29. Quel qualcosa che hai

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La domanda che da quella mattina affollava la mente di Artemisia era solo una. Coma accidenti aveva fatto a partorire quei tre diavoli senza neanche il parto cesareo? Erano pazzeschi. Le avevano spiegato che la crescita dei cuccioli di licantropi, nei primi mesi di vita, è molto intensa e attiva. Damon, Boyce e Allison erano delle pesti che prosciugavano ogni sua energia in un brevissimo lasso di tempo. Dormivano di giorno e non di notte, volevano sempre il latte e non smettevano mai, assolutamente mai, di piangere. Amelia aiutava ancora Artemisia e, ogni tanto, passava anche Jenny a far visita alla neo mamma, ma anche in tre donne, era difficile gestirli.
«Sono degni figli di Boris. Lui da piccolo era peggio.» Amelia quel giorno era in vena di scherzare. Aveva raccontato diversi aneddoti dell'infanzia di Boris, che lui si era guardato bene dal rivelare ad Artemisia. Era gelosa, in un certo senso, di tutto quello che lo riguardava, ma che lei non sapeva. Si sentiva come tagliata fuori da un pezzo della sua vita.
«Ma non mi dire! E io che pensavo fosse stato un bambino calmo. Lui mi ha raccontato che era molto bravo da bambino.» Aveva lasciato la frase in sospeso apposta. Voleva scoprire cosa Boris le aveva omesso della sua infanzia e cosa invece le aveva raccontato. Lei aveva raccontato tutto della sua vita, dai suoi genitori, a sua nonna e al ruolo che lei aveva avuto nella sua vita.
«Assolutamente no! Quel mascalzone si diverte a raccontare bugie, ma la verità è che è un bambinone ora, come lo era quando era piccolo.» Amelia si lasciò cadere sul divano alle sue spalle. Le tre donne erano nell'appartamento degli alfa e stavano cercando di far fare merenda ai tre mostriciattoli che però non ne volevano affatto sapere.
«Stasera mi sente, eccome se lo fa!» Artemisia, da quando si era risvegliata dal coma, era diventata facilmente suscettibile, molto di più rispetto a quanto già non lo fosse prima. A volte bastava un nonnulla e lei dava in escandescenza, forse complice anche la gravidanza passata da pochi mesi.
«Credo che stasera tutti sentiremo molte cose.» Commentò Jenny, mentre un sorriso malizioso a trentadue denti si apriva sul suo viso angelico. Cosa intendeva?
«Beh credo proprio che sia arrivato il momento che io vada! Ormai è tardi e Boris arriverà a momenti. Ciao tesoro, ci vediamo domani.» Amelia salutò Artemisia con un bacio sulla fronte, prima di passare a coccolare le tre pesti in tutta fretta e uscire altrettanto velocemente dall'appartamento, tutta trafelata. Qui gatta ci cova, pesò Artemisia. Amelia non gliela raccontava giusta.
«Mi devi dire per caso qualcosa che io non so? Amelia è scappata via come se avesse un branco di leonesse alle calcagna!» Non c'era solo curiosità, ma anche la voglia di avere un chiarimento per quello che era appena successo. Perché lei non ne trovava il senso, davvero.
«Davvero non ti ricordi che giorno è oggi? Dea Luna, Boris mi ucciderà se sa che te l'ho ricordato proprio io.» Artemisia per un momento rimase a fissare il vuoto. Che giorno era quello? Era mercoledì, cosa poteva mai succedere di mercoledì? Assolutamente niente. Poi il suo sguardo si spostò sul calendario appeso al muro, alle spalle della sua amica e per poco non le venne un infarto. No dai, non poteva essersene dimenticata. Non lei che si ricordava sempre ogni compleanno senza neanche bisogno di mettere il promemoria sul cellulare. Non lei! Maledettacci a me e alla mia memoria da criceto nano, pensò Artemisia tra se e se!
«No!» Avrebbe dovuto pensarci prima, magari andare anche dall'estetista, così tanto per dire eh!
«Oggi c'è la l'ultima luna piena dell'anno Artemisia. Stasera sarà l'ultimo giorno in cui tu sei fertile prima del nuovo anno. Mi dispiace dover essere io a ricordartelo, ma è così.» Jenny era mortificata, ma Artemisia in realtà era solo in debito con lei. L'aveva aiutata a partorire, l'aveva aiutata mentre era in ospedale, aveva aiutato nella gestione dei suoi figli e la stava aiutando anche ora.
«Scherzerai spero! Meno male che me lo hai detto tu, altrimenti io stasera andavo a letto alle otto con i bambini, come sempre e buonanotte a tutti. Ultimamente ho avuto altro a cui pensare.» E non era affatto difficile da credere. Si era ripresa del tutto da poco tempo e già il consiglio pretendeva da lei qualcosa che non dipendeva da lei. Aveva partorito tre bambini e già ne volevano degli altri. Avrebbe dovuto parlare anche di questo con Boris, non si poteva andare avanti così.
«Lo so, ti capisco. Non volevo risultare insensibile o altro, credimi.» Non le era neanche passato per la mente ad essere sincera. Artemisia non era mai stata prevenuta nei confronti di qualcuno, quindi non avrebbe iniziato di certo con Jenny.
«Anche io lo so e non ti devi scusare. Anzi, grazie. Ora vai pure. Immagino che anche il tuo di marito si aspetti qualcosa stasera, o sbaglio?» Essere nel ventunesimo secolo, ma percepire l'aria del diciannovesimo secolo non solo era asfissiante e opprimente, era anche deludente. In una società altamente sviluppata e protesa verso l'innovazione come quella del soprannaturale, Artemisia considerava incoerente il ruolo che le donne erano costrette a ricoprire. Non lo avrebbe mai tollerato e nemmeno accettato. Erano donne, quindi a meno che non appartenessero a un qualche clan di sangue puro, non erano niente più che delle donne.
«Sciocca! Però si, hai ragione è meglio che vada. Ci vediamo domani?» Anche se sorrideva, si capiva molto bene che anche per lei la situazione era scomoda, ma ahimè quelle erano le usanze e si sa, talvolta le usanze sono peggio delle norme.
«Certo!» Un veloce bacio sulla guancia e anche Jenny se ne era già andata. Ora Artemisia comprendeva perfettamente perché Amelia era voluta fuggire con così tanta fretta.

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