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C'è una parte di me che ha paura di tutto, persino di se stessa. Poi c'è un'altra parte di me che si crede invincibile, che sa distruggere

Nella settimana successiva cercai di concentrarmi esclusivamente sulla scuola. Inutile dire che rappresentò un vero e proprio dramma.

Per quanto mi impegnassi, non riuscivo ad ottenere nemmeno lontanamente i risultati ai quali ambivo. 

La continua ricerca di risposte a quesiti amorosi stava iniziando ad essere frustrante. Ogni problema rimaneva irrisolto e sentivo sempre più la pressione di dover fare una scelta. 

Ero semplicemente in sovraccarico, in cerca di una pace che non riuscivo a trovare. 

Quella domenica si presentò come una fra le tante. Una piccola parvenza di normalità in un mare di incertezze.

Credevo sarebbe stata composta da una colazione misera, ore trascorse a non fare nulla di produttivo, un pranzo con l'eco di mia mamma mentre parlava con i suoi collaboratori, un pomeriggio all'insegna dello studio, una cena veloce e un'uscita con le ragazze rigorosamente organizzata all'ultimo secondo. 

Purtroppo, al contrario delle mie previsioni, la prima sorpresa arrivò circa verso le quattro di pomeriggio.

Avevo stupidamente deciso di tenere il telefono sulla scrivania e quando si illuminò mostrando il nome di Samuele lampeggiare sullo schermo, mi pentii di non averlo lasciato altrove. 

Ignorai la chiamata.

Fu l'anteprima del messaggio che mi arrivò subito dopo ad attirare la mia attenzione. 

Richiamami, è importante

Se c'era una cosa della quale ero certa, era che Samuele non era la tipologia di ragazzo che definiva importante qualcosa di futile. Tendeva ad essere piuttosto chiaro e conciso in situazioni di una certa rilevanza.

Quello mi sembrava il caso.

Sbuffando e brontolando sottovoce, feci come mi aveva chiesto. 

Iniziai a giocherellare con una penna. «Che c'è?», esordii non appena rispose. 

La risposta fu immediata. «Tua mamma mi ha chiamato per sapere se mi avessi accennato qualcosa riguardo la sua idea di cenare insieme». 

Mi sentii cadere il mondo addosso mentre mi chiedevo come avevo fatto ad essere così stupida. Non avevo dato peso alle sue minacce quando sapevo alla perfezione che nulla di ciò che usciva dalla sua bocca era casuale. 

Credevo avrebbe lasciato perdere e se ne sarebbe dimenticata. Così come credevo che sarei stata in grado di poter vivere una singola giornata in modo tranquillo. 

Tutte illusioni.

«Quando le ho detto di no, mi ha invitato questa sera a casa vostra», continuò.

«E tu cosa le hai risposto?». 

«Ho cercato di spiegarle che non credevo fosse il caso», sospirò pesantemente, come a liberarsi di un peso nel petto, «ma non ha voluto sentir ragioni». 

Sapevo fin troppo bene cosa intendesse. Avevo imparato a mie spese quanto mia mamma potesse risultare un osso duro.

Era pressappoco impossibile andarle contro. Quando lo si faceva ci si ritrovava davanti a tre opzioni: l'estenuante tentativo di trascinarti dalla sua parte, la disapprovazione assoluta o la morte precoce.

Essendo consapevole delle conseguenze portate da un omicidio, la maggior parte delle volte partiva in quarta con la prima opzione, per poi passare in un battito di ciglia alla seconda. 

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora