07. Il nemico è alle porte

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Avevano progettato quell'assalto mesi prima, non si sarebbero fatti fermare da nulla, nemmeno da un'insulsa donna. I cacciatori avevano programmato tutto, ogni possibile via di fuga, ogni reazione, ogni telecamera, ma non avevano programmato l'arrivo della compagna dell'Alpha. Mancava solo un giorno alla luna piena e i licantropi sarebbero stati più forti del solito, inoltre avevano anche una Luna ora da proteggere e non si sarebbero arresi così facilmente come avevano programmato. Il banco del famoso imprenditore Boris Johansson non si era mai arreso, mai. In poi quattrocento anni di esistenza, il branco dei Johansson era sempre rimasto il primo in classifica. Era uno dei branchi più antichi della storia e anche uno dei più temuti, perché diversamente dagli altri branchi l'Alpha abdicava volontariamente e tramite un giuramento di sangue, passava tutto il suo potere al suo successore e così era accaduto anche per Boris, alla morte del padre. Il padre di Boris infatti era stato ucciso dai cacciatori durante un'imboscata notturna, in una notte di luna piena.

«È tutto pronto per questa sera?» Questa era la domanda che era nata nella mente del capo dei cacciatori, il guardia caccia. Uomo senza paura e senza neanche un briciolo di pietà.
«Si capo, tutto pronto.» La voce del secondo in comando invase la stanza del seminterrato nel quale erano riuniti tutti i cacciatori della città. Erano circa una quindicina, pronti a far fuoco e a ferire qualunque creatura sovrannaturale si parasse davanti al loro cammino, senza distinzione alcuna. Il tempo della pace era finito. Ciò che però essi ancora non sapevano era la vera natura di Artemisia. Ad essere sinceri però, nessuno sapeva ancora davvero quale fosse la sua natura, nemmeno Boris, ma lo avrebbero scoperto tutti molto presto.

Artemisia quella mattina era uscita nel giardino della casa ad allenarsi con Sergei. Il campo sul retro della casa era stato adattato apposta per rendere migliori gli allenamenti, attrezzandolo con dei massi di dimensioni fuori dal comune. Il parkour era una delle prime discipline che veniva insegnata ai nuovi trasformati per riuscire ad amplificare i propri sensi ricettivi ed essere pronti a ogni salto o acrobazia fosse necessaria durante un combattimento. Lei e Sergei si erano appena fermati dopo un'ora di allenamento. La ragazza stava bevendo dell'acqua da una bottiglietta, era assetata e distrutta, l'allenamento con il Beta de suo uomo si stava dimostrando molto più letale di quanto aveva immaginato. Mentre era intenta a sorseggiare l'acqua fresca, vide in lontananza una lucina bluastra brillare. Per poco non si strozzò con l'acqua. Quello che era davanti ai suoi occhi era un fuoco fatuo. Nati da leggende celtiche i fuochi fatui, si dice che essi indichino il destino di una persona. Nel corso degli anni si pensava che fossero scomparsi del tutto, come se si fossero estinti, ma evidentemente non era così. Artemisia posò la borraccia a terra e si incamminò verso quella strana lucina che l'aveva catturata. Il suo movimento attirò l'attenzione di Sergei che, senza dire nulla, la seguì, notando anche lui dopo qualche passo il fuoco fatuo.

«Credi sia vero?» Domandò Artemisia fermandosi a qualche passo dalla luce. Poteva anche essere una trappola de nemico. Sergei avanzò con passo pesante, affiancandosi alla rossa.
«Non lo so. Erano centinaia di anni che non si vedevano dei fuochi fatui in giro.» Sospirò incrociando le braccia poco convinto. Non gli pareva una grande idea seguire quel fuoco luminoso, ma non poteva neanche essere convito che fosse un male farlo. I fuochi fatui erano estremamente rari già centinaia di anni prima, erano il segno della benevolenza degli dei. Essi mostravano la retta via che occorreva percorrere per poter realizzare i propri sogni. Artemisia fece un passo in più verso la luce ed essa scomparve, per poi ricomparire più avanti nel bosco, a qualche metro di distanza.
«Non credo sia una buona idea seguire quella cosa.» Bofonchiò Sergei alzando le braccia al cielo con fare scocciato. Artemisia al suo gesto teatrale alzò gli occhi al cielo a sua volta. Uomini delle caverne, ecco cos'erano i licantropi!
«Lo so, ma sento che è la cosa giusta da fare.» Dopotutto, anche se non in modo del tutto ufficiale lei era la luna del branco di Boris, il suo Alpha ed ora portava anche il suo marchio di appartenenza e quindi parte del suo odore e del suo potere decisionale. Non poteva rispondere di no, sarebbe stato come rifiutare un ordine del suo Alpha. Anche se era sicuro che Boris lo avrebbe ucciso in ogni caso, un giorno di quelli, stava assecondando troppo quella ragazzina e non capiva neanche il motivo per cui lo faceva. Aveva una forza interiore, capace di attirare l'attenzione e piegare anche i più forti. Era come una conquistatrice, non di terre o regni, ma piuttosto di cuori e speranze. Forse era proprio per quello che era la compagna di un uomo come Boris. La Dea Luna aveva fatto centro con loro, come sempre.

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