Capitolo 3

236 9 0
                                        

ELLA

«Mi sembra di capire che quello è Micha». Lila si aggira per la mia cucina stringendo un nastro attaccato alla vita del suo vestito a fiori. «È anche più carino che nel ritratto».

«Sì, quello sarebbe Micha». Do un calcio a una scatola abbandonata sul pavimento di linoleum macchiato e accendo la luce. Sembra tutto uguale, colori in stile anni Settanta, sedie in vimini intorno al tavolo di vetro, e piani di lavoro gialli e marroni.«Quindi tuo padre vive qui da solo?». Lila vaga per la piccola cucina e il suo sguardo indugia sul piano accanto al lavello, dove delle bottiglie vuote sono disposte in fila.

«Sì. Mio fratello maggiore se n'è andato appena si è diplomato». Sistemo il manico della borsa e mi dirigo verso le scale. La casa puzza di cibo andato a male e di fumo. Nel soggiorno, il vecchio divano a scacchi è vuoto, e il posacenere sul tavolino trabocca di mozziconi di sigarette. La televisione è accesa, quindi la spengo.

«Dov'è tuo padre?», chiede Lila mentre saliamo le scale.

«Non lo so con sicurezza», evito la verità, perché probabilmente è al bar.«Okay, dov'è tua madre?», indaga. «Non mi hai mai detto dove vive».

Lila non sa molto di me e voglio che le cose rimangano così. Lasciarla all'oscuro in merito a mia madre, mio fratello - tutti quelli che fanno parte di questo lato della mia vita - mi ha permesso di trasformarmi in qualcuno che non deve far fronte ai miei problemi.

«Mio padre lavora di notte», mi invento una storia. «E mia madre si è trasferita un bel po' di tempo fa. Vive a Cherry Hill».

Lila si sporge in avanti per esaminare un ritratto di mia madre appeso al muro: i capelli castano ramato, la pelle chiara e gli occhi verdi come me. Anche il suo sorriso era finto come il mio. «Questa è tua madre?», chiede, e io annuisco. «Ti assomiglia molto».

Sento una fitta al petto e trotto velocemente in cima alle scale. In fondo al corridoio, la porta del bagno è spalancata. L'angolo della vasca di porcellana e la macchia sul pavimento piastrellato entrano nel mio campo visivo. Il cuore mi si stringe quando i ricordi mi sommergono. Il panico mi soffoca.

«Piccolina», disse. «Vado a fare un pisolino, solo per un po'. Torno tra un attimo».

Le ginocchia mi tremano mentre chiudo la porta. Il petto si apre e l'ossigeno riempie di nuovo i polmoni.

«E dove vive tuo fratello?». Lila sbircia nella camera di mio fratello, piena di bonghi, plettri, CD e vinili. Ci sono un sacco di poster attaccati alla parete e una chitarra appoggiata a un sostegno.

«Credo a Chicago».

«Credi?».

Faccio spallucce. «Non siamo in ottimi rapporti».

Annuisce, come se capisse. «Suona in una band?»

«Non sono sicura che ne faccia ancora parte ora. Immagino di no, visto che la sua roba è ancora qui», rispondo. «Suonava solo perché era amico di Micha e lui fa parte di una band. O faceva parte. Non ho più idea di cosa faccia».

«Ella, hai perso i contatti con tutti quelli che facevano parte della tua vita?», chiede con fare accusatorio, piegando il cuscino sotto il braccio.

Il suo atteggiamento critico mi mette a disagio. Evitando il confronto, accendo la luce della mia camera e la vista mi fa rabbrividire. È come un museo del mio passato. Fogli dei miei lavori artistici sono fissati ai muri, incorniciati da un'intelaiatura nera che aveva fatto Micha quando avevamo dodici anni, per rendere la mia camera più "maschile". Una collezione di plettri è allineata lungo la cassettiera in fondo e i miei stivali sono ammassati nell'angolo. Sul letto c'è la solita coperta imbottita color porpora e, sopra di essa, un piatto con un biscotto mezzo mangiato e ammuffito. Getto il biscotto nella spazzatura. Mio padre non è mai stato qui da quando sono partita?

Non lasciarmi andareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora