio padre adottivo.  Ad un certo punto, in lontananza, vidi un uomo che si stava avvicinando a noi: era alto, calvo, gli occhi erano di un marrone scuro, tendente al nero. Indossava dei vestiti scomodi e troppo eleganti per la circostanza. Ci rivolse qualche parola in inglese, dopodichè ricompensò i miei genitori e ci avviammo verso l'aereo. Terminato il volo, ci dirigemmo verso un' auto molto lussuosa che ci accompagnò di fronte a una villa con piscina e campo da tennis nel giardino. Quando entrai in quella casa, ad accogliermi c'erano altri quattordici ragazzini, alcuni ancora neonati. > Ci fu una pausa durante la quale Elettra si mise a riflettere se rivelare tutto o meno al ragazzo di fianco a lei. Cinque, accortosi del suo momento di riflessione, non esitò a prenderle la mano. Grazie a quel contatto la ragazza ritrovò la forza e il coraggio di proseguire. < Il suo nome era Trent Butler. Era un uomo maligno, cinico e senza cuore. Il suo scopo era quello di capire il motivo per il quale solamente quaranta tre bambini nati il primo ottobre del 1989 da gravidanze inaspettate avessero sviluppato dei poteri sovrumani. Ci voleva per studiarci, per fare esperimenti su di noi, per farci sentire ancora più sbagliati di quanto già non lo pensassimo da soli. Sembrava fosse letteralmente ossessionato da noi. Molti dei bambini presenti in quella casa morirono a causa sua, dei suoi esperimenti. Ero stanca di tutto questo, ero stanca dei soprusi, stanca di essere utilizzata come cavia da laboratorio, stanca di non essere trattata come tutte le ragazzine della mia età; perciò un giorno io e Jasper, il mio migliore amico in quell' Inferno, decidemmo di ribellarci allo scienziato. Grazie al suo potere della telecinesi e al mio, non tralasciando le sue grandiose abilità nel combattimento senza un'arma, siamo riusciti a immobilizzarlo e a ucciderlo. Grazie a noi molti di quei bambini prigionieri in quella villa degli orrori sono liberi > concluse Elettra. Terminato di parlare, la giovane rivolse un'occhiata a Cinque, ma nel suo sguardo riuscì a vedere solamente il tentativo di realizzazione delle sue parole. Alcuni minuti dopo il giovane riuscì ad aprire bocca.  < Ora lui dove si trova? > le chiese. Elettra tornò cupa. < Non lo so. Quella stessa sera trovammo insieme un riparo per la notte, ma quando mi svegliai il mattino seguente lui non c'era più. Mi aveva lasciato un biglietto accanto dove scriveva che si scusava, ma doveva andarsene. Lo cercai per giorni, ma dato che non lo trovai, lasciai perdere le ricerche.> Cinque si sentì sollevato da quelle parole, tuttavia non ne comprese il motivo. <E' in questa occasione che La Handler mi si presentò. Disse che aveva notato le mie capacità e che l'organizzazione aveva bisogno di una persona come me. Fui addestrata a maneggiare armi, dalle pistole ai fucili. Il mio primo pensiero, quando mi propose di lavorare per lei, fu quello di rifiutare la sua offerta: non avevo bisogno di quella donna, avrei potuto cavarmela benissimo da sola. Ma per un istante, solo per un singolo istante, mi sentii parte di qualcosa, anche se uccidevo innocenti. Ero talmente vogliosa di fare parte di una famiglia che questo desiderio offuscò la mia ragione. Solo a causa di un istante di felicità, i successivi quaranta anni della mia vita furono i peggiori della mia esistenza. > Elettra lanciò un'occhiata a Cinque che la incitò a continuare. < Quando capii che le mie azioni erano tutt'altro che intrepide e che non stavo aiutando per nessun motivo a salvare il mondo, lasciai il lavoro. Da allora continuano a cercarmi. Penso che la stessa situazione sia capitata anche a te. > Cinque annuì. < Posso farti una domanda? > le chiese. <Ovviamente > gli rispose. < Se sei nata il mio stesso giorno,allora perché dimostri ancora tredici anni?> Sul viso di Elettra comparve un leggero sorriso. < Be', semplicemente perché nostro"padre" non voleva che invecchiassimo, altrimenti non ci avrebbe più potuti studiare affondo. Appena arrivati ci diede da bere una specie di siero della giovinezza, in modo da rimanere sempre bambini.> Elettra non riusciva ancora a capire se fosse stata una scelta saggia berlo. Certo, in quel modo non sarebbe mai dovuta invecchiare e di conseguenza morire, ma era costretta a vedere le persone intorno a lei farlo. < Mi stai dicendo che sei immortale? > Cinque la guardava con un'espressione che la spaventava: era troppo calmo e pacato conoscendo il suo comportamento abitudinario. <Naturalmente no. Chi lo è? Anche io posso essere uccisa per mano di coltelli, pistole e fucili come la gente comune. Semplicemente non posso invecchiare, ma morire assolutamente sì. > lo informò la ragazza. < Ti ringrazio per avermi reso partecipe della storia della tua vita. Ora credo sia arrivato il momento di dormire > le sorrise il ragazzo. Detto ciò le augurò la buona notte e se ne andò dalla stanza, lasciandola sola. Elettra si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto. Parlare a Cinque della sua vita l'aveva fatta sentire meglio. Cominciava sempre di più a pensare che il destino li avesse fatti incontrare perché aveva dei progetti per loro. Progetti molto importanti. Il rumore della maniglia della stanza la destò dai suoi pensieri. < Scusami, avevo dimenticato il pigiama > disse il ragazzo entrando in camera. < Non ti preoccupare. Anzi, mi stavo chiedendo una cosa > cominciò la giovane. Cinque la guardò, incitandola a continuare. < Be' stavo pensando che... magari... noi... > non era mai stata così tanto in difficoltà con le parole. Fece un bel respiro e continuò. < Sì, insomma, quello che volevo chiederti era se...ti andava di dormire nel tuo letto... con me.> Pronunciate quelle parole, la giovane arrossì. Il ragazzo continuava a fissarla e sorrise.
< Certo, per me non c'è alcun problema > e si accomodò vicino a lei. <Allora... buonanotte > disse Elettra imbarazzata. < Buonanotte> le augurò di riamando Cinque. Una scarica elettrica invase i loro corpi vicini.

MY LIPS, YOUR LIPS, APOCALYPSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora