Capitolo Trentadue. Il Paradiso In Vista.

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Quando mi svegliai presi un respiro profondo, avvertivo ancora della pressione sul petto. Notai di essere sola nella stanza; le mie braccia non erano pesanti come il giorno prima e mi sentivo molto meglio. Un'infermiera mi raggiunse e mi salutò con gioia, forse era ben riposata.

"Buon giorno" disse indicando la sedia, mentre inserì ulteriori medicine nella flebo.

"Giorno" cercai di mettermi a sedere.

"Oh, ecco" mi aiutò. "Un paio di costole rotte, care...dovrebbe riposarsi" spiegò.

"È così?" domandai. "Non mi ha detto nessuno che cos'è successo". Dissi quando mi sistemò il cuscino dietro la schiena in modo che stessi più comoda. Erano tutti così preoccupati di farmi ricordare che si erano tutti dimenticati di spiegarmi che cosa fosse successo.

"Un incidente in auto, non Le servono i dettagli; ma Suo marito non l'ha mia lasciata" annuì nella direzione della sedia dietro di sé. "Chiami se ha bisogno, le porto la colazione, è ora che ricominci a mangiare autonomamente".

Non ebbi nemmeno tempo di annuire che l'infermiera si affrettò al di fuori della stanza, qualche minuto più tardi venni distratta dal suono del monitor cardiaco.

Avevo sognato della scuola. Avevo sognato dei miei primi giorni in Germania, non mi ricordavo quasi niente, ma il sogno sembrava vero.

I ragazzi con cui mi trovavo...potevano essere Tom e Bill? I gemelli nella mia classe...doveva essere così. Sentii qualcuno bussare alla porta, e l'infermiera tornò con un vassoio di cibo.

Lo posò sul tavolo accanto a sé, e notai quindi le rotelline sotto allo stesso. Avvicinò il mobile e ame e mi guardò mangiare.

"Devo finire tutto?" le domandai.

"In teoria sì, forse le converrebbe iniziare con la gelatina, poi il pano, e se si sente provi la carne" annuii. "Mangi tutto ciò che può".

"Perché ho un bicchiere in più?" indicai il piccolo bicchiere di plastica sul vassoio blu.

L'infermiera se ne appropriò e me ne mostrò il contenuto, un paio di pillole.

"Le stiamo togliendo la morfina, quindi avrà bisogno di un palliativo per il mal di testa". Indicò la brocca piena di acqua fino all'orlo. "Beva quanto vuole, questo pomeriggio Le togliamo il catetere. È in grado di reggere il cucchiaio?"

Orientai il vassoio verso di me ed afferrai il cucchiaio e la gelatina rossa. L'infermiera mi guardò prendere il primo morso e poi se ne andò dicendo che sarebbe tornata fra un'ora.

Mi sentii strana a mangiare, la mia bocca era secca e nonostante fossi sveglia dal giorno prima non mi avevano dato tempo di mangiare, doveva esserci un qualche tipo di alimento alle flebo a cui ero collegata, ma non aveva importanza, perché dormire causa le medicine non significava riposare.

La gelatina non era esattamente saporita, ma dovevo cercare di finirla prima di passare al pane. Avevo dormito un mese intero, era troppo tempo, e dovevo mangiare se volevo che le cose tornassero normali. Qualsiasi cosa ciò implicasse.

"Ehi, giorno!" entrò Tom seguito da un altro sconosciuto.

"Ehi..." dissi con in bocca la gelatina, fissai il suo amico, il quale mi salutò con la mano.

"Forse non ti ricordi George" feci spallucce e annuii nella sua direzione.

"Mia mamma mi ha parlato di te" disse. "Anche tu venivi a scuola con me?" domandai prima di affondare nuovamente il cucchiaio nella gelatina.

Tom si sedette sulla sedia su cui si era accomodato il giorno prima.

"Sì, ma non ero nella tua classe. Sono un po' più grande di te". Commentò.

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