CAPITOLO 9

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Elettra intanto era tornata a casa sua. Si rifugiò nella sua camera, chiuse la porta a chiave e si sdraiò sul letto a contemplare il soffitto. Nonostante la sua promessa, nella mente della giovane erano impressi in una maniera costante un solo nome e un solo volto: quelli di Cinque. Si chiedeva il perché di questi suoi comportamenti completamente opposti tra loro. Non riusciva a comprenderli, ma li trovava estremamente interessanti. Come tutto il resto di lui alla fine. Dopo il suo arrivo, sembrava che tutte le sue certezze si fossero volatilizzate, sparite nel nulla. Quel ragazzo le aveva completamente cambiato la visione della vita. Non avrebbe mai pensato di anche solo ipotizzarlo, ma molto probabilmente si stava innamorando di lui. Ora che ci pensava bene,Cinque aveva tutte le qualità che lei cercava: tralasciando l'aspetto fisico che in lui era semplicemente perfetto, senza nessun cambiamento da fare, era stronzo, cinico, determinato, testardo ma anche dolce e gentile. Questi ultimi due aspetti della sua personalità, però, non venivano estraniati molto spesso dal giovane; forse per non sentirsi vulnerabile e per non far capire alle persone con cui interagiva che aveva anche lui un lato più fragile. Anche lei era così. Si rese conto che avevano molti aspetti in comune. Questi suoi pensieri lasciarono la sua mente a causa di tre colpi dati alla porta di ingresso. Non sapeva chi fosse, ma sperava che questo rumore fosse stato creato dalla persona oggetto dei suoi pensieri fino a pochi istanti prima. Si alzò dal letto e si avviò verso la porta. La aprì e la sua speranza fu resa reale.Lì di fronte a lei, infatti, si trovava Cinque, un sincero sorriso sulle labbra. Lei gli sorrise timidamente di rimando e lo invitò a entrare. Si diressero verso la camera da letto. Fu la giovane a rompere il silenzio. < Allora... perché sei qui? > gli chiese. Il giovane la guardò in viso, si sistemò i capelli e fece un sospiro. Successivamente rispose alla sua domanda. < Elettra, sono qui per chiederti scusa >, cominciò. La ragazza lo guardò alzando un sopracciglio e facendo comparire sul suo volto un sorriso compiaciuto. < Vai avanti > lo incitò. <Mi scuso per essermi comportato in quel modo con te. Sono stato scorbutico, strafottente e arrogante. Tu volevi solo aiutarmi e io non l'ho capito. Se l'offerta fosse ancora disponibile,l'accetterei molto
volentieri. > Le sorrise. Elettra lo osservò, lo sguardo un po' diffidente. < Sai che questo significa rendermi partecipe del lavoro che stai svolgendo e raccontarmi tutto, vero? > <Dovresti aver capito ormai che io prendo le decisioni con molto senno. > Il sorriso rimase sul suo volto < Per cui sì > aggiunse < Ti racconterò ogni cosa; a patto che anche tu faccia lo stesso. > Elettra emise un sospiro. < Mi sembra giusto > affermò. <Okay, allora inizio io. Il mio nome è Cinque Hargreeves e sono uno dei quaranta tre bambini prodigio nati il 1° ottobre del 1989. Vivo in quella casa con i miei cinque fratelli e tutti abbiamo dei poteri speciali: Luther,numero 1, è dotato di una forza sovrumana; Diego, numero 2, possiede una grande abilità nel lancio del coltelli; Allison, numero 3... > cominciò il racconto il giovane, ma la ragazza lo fermò. < Perché, dopo il nome dei tuoi fratelli, dici anche dei numeri? > gli chiese incuriosita. Un sorriso amareggiato comparve sul volto del giovane. < Vedi, Elettra, noi siamo figli di un miliardario il quale, siccome non aveva la più pallida idea di come utilizzare il denaro accumulato negli anni, ha voluto adottare alcuni bambini con poteri speciali. La realtà, però, è che non era in grado di essere genitore: noi non abbiamo dei nomi veri e propri, siamo nati come numeri. Penso che infondo fossimo solo questo per lui, numeri. Non credo ci abbia mai voluto bene. > le spiegò Cinque, una punta di amarezza nella voce. Elettra gli strinse la mano, facendogli sentire la sua presenza e la sua vicinanza. Lui la guardò. < Nostra madre ci ha dato dei nomi, almeno, ha dato loro dei nomi. Dato che il mio è ancora un numero > continuò. Prima che la giovane potesse chiedergli il motivo per il quale lui non avesse un vero e proprio nome, Cinque riprese il racconto. < Come ti dicevo, Allison, numero 3, ha il  potere di convincere le persone a fare quello che lei desidera; Klaus,numero 4, è in grado di evocare e di parlare con i morti e  Vanya, numero 7, è priva di abilità eccezionali. > Elettra lo interruppe nuovamente. < Un attimo... non c'è alcun numero
6? > chiese. Lo sguardo sul volto di Cinque divenne di ghiaccio. La giovane capì che non fosse una domanda pertinente. < Sì. Sì, c'era un numero sei. Si chiamava Ben. Lui deteneva il potere più forte tra di noi, ma anche il più pericoloso: possedeva dei mostri provenienti da un'altra dimensione sotto la sua pelle in grado di uccidere chiunque in un secondo. > Il giovane le rivolse un'occhiata, dopodiché continuò.
< E' morto non molto tempo fa in un incidente. > Cinque non aggiunse altro, perciò Elettra non gli fece altre domande. Non poteva immaginare come lo facesse sentire parlare della morte di suo fratello, specialmente se avvenuta in circostanze abbastanza particolari. Dopo qualche minuto di silenzio, Cinque riprese il discorso. < All'età di tredici anni, avevo una voglia irrefrenabile di fare un viaggio nel tempo. Mio padre disse che prima avrei dovuto allenarmi con i salti nello spazio e fu proprio ciò che feci.  Poche settimane dopo, durante la colazione, avemmo un'accesa discussione su questo argomento. Diceva che il teletrasporto nel tempo non era equivalente in nessun modo a quello nello spazio, avrebbe potuto danneggiarmi la mente e, soprattutto, era del tutto imprevedibile. Ma io sapevo di esserne all'altezza, non avevo paura, perciò decisi di non ascoltarlo. Detto francamente, quella fu l'unica scelta della quale ancora oggi mi pento. Uscii di casa e tentai. Feci un paio di salti e, poichè nulla era fuori dall'ordinario, continuai. Poco dopo, tuttavia, mi ritrovai in un mondo post-apocalittico. Non c'era assolutamente nulla, solo macerie, edifici rasi al suolo e polvere. Un sacco di polvere. Respirarla ogni ora di ogni giorno era diventata un'agonia per me. Provai a tornare indietro, provai a tornare dai miei fratelli, da mio padre, purtroppo però i miei poteri non me lo permisero. Fu così che passai lì i successivi quaranta cinque anni della mia vita. Qualche giorno fa però con l'aiuto di alcuni calcoli tentai di aprire un varco temporale per ritornare dalla mia famiglia. Ci riuscii, però, invece di tornare con l'aspetto di un cinquantottenne, il mio corpo ritornò con le sembianze di un tredicenne.> Il giovane terminò il racconto e rivolse un'occhiata alla ragazza. Lei lo stava fissando, incantata. Non lo credeva possibile. Si ricompose. < Quindi è per questo che di notte non riesci a dormire; ti si presentano davanti di nuovo le situazioni spiacevoli che hai vissuto mentre eri via. > Il ragazzo abbassò lo sguardo < Esatto, è così. Gli anni che ho passato in quel mondo sono un incubo che mi perseguita ancora, nonostante ormai sia trascorso un po' di tempo. Non è stato facile. Ero ancora un bambino e nessun bambino merita di vivere in quel modo per più di quarant'anni. Credimi, non auguro a nessuno ciò che io ho dovuto affrontare, ciò che io ho dovuto provare. >  Nei suoi occhi Elettra poté ben capire tutta la sofferenza che Cinque aveva patito. Lentamente gli si avvicinò e lo abbracciò. Inizialmente il ragazzo si irrigidì, dopo qualche istante, tuttavia, si lasciò andare alla delicatezza e alla sicurezza di quel momento. < Mi dispiace Cinque, mi dispiace veramente molto. > Queste le uniche parole che la ragazza fu in grado di proferire. Il giovane la strinse ancora di più sé e posò la testa sulla sua spalla. < Grazie Elettra > Dopo alcuni secondi si staccarono. Entrambi erano in imbarazzo. La giovane ruppe il monto di silenzio appena creato. < Ma allora chi erano quegli uomini che sono venuti a cercarti al bar la prima volta che ci siamo incontrati? > gli disse rivolgendogli uno sguardo curioso. Il ragazzo la guardò, titubante.  < Puoi dirmelo Cinque. Io sono dalla tua parte. > lo rassicurò Elettra prendendogli la mano.  <Be'... loro lavoravano per il mio vecchio capo. Alcuni anni dopo il mio arrivo nel futuro, una donna mi si presentò davanti. Mi disse che mi stava osservando da molto tempo e mi propose di lavorare per lei. Prima di accettare chiesi ovviamente in che cosa consistesse il lavoro e mi venne spiegato che sarei stato parte di un' organizzazione chiamata " La Commissione"  il cui compito era quello di preservare il continuum temporale. Notando il mio sguardo riluttante aggiunse che io avevo delle capacità fuori dal comune e sarei riuscito anche ad affinarle se mi fossi affidato a loro. Non so perché, però accettai > le illustrò Cinque. Elettra lo guardò, l'espressione scioccata, la bocca aperta. < Hey, stai bene? > Cinque strinse più forte la presa sulla sua mano.
< Quindi loro ti conoscevano perché tu lavoravi per "La Handler"? > Ora era Cinque ad essere confuso. <Come sai il suo nome? > Le lasciò la mano e la guardò con sospetto. < Conosco il suo nome perché anche io lavoravo per lei.> Cinque continuava a fissarla, il gelo nei suoi occhi. < Ero convinta che fossero venuti qui per cercare me e ti avessero attaccato solo perché avresti potuto essere un testimone. Ma mi sbagliavo. Cercavano entrambi. > La giovane si mise a camminare per tutta la stanza. Cinque rifletté un attimo sulle sue parole. < Perché ti cercavano? > < Lo fecero già alcuni anni fa ma grazie ai miei poteri riuscii a sfuggire loro. > La ragazza si fermò e lo guardò negli occhi. < Probabilmente vogliono me per lo stesso motivo per il quale hanno cercato te. > gli disse, una nota di paura nella voce. Improvvisamente l'espressione di Cinque si fece preoccupata. <Hai tolto il microcip, vero? > le domandò. < Di quale microcip stai parlando? > chiese la giovane. In quel momento, la porta della casa si aprì con violenza e una cinquantina di uomini fecero irruzione all'interno dell'abitazione cominciando a sparare alla cieca. Elettra e Cinque si nascosero sotto il letto. <Il microcip che ti hanno messo sotto pelle il primo giorno di lavoro!> sussurrò in modo duro. < Non ci posso credere. > Elettra si mise una mano sul viso <Come ho fatto a non pensarci?! Scusami Cinque, mi dispiace, è colpa mia se ora ci troviamo in questa situazione a dir poco scomoda > < Ti scuserai più tardi, ora dobbiamo annientarli. > Le prese la mano e uscirono dal loro nascondiglio.

<Abbiamo finito, questo era l'ultimo > disse Cinque spezzando il collo all'uomo di fronte a lui. < Mi dispiace molto però per la tua casa > aggiunse. Infatti l'abitazione di Elettra era completamente distrutta. Avevano lottato contro i loro nemici per ore ed era inevitabile che anche la casa subisse qualche danno. < Anche a me, soprattutto perché non so dove andare ora. > < Puoi sempre stare da me se ne hai voglia > propose Cinque. Elettra lo guardò < Grazie, ma non voglio recare disturbo. >
< Se ti ho proposto io di venire da me significa che non disturbi, no? > Le sorrise. < Ti ringrazio molto. Prima però devo togliere il microcip localizzatore dal mio braccio. Almeno non riusciranno più a
trovarci > disse avviandosi verso quello che rimaneva della cucina per prendere un coltello. <Se vuoi posso darti una mano > le disse Cinque con tono premuroso. < Grazie, ce la faccio da sola.> Elettra prese il coltello e si fece un taglio nello stesso punto in cui lo aveva fatto Cinque. Prese il microcip e lo fece cadere a terra per poi schiacciarlo con la scarpa. Dopodiché prese una benda e se l'avvolse attorno al braccio destro. < Okay, ho finito > disse la giovane. < Tutto bene? > le chiese Cinque venendole incontro. < Noto che qui abbiamo cambiato atteggiamento. Potrei quasi abituarmici, ti avverto. > gli disse la giovane alzando l'angolo della bocca.
< Meglio che non ti adatti a un Cinque dolce, carino e premuroso, perchè non sarà così per sempre. > le rispose di rimando facendo comparire sul suo volto un falso sorriso. < Ora prendi i tuoi vestiti, dopodiché ce ne andremo. > Elettra gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine e fece quello che il ragazzo le aveva detto. Dopo svariati minuti ritornò all'ingresso. <Okay, sono pronta > disse.
< Perfetto. > Cinque le porse la mano che la ragazza immediatamente strinse. Entrambi si stavano abituando a quel tipo di contatto. In men che non si dica si ritrovarono di fronte al portone della casa del giovane. Il ragazzo lo aprì ed Elettra entrò. Riprendendole la mano, Cinque accompagnò l'accompagnò al piano di sopra e le indicò una porta. < Questa è la mia stanza > la informò. Era una camera da letto semplice: si trovavano un letto, un armadio, una scrivania e due finestre. Le ricordava molto la sua. <Tu dormirai qui. > Cinque le indicò il letto < Ma tu dove dormirai? > < Non ti preoccupare per me, io mi sistemerò sul divano al piano di sotto > < No, lascia dormire me lì;dopotutto sono io
l'ospite > ribatté Elettra. < Hey, ho detto di non preoccuparti. > Cinque si avvicinò e le diede una carezza sulla guancia, gesto che la fece violentemente arrossire. < Prima però voglio che mi racconti la tua storia > annunciò il giovane sedendosi sul letto. La ragazza lo imitò e iniziò il suo racconto.

MY LIPS, YOUR LIPS, APOCALYPSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora