Capitolo 4

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Gli restituirono la spada e lo lasciarono con un mare di pensieri da affrontare. Parlarono a lungo dei dettagli, per fortuna nessun combattente venne a reclamare il proprio destriero durante la loro chiacchierata. La stalla rimase libera per tutto il tempo necessario, e quando ebbero finito si lasciarono con parecchie cose in ballo.

Il piano che avevano escogitato i tre uomini, per quanto assurdo aveva qualcosa di brillante, tant'è che Marcus si ritrovò seriamente a pensare che quel piano così folle avrebbe potuto anche funzionare. L'idea era piuttosto semplice: Darion, l'energumeno con le basette, aveva dei contatti dentro al castello, e questi senza troppe difficoltà gli avrebbero potuto fornire le vesti e le armature delle guardie reali. E una volta in possesso di quegli abbigliamenti così ripugnanti, infiltrarsi dentro al castello secondo Darion sarebbe stato un gioco da ragazzi. Anche gli altri due giganti la pensavano allo stesso modo, sebbene fossero restii a indossare i colori della famiglia reale.

Fingersi guardie per un solo giorno, nel cuore della città dove le leggi non erano soltanto delle parole insensate, o dei concetti troppi difficili da rispettare, poteva risultare pericoloso. Un solo passo falso e sarebbero finiti tutti in gattabuia, o peggio, sotto la forca. Ma non era niente in confronto a ciò che i tre avevano tramato: rapire la figlia del re.

Marcus più ci rifletteva e più esitava, più ci pensava e più dubitava. Qual era la punizione per un simile atto? Che cosa sarebbe accaduto se tutto fosse andato storto? Se venissero catturati e portati davanti alla corte reale, che cosa gli avrebbe fatto il re per aver rapito la sua preziosa figlia?

Il signore del Mark non era un tiranno; i sudditi lo adoravano e ogni nobile lo venerava, ma non come divinità, bensì come uomo onesto e giusto. Quando il re salì al trono, la prima promessa che fece fu di portare pace nel Mark, pace e giustizia... e così fu. La pace in pochi anni toccò ogni angolo del reame e non ci fu suddito triste o insoddisfatto. Felicità e prosperità si fecero largo in fretta fra gli abitanti: nelle vie si rideva e si cantava, allegria e gioia scorrevano una a fianco all'altra fra i vicoli della città, e un profumo delizioso si spargeva fra i cittadini spensierati. Il re divenne subito amato, anche da ladri e furfanti per quanto possa sembrare ironico, e il regno prosperò nella benevolenza e nella cordialità. Tuttavia, che cosa avrebbe fatto un re così buono d'innanzi a un simile oltraggio?

Marcus non aveva nulla contro la famiglia reale, ma quell'avventura per quanto folle e rischiosa aveva un aroma irresistibile. Quel colpo poteva segnare la vita di tutti e quattro, nel bene o nel male; poteva significare morte certa, o una gloria eterna inestimabile. Ma rapire la figlia del re, travestiti da guardie reali, non era certo un gioco da ragazzi... sebbene gli uomini affermassero il contrario.

Marcus era disposto a rischiare così tanto? In vita sua non aveva mai fatto nulla del genere. Aveva rubato a ricchi nobili e signori di una certa levatura; aveva sottratto beni inestimabili per poi rivenderli al mercato nero, creandosi così più nemici che profitti. La taglia sopra la sua testa lo rendeva un ricercato di primo livello. Le nefandezze e gli oltraggi da lui commessi erano tanti, aveva perso il conto di quanto persone l'aveva maledetto o minacciato di una morte lenta e dolorosa. Fatto sta, nonostante tutti i crimini commessi, avvertiva una certa tensione come se fosse la prima volta che andasse a rubare a casa di qualcuno. Non aveva mai sequestrato nessuno in vita sua, un sacco di volte Marcus era stato rapito e preso a botte, ma mai si era trovato da l'altra parte.

Ne valeva realmente la pena? Rischiare così tanto per entrare nella storia.

"Marcus Rider, l'uomo che riuscì a derubare l'uomo più potente del regno." Suona bene, pensò. "Marcus Rider, il rapitore di principesse." Quel titolo invece nei pensieri di Marcus risuonava storto. Ancora una volta si chiese se ne valesse realmente la pena.
Quell'avventura così pungente e intricata avrebbe potuto sistemarlo per un'intera vita, e anche più. Se le monete, che il re avrebbe sborsato per riavere indietro la propria figlia erano così tante come i tre uomini dicevano, Marcus si sarebbe potuto sistemare una volta per tutte. Quel pensiero se lo portò appresso per diverso tempo dopo che si lasciò con i giganti.

La notte procedette silenziosamente fra i colli e i boschetti, qualche lucciola risplendeva fra le tenebre, i prati incolti frusciavano e i rami e le erbacce smossi dal vento parevano mormorare. Era una notte serena, lievemente nuvolosa con un vago sentore di pioggia nell'aria. Alzando il mento verso il cielo Marcus avvertiva gocce per l'indomani, e mentre camminava lungo un sentiero di frassini non riusciva a smettere di pensare a quel piano assurdo e banale.

«Travestirsi da guardie reali... è pazzesco! Eppure, potrebbe funzionare.» Marcus borbottava fra sé. «Insomma: nessuno oserebbe dare fastidio a una guardia, con facilità potremmo entrare nel castello. Si beh, nessuno ad eccezione delle altre guardie... se dovessero fermarci sarebbe la fine.» Ed era ciò che temeva di più. E se qualcuno lo riconosceva da sotto l'elmo? Se un passante identificava Marcus Rider e lo andava così a riferire alle guardie? Le cose si sarebbero messe male... Erano già un paio di mesi che Marcus non metteva piede in città, magari alcuni si erano scordati della sua faccia. «Ma chi voglio prendere in giro... Come si può dimenticare un volto così bello!» Scosse il capo avvilito, lasciandosi scappare un sorrisino beffardo.

Gli stivali a ogni passo scricchiolavano sopra il terreno granuloso, piccoli sassi e rami secchi venivano calpestati dai piedi di Marcus, e un'eco ruvido e cadenzato si spargeva lungo il sentiero. Il canto notturno dei grilli, nascosti fra le steppe, si mescolava con i pensieri che Marcus intesseva uno dietro l'altro. Una parte di sé voleva fare la storia, entrare negli annali dei più grandi ladri e sistemarsi una volta per tutte, senza però rinunciare alle incredibili avventure. Ma il lato razionale, quello che spesso non ascoltava, gli ribadiva più volte che quella bravata gli sarebbe costata cara.

«Hm... Che fare? Che fare?» Marcus meditò a lungo e con intensità, fino a quando non raggiunse l'ostello diroccato dove già da diversi giorni alloggiava. Di fronte alla porta d'ingresso comprese il da farsi, capì qual era il problema che lo faceva esitare così tanto.

«Ci sto riflettendo troppo su. Così rischia di scoppiarmi la testa e basta. C'è soltanto una cosa da fare... Smettere di pensare e agire senza troppi tentennamenti. So quello che faccio, conosco le mie abilità e quei tre tizi non sembrano degli sprovveduti.» Marcus parlava a voce alta, sulla soglia consumata di quel vecchio ostello squadrato. «Il piano può funzionare... Può funzionare e funzionerà. Ne sono certo. E inoltre», l'abile ladro sorrise come una volpe, «c'è Marcus Rider in campo... Cosa può andare storto?»

Tutto... gli disse una vocina.

Questa è la vita, ribatté Marcus sicuro di sé, se non rischi non vai da nessuna parte.
Con le idee ben chiare aprì la porta dell'ostello. 

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