XI.

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Erano passati una decina di giorni da quando avevamo recuperato Ryan ubriaco in quel bar.
Una decina di giorni da quando mi aveva fatto quella proposta assurda: proviamoci.
Ci avevo riflettuto su davvero tanto tempo, alle volte mi capitava anche di pensarci a lezione, capitava che durante alcune conversazioni mi annullavo e pensavo a cosa fare, e in ogni caso non sapevo mai quale decisione prendere, perché non sapevo esattamente cosa volesse lui da quella cosa: amici con benefici oppure una relazione quantomeno stabile?
Mi attraeva e anche tanto, non lo posso assolutamente negare, ma era questo che volevo? Volevo davvero provarci? Volevo davvero essere il suo svago quando in realtà ne aveva molte altre, compresa Olivia?
Da una parte si, volevo provarci, ma come aveva detto lui c'erano una moltitudine di motivi per non lasciarmi andare.
Allora perché stavo andando nella sua stanza?
Bussai, in attesa che mi aprisse, ma volevo anche che non mi aprisse; ero combattuta e non poco.
Sapevo che era lì perché Luke era con Kate da me e aveva detto che Ryan era in camera.
Come mi aprii, gli saltai addosso senza dargli nemmeno il tempo di rendersene conto.
"Piccola, calmati.", disse appena riuscì a staccarsi.
"Non ce la faccio."
Ripresi a baciarlo e lui rispose subito, facendomi allacciare le gambe attorno alla sua vita e sorreggendomi dal sedere.
Raggiunsi l'orlo della sua maglietta e gliela tirai su sfilandogliela, e lui fece lo stesso con la mia.
Passai ad accarezzargli l'addome scolpito maestosamente e perfettamente, e scesi fino al bottone dei suoi pantaloni, ma mi fermò subito.
"Non posso, piccola.", sussurrò.
"Perché?"
"Perché tra poco devo andare agli allenamenti e stasera c'è la partita, e non credo che riuscirei ad uscire da questa stanza, e dio solo sa quanto vorrei sentirti urlare di piacere e sussurrare il mio nome quando vieni."
"Dio.", ansimai.
"Cosa?"
"Ryan, mio dio, non puoi farmi questo, non puoi parlarmi così e pretendere di non fare nulla."
"Harper.", mi ammonì.
"Ryan, fammi venire.", dissi mentre gli sbottonai i pantaloni.
Sentivo la sua erezione pulsare sul mio addome, sapevo che era eccitato quanto me, ma si stava trattenendo.
"Non è la tua. . ."
"No, non lo è."
"Sei sicura?"
"Non sarei qui altrimenti."
Ripresi a baciarlo e mi spogliò senza fretta, come io feci con lui, gustandomi lo spettacolo del suo corpo tonico.
Mi prese in braccio e mi depositò sul letto, e nel frattempo mi tolse il reggiseno.
Accarezzando, baciando e venerando il mio corpo, scese e mi tolse le mutandine e, una volta fatto ciò, tolse i boxer a sua volta.
"Dio, sei bellissima.", sussurrò.
Mi si sdraiò di nuovo sopra, accarezzandomi e toccandomi come un maestro, accendendomi ancora di più di quanto già non fossi.
Con una mano andò a cercare un profilattico nel comodino, che indossò con una velocità strabiliante.
"Possiamo ancora fermarci, Harper. Sarà tutto perduto poi."
"E chi ha detto che voglio fermarmi?"
"Pensaci bene."
"Non sarei qui."
Capì quello che volli dire e riprese a baciarmi, mentre indirizzava il suo membro verso la mia parte più sensibile, muovendolo un po' all'esterno per poi penetrarmi con un unico affondo.
"Dio, sei strettissima.", sussurrò.
"E tu sei enorme.", ansimai.
Iniziò a muoversi piano, forse per paura di farmi male, poi aumentò la velocità.
Soffocò i miei gemiti con dei baci pazzeschi che aumentarono a livelli inimmaginabili la mia eccitazione; infatti venni prima di lui, a cui servì comunque poco tempo.
Rimase dentro di me per un altro po', poi mi baciò di nuovo. Non ne avevo mai abbastanza di quei baci.
Si distese al mio fianco e mi accarezzò i capelli.
"Siamo rovinati sul serio.", sussurrò.
Ed io mi addormentai.


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