Capitolo 8

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«Ciao Cristina.» la salutò Luca entrando in libreria, vedendo la bionda intenta a pulire gli scaffali. 

«Ciao Luca, qual buon vento?» si portò gli occhiali sulla testa e con loro delle ciocche di capelli biondi, sorridendo al ragazzo.
«Hai sentito Alessia in questi giorni?» le chiese leggermente in ansia, non vedendo l'amica nemmeno in negozio «Dovevamo vederci con gli altri ragazzi qualche sera fa, ma all'ultimo mi ha detto che non poteva venire. Ho provato a chiamarla, ma il suo cellulare risulta spento.»

L'espressione sul viso di Cris cambiò all'istante, lasciando spazio a preoccupazione e irrequietezza «No, mi ha scritto che non si sentiva bene 4 giorni fa. Neanche a me non risponde.»

Il corvino la guardò ancora più preoccupato.

«Tu sai cos'è successo, vero Cris?»

La ragazza lo guardò negli occhi qualche secondo prima di sospirare e annuire
«Mi ha chiesto di non dirlo a nessuno, soprattutto a te.» lo guardò dispiaciuta. 


Dei brividi percorsero la schiena del ragazzo a sentire quelle parole.

Pensava che Alessia si fidasse di lui.

Perché non voleva dirgli cosa la turbava?

«Ah...Va bene...» mormorò un po' spaesato, con le parole che ancora gli turbinavano nella testa "Va bene...Io vado...Ciao Cristina"

Non le lasciò nemmeno il tempo di salutarlo che era già in Piazza Maggiore a camminare senza una meta.
Nella mente del corvino in quel momento c'era solo un grande casino.

E di colpo una goccia sul naso.

Alzò lo sguardo al cielo grigio, tendente al nero che dava segni di tempesta.
Luca iniziò a correre cercando riparo sotto i portici stringendosi nella sua felpa blu.
Rimase a guardare le nuvole grigie che si spostavano, portando con loro la pioggia che mano a mano aumentava.

Devo provare a chiamarla, devo sapere come sta.

Cercò il telefono nelle tasche della felpa, componendo quel numero che ormai conosceva a memoria.
Lo avvicinò all'orecchio, ascoltando il rumore degli squilli che risuonavano a vuoto.


***


La suoneria del telefono di Alessia risuonò per l'ennesima volta tra le mura di casa sua, ma non si alzò dal letto sulla quale era stesa da chissà quanto tempo, conoscendo già il mittente della telefonata.

Luca.

Lo sapeva che stava arrivando.

Lo fa ogni volta che piango o sto male.

Sospirò guardando le gocce di pioggia che si rincorrevano sulla vetrata dell'abbaino posto proprio sopra al suo letto.
Qualche anno fa ci riusciva a vedere le stelle.

Una notifica.

Il suo cellulare illuminò di nuovo la stanza semi buia.

Lo prese tra le mani.

Luca

Ok, mi sono stufato.
Sto arrivando.

Fece una piccola risatina leggendo quel ennesimo messaggio.

Avrebbe fatto di tutto per di vederla felice, o anche solo vederla.

Ma in quel momento lei voleva solo stare da sola.

Torna da dove sei partito Luca, sto bene, non preoccuparti per me.

Non fece nemmeno in tempo ad inviaglielo che il rumore del campanello risuonò per l'appartamento.

Rimase in silenzio, spiazzata.

Era proprio una testa dura quel ragazzo.

A malavoglia si alzò dal letto disfatto, seguita da Ares che iniziò a scodinzolare felice.
Scese piano piano le scale, raggiungendo la porta di casa.
Il campanello suonò di nuovo.
«Alessia lo so che ci sei.» sentì dire da Luca dall'altra parte della porta.
«Ti prego vai via, voglio stare da sola.» disse appoggiando la schiena alla porta a braccia incrociate.
«Alessia per favore non sopporto sentirti così, voglio aiutarti.»

Passò qualche minuto di silenzio

«Alessia.» la chiamò ancora non ricevendo risposta.
La mano del ragazzo era appoggiata alla porta, come se potesse toccare Alessia in quel modo, per trasmetterle sicurezza.

Rimase in silenzio qualche minuto, attendendo risposta.

Si passò una mano sul viso, facendo per sedersi sul pianerottolo e attendere fino a quando non gli avrebbe aperto, quando sentì scattare le mandate della porta e subito Ares gli saltò addosso.
«Ciao bello.» lo salutò accarezzandogli il muso vedendo Alessia accennare un sorriso, rimanendo sull'uscio della porta.

La osservò meglio, notando le profonde occhiaie che risaltavano sulla sua pelle chiara senza nei, i capelli raccolti in una coda disordinata.
«Alessia...» disse in tono quasi rimproverante «Cos'è successo?» 
Lei scosse la testa prima di girarsi e entrare in casa.

Luca sospirò esasperato ed entrò anche lui in casa.

«Perché zoppichi?! le chiese vedendo come camminava e la caviglia leggermente gonfia.
«Sono caduta.» rispose Alessia andando a sedersi sul divano incrociando le braccia al petto.
Luca la raggiunse abbassandosi alla sua altezza e prendendole la caviglia.
«Ahia.» sussurrò lei stringendo gli occhi dal dolore.
«Scusa...» mormorò dispiaciuto tornando poi a guardare la caviglia «Per fortuna è solo una storta... Hai il kit del pronto soccorso per caso?» 
«Sì, nell'armadietto in parte alla televisione ma per...»

Non le lasciò finire la frase, andando verso l'armadietto che gli fu indicato da Alessia.

«Luca, mi spieghi cosa stai facendo?» gli domandò quando ritornò da lei con il necessario per medicarla.
«Da quanto tempo è così?» non le rispose iniziando a medicarla.
«Da 4 giorni.» borbottò lei «Ma sto bene davvero.» aggiunse poi.
La guardò con un sopracciglio alzato mentre finiva di fasciarle la caviglia.

«Come hai fatto a farti male? Voglio la verità stavolta.» le chiese severo, mentre si allontanava verso la cucina per prendere le ghiaccio dal freezer per poi tornare a sedersi vicino a lei sul divano
«Si vede che stai studiando medicina comunque.» ridacchiò lei appoggiando il ghiaccio sulla caviglia appena fasciata. .

La guardò di nuovo serio, rimproverante.

Alessia sbuffò distogliendo lo sguardo, mordicchiandosi una pellicina del dito.
«Stavo correndo e sono inciampata...» mormorò «Stavo scappando...» 
«Scappando?»
Lei portò lo sguardo verso il ragazzo, senza dire niente, guardandolo negli occhi.

I suoi erano pieni di paura.

«L'ho rivisto.» mormorò ancora più piano, per paura che 'Lui' li sentisse.
«Sei sicura che fosse proprio lui?» le prese una mano.
Annuì scoppiando poi in lacrime, di nuovo.
«Non può farti più niente ora, tu sei forte Alessia. Ci sono io a proteggerti. Te l'ho promesso ricordi?» le sussurrò lui all'orecchio mentre la abbracciava.
Lei annuì, col viso nell'incavo del suo collo «Ho paura Luca.» la sentì mormorare.
«Lo so, ma io sono qui se hai bisogno, ci sono anche i ragazzi, c'è Cristina, noi ci saremo sempre per te.»

La vide finalmente sorridere a quelle semplici parole e non poté fare a meno di farlo anche lui.
«Posso fare una cosa?» le chiese improvvisamente.
Lei sollevò lo sguardo attendendo una sua risposta che le diede, iniziando a farle il solletico.
«Nonono Luca!» alzò la voce ridendo, cercando di allontanare le mani del ragazzo dal suo corpo che rideva con lei.
«Vedi che sei più bella quando ridi?!" affermò lui tra una risata e l'altra «Non devi aver paura.» 
«Paura? Io ci rido in faccia alla paura!» ribattè lei bloccandogli le mani e guardandolo furba, cercando di trattenere ulteriori risate.

 
Poi, spontaneamente, lo abbracciò


Rimase spaesato da quel gesto, ma poi la abbracciò anche lui sorridendo di nuovo.

«Grazie Luca.»

Come stelle ad agostoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora