Capitolo3

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Siamo tutti uomini ,
fragili per natura, e facili
ai richiami della carne,
pochi sono angeli.

WiliamShakespeare

Pov's Angel

Gli angeli, essi sono buoni, pieno di bontà, pieni di luce, sono pieni d'amore verso il prossimo, aiutano chi ne ha bisogno, gli angeli non sono sempre figure che non si vedono con due ali, sono anche persone, persone piene d'amore, che cercano solo di aiutare il prossimo, persone piene di luce, che cercano di illuminare chi è nel buio più totale, sono persone piene di bontà, che con il loro animo puro cercano di passarti il loro amore.

Non ci sono tante persone così, io nella mia vita ne ho incontrato davvero poche, però quelle poche sono ancora al mio fianco, cercano ancora di aiutarmi, cercano di rialzarmi quando sono per terra, cercano di tirarmi fuori dal mare di problemi quando mi inonda, quelle poche persone che ho incontrato come angeli nella mia vita, difficilmente le lascerei andare, perché sono persone troppo importanti per me, mi fanno sorridere nonostante le lacrime, nonostante la mente piena di ricordi, nonostante il cuore in macerie.

<<Angel, se vuoi arrivare in orario al lavoro penso che tu ti debba alzare ora>> le parole di Aryah escono in un tono basso e assonnato.

<<Che ore sono?>> chiedo con la gola secca, la voce mi esce graffiante.

<<Le nove è un quarto>> borbotta Aryah, sposto lo sguardo sulla sua figura seduta sul letto già vestita e profumata.

<<Come mai sei già sveglia? Oggi è sabato, i bambini non vanno a scuola>> le dico mettendomi seduta sul letto rabbrividendo per il freddo non appena mi toglo di dosso le coperte calde, solitamente porto io i bambini a scuola lasciando Aryah riposare, mi alzo verso le sei preparandoli la colazione, li preparo per poi portarli a scuola con l'autobus, per poi andare alla biblioteca iniziando il mio giorno lavorativo, ma oggi visto che è sabato mi sono alzata più tardi, spero solo di non fare tardi alla biblioteca.

<<Avevo delle cose da fare, niente di preoccupante>> mi dice Aryah rassicurandomi non appena noto il mio sguardo attento e confuso.

<<D'accordo, ora torna al letto, io mi do una lavata e vado>> dico alzandomi dal letto avviandomi verso l'armadio ha quattro ante difronte al letto, aprendo l'anta dove si trovano i miei vestiti, cerco con lo sguardo qualcosa da mettermi, optando alla fine, per un paio di jeans a vita alta che scendono a palazzo di un azzurrino chiaro, ed una felpa con cappuccio nera, prendo l'intimo di un bianco semplice per poi correre in bagno per farmi una doccia veloce.

Mi spoglio alla svelta dei vestiti accendendo l'acqua aspettando che si scaldi, mi passo una mano fra i capelli di un biondo naturale con delle ciocche piu chiare, così simili ai suoi, deglutisco ha stento sentendo il cuore tremare come ogni volta che arriva il suo ricordo, sposto lo sguardo mio riflesso nello specchio del lavabo, e guardo la mia figura, la studio, sento gli occhi lacrimare per lo sforzo di non sbattere le palpebre, più guardo il mio riflesso, più vedo la somiglianza con lui,
gli occhi chiari, un azzurro grigio, il taglio da felino, abbiamo gli stessi identici occhi, lo stesso sguardo, solo che ora i miei sono lucidi, abbasso lo sguardo sulle mie labbra grandi e carnose, anche esse sono uguali, come il sorriso, il suo era piu bello, il suo era più luminoso, mi scaldava il cuore ogni qual volta, stringo forte i denti al suo pensiero, abbasso la testa entrando in doccia, senza guardarmi una seconda volta allo specchio, passandomi la lingua sulle labbra bagnate di lacrime.

Sospiro sotto il getto d'acqua calda, per poi insaponarmi i capelli con lo shampoo al miele è vaniglia, facendo lo stesso con il corpo, per poi sciacquarmi velocemente, uscendo dalla doccia alla svelta, mi stringo nelle spalle non appena un brivido di freddo si fa strada sulla mia pelle, mi asciugo con fretta per poi vestirmi, pettino i capelli asciugandoli lasciandoli un po umidi per colpa del tempo che scarseggia, devo ancora incamminarmi verso la fermata dell'autobus.

The Fallen AngelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora