Capitolo 14

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Avevo raccontato l'appuntamento di ieri sera a Marta nei minimi dettagli, spaparanzate sul divano davanti ad un cioccolata calda.

– E quindi ci provate! – esclamò lei felice.
– A quanto pare. – ridacchiai facendo spallucce.

Non avevo ancora realizzato che mi stessi per buttare in una vera relazione con Andrea, un tizio che avevo incontrato per caso al parco, che aveva un cane che si chiamava Lady che era innamorata del mio Spettro, e che faceva il chirurgo. Ma stava succedendo davvero, ed io non sapevo come sentirmi. Elettrizzata? Agitata? Spaventata?

In quel momento entrò Marco, che sicuramente aveva origliato tutto perché le sue labbra erano piegate in una smorfia di disgusto.

– Hai qualcosa da dire? – gli chiesi guardandolo con sfida.
– No. – mi rispose, piuttosto seccato.

Marta corrugò la fronte, evidentemente non si aspettava che fosse così scontroso. Io invece sì. Era dalla sera prima che mi parlava e guardava in quel modo, come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. E non riuscivo proprio a capire quale fosse il suo problema, ma in realtà non mi interessava nemmeno. Non potevo sprecare il mio prezioso tempo a capire cosa affliggesse il pallone gonfiato, probabilmente si trattava solo del fatto che non avesse una casa dove fare sesso con le sue amichette.

– Marco... come vanno i lavori a casa tua? – gli chiese ad un tratto la mia amica.
– Sono quasi finiti, non preoccupatevi, presto leverò le tende. – disse sempre con quel tono, e poi si chiuse in bagno.
– Ma cos'ha? – mi chiese Marta confusa.
Di certo non mi aspettavo che facesse l'arrabbiato anche con lei.
– Se non lo sai tu. – alzai le mani e me ne andai in camera mia.

Dopo poco Marta uscì per vedersi con delle amiche dell'università, ed io rimasi perché quel pomeriggio io e Marco avevamo il servizio fotografico con il team del signor Bianchi. Mi sedetti sulla mia poltrona di fronte alla specchiera, pensando a come mi sarei dovuta acconciare. Ad un certo punto sentii Spettro ringhiare. Mi girai e trovai Marco sulla porta.

– Non lo senti? Di sta dicendo di andare via. – gli dissi fredda.
– Non mi importa. – disse duramente. Sospirai ed accarezzai il mio cane per fargli capire che fosse tutto sotto controllo.
– Che vuoi? – gli chiesi.
– Volevo solo dirti che è inutile che ti trucchi o ti acconci i capelli. Lì c'è tutto lo staff che ti renderà come vogliono loro. Immagino che tu non lo sapessi, visto che non sei abituata a questo genere di cose. – disse acido.
– No, non sono abituata a fare la principessa. – gli risposi a tono. Lui rimase sempre sulla porta, ma vedevo che aveva mille altre cose da dire.
– Beh invece dovresti, visto che ti sei messa con un principe. – mi sorrise falsamente.
– Scusa? – gli chiesi, non capendo.
– Il chirurgo. Devi stare attenta sai? Il tuo carattere forte e scontroso, non si addice ad un comportamento decoroso. Non so se quando conoscerà la vera Guerra ti vorrà ancora con lui. – ridacchiò con un sorriso cattivo.

Le sue parole erano piene di veleno ed io non capivo perché. Perché era così cattivo con me? Vedevo puro odio nei suoi occhi quando mi guardava, ma che cosa gli avevo fatto di male? Mi alzai di scatto dalla poltrona e mi parai davanti a lui.

– Sei tu che non conosci la vera Guerra. – gli puntai il dito contro, e lui si sporse di più verso di me, come per darmi una capocciata e stendermi a terra.
– Io non sono scontrosa, io non sono acida. Sei tu che mi costringi ad esserlo, ma con le altre persone io non sono così. Sei tu che tiri fuori il peggio di me, Riva. – gli dissi a denti stretti.
– Certo. – mi sorrise beffardo e fece per andarsene, ma poi aprì di nuovo quella dannata bocca.
– Peccato che il pallone gonfiato, figlio di papà ti abbia trovato un lavoro. – mi disse, rinfacciandomelo.
– E peccato che la scontrosa con il carattere di merda ti abbia offerto un tetto sotto cui stare. – gli dissi.
– Non me lo hai offerto tu, Marta lo ha fatto. – mi corresse, e non aveva proprio torto.

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