capitolo6

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Tu Che Ne Sai

Che ne sai du quei dolori tatuati che non si cancellerano mai,
di quelle lacrime nascoste delle domande senza risposte,
di un destino prepotente, dove non puoi fare niente, delle notti dove non si dorme mai...tu che ne sai,
di un sorriso recitato, quando il cuore e lacerato,della paura costante, dall'ansia asfissiante, dell'incertezza del domani, di quando tremano le mani,della vita che non accetto,
di un cuore che scoppia nel petto, di quello che non dimenticherai,
tu che ne sai...di tutte le volte che mi sento morire, di chi grida ma non riesce a capire, di un silenzio pieno di spine, di quegli occhi che vedono la fine, di quei giorni tutti uguali nell'essere un angelo senza le ali,
sorrido per non affogare in quel mare di guai, e tu parli, parli...ma che ne sai.
Cit.

Pov's Angel

Cerco di calmare il respiro affannato, mentre l'ansia sale, sale e sale fino a farmi tremare le ginocchia, sento il mio stomaco attorciliarsi mentre prendo un respiro profondo per poi bussare alla porta del ufficio del signor Volkov.

Una volta bussato non si torna indietro

Respiro profondo e faccio sbattere le nocche sulla superficie fredda della porta, aspettando il suo consenso per entrare.

Ed una volta dentro che cavolo gli dico? Che ho bisogno di una divisa?

Oddio che ansia.

<<Avanti >> sussulto quando la sua voce rompe il silenzio.

Forza Angel, sicuramente non ti mangia.

Apro la porta varcando l'ingresso, cerco con lo sguardo la sua figura trovandola seduta alla scrivania con la testa china su dei fogli, la camicia verde british che indossa gli sta stretta sui muscoli delle braccia, per la pressione della posizione in qui sono, gomiti appoggiati sulla scrivania, mentre le dita lunghe tengono una penna, con l'altra mano si massaggia la tempia sinistra.

Degltusico cercando di ignorare la sua innegabile bellezza abbassando lo sguardo sulla scrivania ordinata in modo ossessivo, ogni cosa in questa casa non è fuori posto, sembra disabitata per quanto sia perfetta.

Sussulto non appena alza lo sguardo sulla mia figura immobile davanti alla porta chiusa dietro le mie spalle, abbandona la penna accanto ai foglia appoggiando le spalle sulla spalliera, guardandomi con un espressione di marmo, deglutisco sentendo lo stomaco stringersi per l'agitazione.

I suoi occhi, non è mai visto niente del genere, essi sono una condanna.

<<Sei già arrivata, prego accomodati>> le parole gli escono in tono basso e cupo, mentre mi indica con la mano le due sedie difronte alla scrivania, inspiro cercando di non farmi notare mentre cammino a passo incerto verso una delle sedie.

I suoi occhi mi guardano in silenzio, sfacciati non si perdono neanche il mio minimo movimento facendomi sentire ancora di più a disagio se è possibile.

<<Ieri mi ha detto di venire qui presto, quindi eccomi qui>> le parole diminuiscono di tono ad ogni parola, fino a fievolirsi del tutto, portate via dal vento.

Fa un leggero cenno del capo, senza distogliere lo sguardo impassibile dalla mia figura che si muove a disagio sulla sedia manco avessi dei chiodi sotto al sedere.

Smettila di guardarmi con quei due smeraldi, che mi mandi il cuore in tachicardia

<<Visto che sei qui, presumo che tu abbia accettato la mia offerta>> dice appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia, degltuisco cercando di calmare i battiti accelerati.

Calma Angel, calmati sicuramente non ti mangia, perché sono così agitata?

Forse perché è l'uomo più bello che abbia mai visto, affascinante da togliere il fiato

Angel smettila, un po di contegno

<<Si..solo vorrei vedere prima gli orari così da organizzarmi>> borbotto avvolgendo il busto con le braccia sentendo ancora il freddo fuori da queste mura dentro le ossa cercando di fare mente locale dai pensieri che girano intorno all'uomo difronte a me.

Lo vedo innarcare un sopracciglio mordendosi il labbro inferiore interiormente, ed il mio sguardo si posiziona su esse, più rosse di ieri.

Smettila Angel, è un uomo adulto, il tuo datore di lavoro

<<Certo>> borbotta iniziando a cercare qualcosa nei cassetti della scrivania, è attraente come una pantera, si muove con movimenti studiati e mai azzardati, con calma, a differenza mia che sono sempre agitata e di fretta.

La camicia che indossa si abbina perfettamente ai suoi occhi, ora intenti a leggere qualcosa su un foglio trovato, le spalle larghe sono fasciate alla perfezione, mentre qualche bottone della camicia è aperto lasciando intravedere il petto possente pieno di disegni neri, storie, ricordi, anche le dita delle mani ed il capo sono disegnati, e mi chiedo quanto dolore abbia provato per quei tatuaggi.

<<Questo è il contratto, leggilo, se qualcosa non ti aggrada dimmelo pure>> sussulto malamente facendoli contrare la mandibola, troppo assorta ad osservarlo la sua voce improvvisa mi ha colto alla sprovvista.

<<Si certo>> sussurro in imbarazzo prendendo il foglio che ha appoggiato sulla scrivania difronte a me.

Leggo le parole di fretta, non donandoli la giusta importanza, con l'intenzione di firmare e fuggire dai suoi occhi, quegli che mi sogno anche la notte.

Come è possibile legarsi ad egli occhi sconosciuti? Visti solo una volta?

Non è possibile e questa la risposta, solamente sono pazza, deglutisco cercando di mandar giù il magone che sento in gola.

<<Si..va bene, dove devo firmare?>> mormoro passandomi una mano fra i capelli sciolti, che mi scivolano sul viso.

<<Infondo alla pagina>> borbotta in tono burbero facendomi alzare di scatto la testa, incontrando i suoi occhi che mi guardano con una scintilla che mi fa rabbrividire.

Annuisco cercando di schiodare lo sguardo dal suo viso, dai lineamenti marcati, dalla leggera peluria che gli incornicia la mascella definita, dalle labbra piene, fino agli occhi azzurro-verde che mi fanno attorcigliare le budella.

Non mi piace come mi guarda, eppure, io non riesco a smettere di guardare lui, lui che sembra scolpito nella pietra.

<<Smettila di fissarmi mocciosa>> ringhia in tono calmo facendomi sobbalzare, mentre sento le guance andare a fuoco.

Che figura.

Distoglo subito lo sguardo da lui, guardo il fondo del foglio, e firmo senza leggere una seconda volta quel contratto che mi ha resa sua, ancor prima che io lo sapessi.

<<Ho fatto>> dico alzandomi di scatto da quella sedia manco fossi una molla, l'uomo mi guarda con sopracciglio inarcato guardandomi con una freddezza che mi punge la pelle.

<< Ivana ti farà avere una divisa, riguardo agli orari, devi essere qui per le nove, per bisogno le dieci non un minuto più tardi, pretendo disciplina e rispetto, ogni cosa dev'essere fatta perfettamente, non ci metto niente a licenziarti, non farmelo fare>> sgrano le palpebre alle sue parole decise sentendo tutta la severità che vuol far trapelare, mentre annuisco vigorosamente, volendo solo fuggire dai suoi occhi.

O sprofondarci dentro.

<<Non gliene farò pentire>> dico con decisione stringendomi nelle spalle.

Non sapendo che stavo mentendo ad entrambi, entrambi danneremo quel giorno.

<<Bene, puoi andare, di ogni cosa tu abbia bisogno chiedi pure ad Ivana>> dice congedendomi indicandomi la porta con un braccio, faccio un cenno di testa avviandomi verso la porta senza guardarmi una seconda volta indietro scappo da quella stanza, dall'aria piena del suo profumo, lo sento in testa quel profumo che ho sentito anche il primo giorno, mandarino menta e distruzione.

The Fallen AngelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora